Da alcuni giorni si sta consumando un acceso dibattito tra la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (M5s) e il leader della Lega Matteo Salvini. Il nodo centrale della discussione è il piano di ripartenza delle scuole presentato il 26 giugno dal Ministero dell’Istruzione, università e ricerca (Miur) secondo cui, per ridurre il rischio di contagi da Covid-19, a partire da settembre tutti gli studenti saranno tenuti a stare ad almeno un metro di distanza gli uni dagli altri.
Salvini ha ripetutamente attaccato la decisione, affermando che a causa dei «limiti imposti dal governo», a partire da settembre circa un milione di studenti italiani non troverà spazio nelle aule.
Azzolina ha risposto alle accuse dicendo che «nessun alunno sarà cacciato da scuola» e che «la scuola riaprirà per tutti».
Chi ha ragione, dunque, nel dibattito sugli spazi scolastici? Davvero a causa delle nuove linee guida anti-Covid le strutture non potranno ospitare un milione di studenti? Abbiamo verificato, e la verità sta nel mezzo.
Che cosa dicono le linee guida del Miur
Le linee guida ufficiali per l’inizio del prossimo scolastico sono state presentate dal Miur il 26 giugno scorso con il documento “Piano scuola 2020-2021”.
Nelle premesse, innanzitutto, viene chiarito che a partire da settembre le attività scolastiche riprenderanno «in presenza» su tutto il territorio nazionale, anche se la didattica a distanza rimane comunque una possibile alternativa.
Per quanto riguarda le indicazioni pratiche da seguire per prevenire il contagio, il Piano scuola rimanda a una relazione tecnica elaborata dal Comitato tecnico-scientifico della Protezione Civile e approvata il 28 maggio scorso.
Entrambi i documenti – il Piano scuola del Miur e la relazione tecnica della Protezione Civile – concordano sulla necessità di evitare assembramenti e rispettare una distanza di sicurezza di almeno un metro tra gli alunni. Questa dovrà essere garantita sia quando gli studenti sono seduti al banco che nelle zone passaggio – come la cattedra e la lavagna – e nelle aree comuni quali teatri, laboratori e corridoi. Per poter garantire il rispetto di questi parametri, si legge nella relazione tecnica, sarà necessario rimodulare «banchi, posti a sedere e arredi scolastici».
Un aspetto che ha fatto particolarmente discutere è stata la definizione del “metro di distanza”: per esempio, si intende un metro tra ogni banco o tra ogni studente? Per risolvere la questione il Miur cita il verbale di una riunione del Comitato tecnico scientifico del 22 giugno, in cui si precisa che il distanziamento fisico deve essere inteso come «un metro fra le rime buccali degli alunni». Secondo la Treccani il termine “rime buccali” indica semplicemente l’apertura che c’è tra le guance: in pratica, quindi, non sarà necessario che i banchi siano a distanza di un metro, ma che i volti degli studenti lo siano.
Precisate quindi le linee guida principali fornite dal Ministero dell’Istruzione per quanto riguarda il distanziamento fisico, andiamo a vedere come vengono calcolati gli spazi a disposizione dell’edilizia scolastica, e quanti studenti potrebbero di conseguenza essere ospitati nelle aule.
Gli spazi della scuola
Secondo i dati forniti dal “Piano scuola” del Miur oggi, in totale, i metri quadri destinati a edifici scolastici sono quasi 416 milioni.
Per calcolare esattamente quanti studenti è possibile ospitare in ogni struttura – non solo nelle aule ma anche in tutti gli altri spazi che fanno parte di un complesso scolastico come gli auditorium, le palestre o le sale docenti – il Ministero ha elaborato un software, accessibile tramite un apposito “cruscotto informativo”, che permette di fare proiezioni ed evidenziare le possibili situazioni di sovraffollamento in ogni edificio. Azzolina afferma (min: 10:00) che al 26 giugno il software conteneva dati aggiornati riferiti al 76 per cento degli edifici scolastici italiani.
Rispettare un metro di distanza tra gli alunni significa inevitabilmente allargare gli spazi attualmente utilizzati per la didattica, dove di norma gli studenti stanno seduti vicini e in gruppi di almeno 2 persone. Il 26 giugno, nella conferenza stampa di presentazione del Piano per la scuola, la ministra Azzolina ha spiegato che (min: 10:10), stando ai dati forniti dal cruscotto informativo, «circa il 15 per cento» degli studenti devono essere portati fuori dagli edifici scolastici «come li conosciamo».
Vediamo quindi quanti sono gli studenti italiani, e a quanto corrisponde il «15 per cento» di cui parla Azzolina.
