Nel corso degli ultimi giorni diversi esponenti del centrodestra – e in particolare di Fratelli d’Italia – hanno criticato il reddito di cittadinanza, misura fortemente voluta dal Movimento 5 stelle e attiva dal 2019.

In particolare alcuni esponenti di Fdi, tra cui anche la leader Giorgia Meloni e il deputato Andrea Delmastro, hanno affermato che la misura è costata allo Stato «8 miliardi» di euro all’anno ma ha dato lavoro soltanto a un beneficiario su sette, aiutando quindi attivamente appena il «15 per cento» dei richiedenti. Come fonte viene citato Il Giornale, che il 9 agosto ha pubblicato un articolo sul tema.

Abbiamo verificato e, seppure in alcuni casi manchino dati certi, le critiche avanzate nei confronti del reddito di cittadinanza – almeno per quanto riguarda i risultati occupazionali – sono fondate. Vediamo come stanno le cose.

Quanto costa il reddito di cittadinanza

I fondi per avviare e mantenere il reddito di cittadinanza sono stati stanziati in prima battuta con la legge di Bilancio per il 2019 e il bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 (legge 30 dicembre 2018, n.45). Il testo ha istituito (articolo 1, comma 255) un apposito «Fondo per il reddito di cittadinanza» con dotazione di 7,1 miliardi nel 2019, 8,05 miliardi nel 2020 e 8,3 miliardi nel 2021.

Questi fondi erano destinati sia all’erogazione effettiva dei contributi ai richiedenti che al «potenziamento dei centri per l’impiego e al finanziamento di Anpal Servizi», elementi essenziali per far realmente funzionare il reddito di cittadinanza. Il reddito infatti, oltre a essere un sussidio economico alle persone in difficoltà, dovrebbe anche aiutarle a reinserirsi nel mercato del lavoro e raggiungere quindi una situazione di indipendenza economica.

Con la successiva conversione in legge del decreto 28 marzo 2019, n. 26 i fondi a disposizione sono però stati ridotti a 5,9 miliardi per il 2019, 7,2 per il 2020 e 7,4 per il 2021, per una spesa complessiva di circa 20 miliardi in tre anni. Dal 2022 in poi i fondi stanziati annualmente sono di 7,2 miliardi.

In seguito, la legge di Bilancio per il 2021 (legge 30 dicembre 2020, n. 178) ha stanziato per il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza ulteriori 4 miliardi di euro, ripartiti in circa 475 milioni all’anno dal 2021 in poi. Infine, il decreto Sostegni (dl 22 marzo 2021, n. 41) ha stanziato (articolo 11) un ulteriore miliardo per sostenere il reddito di cittadinanza nel 2021.

Se quindi guardiamo ai fondi spesi o stanziati, gli esponenti del centrodestra hanno sostanzialmente ragione nell’affermare che il reddito di cittadinanza costi allo Stato «8 miliardi l’anno». Se infatti la spesa media nel periodo 2019-2020 è stata di 6,7 miliardi di euro, nel 2021 sono stati stanziati in totale 8,6 miliardi. Inoltre anche nei prossimi anni, grazie alle risorse messe a disposizione con la legge di Bilancio 2020, la spesa annuale si avvicinerà ai 7,7 miliardi di euro, un numero che arrotondato per eccesso porta agli «8 miliardi all’anno» in questione.

Secondo gli ultimi dati Inps da aprile 2019 (quando è stata attivata la misura) a giugno 2021 sono stati erogati sussidi per 14,5 miliardi di euro (poco più di 7 miliardi all’anno).

Fatta chiarezza sui soldi che lo Stato ha speso, e intende spendere, per questa misura andiamo a verificare quanti hanno trovato lavoro grazie ad essa.

Quanti hanno trovato lavoro

Al momento non è chiaro quanti beneficiari del reddito di cittadinanza abbiano effettivamente trovato lavoro: esistono diversi dati, provenienti da fonti affidabili, ma comunque poco chiari e a volte contraddittori. Andiamo con ordine.

I dati più aggiornati relativi al numero di occupati tra i beneficiari del reddito di cittadinanza sono forniti dalla Corte dei Conti nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato per il 2020, pubblicata il 23 giugno 2021.

Il rapporto è particolarmente critico nei confronti dei risultati occupazionali del reddito di cittadinanza, e afferma che «si è nel complesso confermata la scarsa efficacia del programma quale strumento di politica attiva del lavoro». Allo stesso tempo la Corte dei Conti riconosce il ruolo della misura come «strumento universale di lotta contro la povertà» e la funzione «essenziale» che ha svolto nel corso della pandemia di nuovo coronavirus.

Per quanto riguarda i dati sugli occupati, il documento ha rilevato che dal lancio della misura 1,6 milioni di soggetti sono stati convocati dai Centri per l’impiego. Di questi, circa 1,05 milioni presentavano i requisiti per la sottoscrizione del Patto per il lavoro, ovvero il documento che stabilisce una serie di regole e condizioni da rispettare per continuare a ricevere il sussidio, come per esempio dare immediata disponibilità a lavorare e avviare un «percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale».

Come abbiamo già spiegato, non tutti coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza sono tenuti a sottoscrivere il Patto e quindi a cercare attivamente un impiego: sono esentati per esempio i portatori di disabilità e i pensionati. Inoltre, i beneficiari del reddito possono comunque lavorare a patto che non superino i requisiti di reddito necessari per mantenere l’idoneità al sussidio (nel 2019, per esempio, circa il 13 per cento dei beneficiari lavorava).

Secondo la Corte dei Conti, al 10 febbraio 2021 su circa un milione di persone tenute ad avviare il Patto erano 152.673 quelle che avevano effettivamente trovato un impiego: il 14,5 per cento del totale, pari a circa 1 persona su 7, come correttamente indicato da Meloni e Delmastro.

Inoltre, di queste 150 mila persone il 65 per cento è stato assunto con un contratto a tempo determinato, il 13 per cento a tempo indeterminato, il il 4,2 ha sottoscritto un contratto di apprendistato e il 16 per cento ha ottenuto altre tipologie di trattamento.

Come accennato, questi numeri sono però leggermente diversi rispetto a quelli presentati dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), che fa capo al Ministero del Lavoro. Secondo un comunicato stampa rilasciato dall’Anpal, al 1 settembre 2020 – e quindi sei mesi prima della data data indicata dalla Corte dei Conti – erano circa 196 mila i percettori di reddito di cittadinanza che avevano trovato lavoro, su una platea di 1 milione e 49 mila persone: il 19 per cento. Pagella Politica ha contattato entrambi gli enti e il Ministero del Lavoro, ed è in attesa di risposta.

Se quindi non è chiaro quanti beneficiari abbiano effettivamente trovato lavoro, possiamo comunque affermare che i risultati occupazionali del reddito di cittadinanza siano piuttosto deludenti.

E i navigator?

Bisogna poi precisare che non tutti i percettori del Rdc che hanno trovato lavoro lo hanno fatto grazie all’aiuto dei centri per l’impiego o dei navigator, i 2.680 tutor assunti proprio per aiutare i beneficiari del reddito a ritrovare l’indipendenza economica.

Come abbiamo già spiegato, non sappiamo infatti quanti tra coloro che hanno sottoscritto un contratto lo abbiano fatto tramite mezzi personali e quanti invece si siano avvalsi delle misure che dovrebbero affiancare il sussidio. Questo fattore è stato spesso sfruttato in modo fuorviante dal Movimento 5 stelle, come abbiamo spiegato qui e qui.

Per esempio, secondo Anpal dal 1 settembre 2019 al 31 luglio 2020 i navigator hanno seguito e aiutato 144.424 persone. Se anche tutti questi individui avessero poi effettivamente sottoscritto un contratto di lavoro, rimaneva comunque un eccesso di circa 50 mila persone che potrebbero aver trovato lavoro in modo indipendente e quindi senza l’aiuto dei navigator o dei centri per l’impiego.

D’altra parte il percorso dei navigatorassunti tramite concorsi pubblici – si è presentato fin da subito come particolarmente travagliato. Per fare un esempio, mentre le prime erogazioni del reddito di cittadinanza sono partite ad aprile 2019, a ottobre dello stesso anno le attività occupazionali non erano ancora pienamente in funzione. Inoltre, a causa dell’emergenza coronavirus, il governo ha deciso di sospendere temporaneamente, tra marzo e luglio 2020, le attività dei centri per l’impiego relative appunto ai beneficiari del reddito di cittadinanza.

I contratti dei 2.680 navigator erano in scadenza lo scorso 30 aprile, ma con il decreto Sostegni (dl 22 marzo 2021, n. 41) questi sono stati prorogati almeno fino alla fine dell’anno.

In conclusione

Negli ultimi giorni diversi esponenti del centrodestra hanno criticato sui social il reddito di cittadinanza, affermando che questo è costato «8 miliardi» di euro all’anno e ha aiutato solo un beneficiario su 7, o il 15 per cento del totale, a trovare lavoro.

Abbiamo verificato e le critiche sono fondate. Il governo Conte I ha finanziato il reddito di cittadinanza con risorse per 5,9 miliardi per il 2019; 7,2 per il 2020 e 7,4 per il 2021. A questi ultimi il decreto Sostegni ha aggiunto un ulteriore miliardo di euro. Inoltre anche nei prossimi anni la spesa prevista si aggira intorno ai 7,7 miliardi all’anno, un importo quindi molto vicino a quello citato dagli esponenti di FdI.

Per quanto riguarda invece il numero di occupati, secondo la Corte dei Conti al 10 febbraio 2021 avevano trovato lavoro circa 153 mila percettori su una platea di 1 milione e 50 mila persone tenute a sottoscrivere i Patti per il lavoro: il 14,5 per cento del totale, come correttamente riportato da diversi esponenti di Fdi.

Secondo Anpal invece al 1 settembre 2020 avevano trovato lavoro 196 mila persone su una platea di 1 milione e 50 mila occupabili, quindi una percentuale pari circa al 19 per cento. Ricordiamo comunque che, anche in questi casi, non necessariamente l’occupazione è stato trovata grazie ai centri per l’impiego o ai navigator, ed è anzi probabile che una parte degli occupati abbia utilizzati mezzi propri.

In ogni caso, possiamo dire che i risultati occupazioni del reddito di cittadinanza rimangono per ora poco soddisfacenti.