Il numero di studenti
Il numero di studenti nelle scuole italiane è fornito direttamente dal Miur, tramite il report “Principali dati della scuola – Avvio Anno Scolastico 2019/2020”. Nell’anno scolastico appena concluso il numero totale di studenti iscritti a scuole statali, dalla scuola dell’infanzia alle superiori, è stato di 7.599.259. A questi vanno aggiunti gli alunni delle scuole paritarie, cioè gli istituti non statali ma comunque inseriti nel sistema nazionale di istruzione e quindi tenuti a seguire le linee guida del Piano per la scuola. In questo caso il rapporto del Miur fa riferimento all’anno scolastico 2018/2019 (quindi l’anno precedente a quello considerato per le scuole statali), quando gli studenti delle scuole paritarie erano 866.805.
Sommando questi due dati arriviamo quindi a un totale di circa 8,5 milioni di studenti, di cui il «15 per cento» – che secondo la ministra Azzolina deve essere «portato fuori dagli edifici scolastici» – corrisponde a 1,27 milioni. Questo dato è addirittura superiore al «milione di studenti» citato da Matteo Salvini nelle sue critiche al governo.
Quindi Salvini ha ragione? Non proprio.
Le soluzioni alternative
Salvini ha ripetuto più volte – sui social, ma anche in radio per esempio (min: 0:30) – che il governo vuole «lasciare fuori i bambini» dalle scuole, o che un milione di loro «rischia di non trovare posto in classe». In generale, pur senza dirlo in modo esplicito, il messaggio che il leader della Lega fa passare è che quel milione di studenti non potrà accedere alle lezioni, e verrà in qualche modo escluso dalle attività educative. Non è così.
Nel Piano per la scuola il Miur specifica infatti che «le istituzioni scolastiche avranno cura di garantire, a ciascun alunno, la medesima offerta formativa» ferma restando però «l’opportunità di adottare soluzioni organizzative differenti, per realizzare attività educative o formative parallele o alternative alla didattica tradizionale».
Per ospitare gli 1,27 milioni di studenti che non possono stare negli edifici scolastici, il Ministero dell’Istruzione intende per prima cosa recuperare (minuto 10:55) gli edifici attualmente inutilizzati e migliorare quelli già in uso tramite lavori di «edilizia scolastica leggera». Il Piano per la scuola chiede anche agli enti pubblici e privati operanti sul territorio di «favorire la messa a disposizione di altre strutture» per permettere lo svolgimento delle attività educative: parchi, teatri, biblioteche, archivi, cinema e musei. In alternativa, poi, è anche possibile per le singole istituzioni scolastiche decidere di riorganizzare la frequenza su turni (rivedendo quindi gli orari tradizionali), modificare le classi o aggregare gli ambiti disciplinari in modo da limitare gli assembramenti.
Per organizzare la riprese delle attività scolastiche in base alle necessità specifiche ogni regione dovrà organizzare delle riunioni operative tra presidi, assessori e rappresentanti di tutte le categorie coinvolte. A livello provinciale o metropolitano saranno poi organizzate le «Conferenze dei servizi» che raccoglieranno le istanze delle singole scuole.
Per quanto riguarda il lato economico, il documento del Miur afferma che tutti gli interventi straordinari necessari per far fronte alle nuove disposizioni «dovranno trovare adeguata copertura finanziaria». Per finanziare queste spese aggiuntive il governo ha stanziato un miliardo di euro in più rispetto a quanto previsto.
Insomma, secondo i nostri calcolo è vero che oltre un milione di studenti non troverà posto nelle classi già esistenti a causa delle nuove disposizioni anti-Covid, ma il Ministero dell’Istruzione non intende escludere nessuno dalle attività didattiche e sta mettendo in atto una serie di misure per fare in modo che tutti possano accedere alle lezioni, istituendo classi in spazi nuovi o modificando gli orari per consentire i turni.
In conclusione
Da alcuni giorni il leader della Lega Matteo Salvini e la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina danno informazioni contrastanti in merito alla riapertura delle scuole: mentre il primo dice che il governo intende lasciare «un milione» di studenti fuori dalle aule, la seconda afferma che «la scuola riaprirà per tutti».
Abbiamo controllato e la verità sta nel mezzo. Nel corso della conferenza stampa di presentazione per il “Piano scuola” del Miur, Azzolina ha effettivamente dichiarato che, a causa delle nuove disposizioni volte a limitare i contagi da Covid-19, il 15 per cento degli studenti non potrà essere ospitato in aula. Considerando un totale di circa 8,5 milioni di studenti, il 15 per cento corrisponde a 1,27 milioni di bambini e ragazzi: un numero addirittura superiore alla cifra citata da Salvini.
Allo stesso tempo però, per fare in modo che nessun alunno venga escluso dalle attività didattiche, il Miur ha predisposto un piano che include operazioni di edilizia scolastica, riqualificazione di edifici dimessi, svolgimento delle lezioni in luoghi alternativi (biblioteche, musei, parchi, cinema e via dicendo) e la possibilità di rimodulare gli orari scolastici per evitare assembramenti.
Salvini ha quindi ragione nel dire che circa un milione di studenti non troverà posto in aula ma, allo stesso tempo, è anche vero che «la scuola riaprirà per tutti» come dice Azzolina, almeno dal punto di vista della didattica.
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