Il 28 novembre, durante la sua visita in Ghana, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha commentato le dichiarazioni di Matteo Salvini, che nei giorni scorsi aveva accusato Conte di «alto tradimento» e di «attentato agli italiani» per quanto riguarda la riforma del Meccanismo di stabilità europeo (Mes).
«Salvini, se è un uomo d’onore, gli dico questo: vada adesso in procura a fare l’esposto», ha dichiarato Conte ai giornalisti. «Io vorrei chiarire agli italiani che io non ho l’immunità, perché non sono un parlamentare. Lui ce l’ha e ne ha già approfittato per il caso Diciotti. Io lo querelerò per calunnia, veda questa volta di non approfittarne».
Il 29 novembre, Salvini ha risposto al presidente del Consiglio, dicendo di non aver «mai avuto l’immunità parlamentare. O Conte è confuso o è ignorante, perché il caso Diciotti di cui parla è una scelta politica, mia e di tutto il governo a difesa dei confini».
Al di là della questione Mes, chi è tra i due gode davvero dell’immunità? Facciamo un po’ di chiarezza.
L’“immunità” dei ministri e del presidente del Consiglio
Per quanto riguarda la responsabilità penale dei ministri e del presidente del Consiglio, per prima cosa bisogna distinguere tra i “reati ministeriali” – cioè commessi nell’esercizio delle proprie funzioni – e gli altri reati, detti “comuni”.
Per quanto riguarda i primi, la Costituzione (art. 96) prevede che i ministri e il presidente del Consiglio, anche se cessati dalla carica, «sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati».
Per i reati ministeriali c’è dunque la necessità che il Parlamento autorizzi i giudici a procedere. Questi giudici, in particolare, sono quelli del Tribunale dei ministri, una sezione speciale dei tribunali ordinari. Non si tratta formalmente di una “immunità”, ma in sostanza è comunque uno scudo che può, a certe condizioni, proteggere ministri e presidente del Consiglio.
Ne avevamo parlato a proposito di Salvini e del caso Diciotti: a Salvini veniva contestato il reato di sequestro di persona, commesso nell’esercizio delle sue funzioni, ma il Senato ha negato ai giudici l’autorizzazione a procedere.
Per quanto riguarda invece i reati comuni, non commessi nell’esercizio delle proprie funzioni, i ministri e il presidente del Consiglio non godono di alcun trattamento particolare: se, per fare un esempio, un ministro travolge un passante mentre è alla guida della sua auto ubriaco, risponderà dei possibili reati commessi come qualsiasi altro cittadino.
L’immunità dei parlamentari
Anche l’immunità parlamentare è disciplinata dalla Costituzione (art. 68). In base a questo «i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni».
Inoltre i parlamentari non possono subire perquisizioni domiciliari o personali, non possono essere arrestati o altrimenti privati della libertà personale, mantenuti in detenzione e intercettati, a meno che non ci sia l’autorizzazione della Camera di appartenenza.
Questa immunità ha però dei limiti: l’autorizzazione non è necessaria, infatti, se l’arresto avviene in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, o se avviene in flagranza di reato (cioè, diciamo, se si viene colti sul fatto).
Alto tradimento e attentato alla Costituzione
Salvini ha parlato, come abbiamo visto, di «alto tradimento» e di «attentato agli italiani». La seconda espressione è inesistente nel diritto, dove però si parla di «attentato alla Costituzione».
Questo reato, così come l’alto tradimento, è un reato proprio del Presidente della Repubblica, in base alla Costituzione (art. 90). “Reato proprio” significa che può essere commesso solo dal soggetto indicato dalla norma.
Solo questi due reati consentono la messa in stato di accusa del Quirinale – che altrimenti gode di una completa immunità funzionale, cioè per i reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni –, da parte del Parlamento, che deve votarla con maggioranza assoluta dei suoi membri. A giudicare sulla colpevolezza o meno è poi la Corte Costituzionale.
Al presidente del Consiglio non si applica l’art. 90 della Costituzione, che vale per il presidente della Repubblica. Al massimo si potrebbe applicare l’art. 283 del codice penale (“Attentato contro la Costituzione dello Stato”), applicabile a qualsiasi cittadino, che stabilisce sia punito con la reclusione non inferiore a cinque anni «chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo». Nel caso della riforma del Mes sembra tuttavia poco plausibile.
Per quanto riguarda l’alto tradimento, al di fuori del caso dell’art. 90 Cost., questo è previsto solo per i militari dal codice militare in tempo di pace (art. 77), e di nuovo non sembra applicabile a Giuseppe Conte.
Tiriamo le fila
Facciamo allora chiarezza nel caso Salvini contro Conte.
Salvini non può denunciare Conte per attentato alla Costituzione (in base all’art. 90 Cost., che vale solo per il Presidente della Repubblica), e sembra improbabile che possa denunciarlo in base all’art. 283 del codice penale. Allo stesso modo non può denunciarlo per alto tradimento, né in base all’art. 90 Cost., valido solo per il Presidente della Repubblica, né – dato che il Presidente del Consiglio non è un militare – in base all’art. 77 del codice militare in tempo di pace.
Potrebbe denunciarlo per altri reati, e in questo caso Conte godrebbe della stessa “immunità” – impropriamente detta – di cui ha goduto Salvini nel caso Diciotti. Le sue azioni circa la riforma del Mes rientrano infatti nelle funzioni proprie della sua carica e, dunque, perché la magistratura proceda servirebbe (art. 96 Cost.) l’autorizzazione del Parlamento.
Allo stesso modo Conte – a fronte di una denuncia da parte di Salvini –potrebbe denunciare il leader della Lega per calunnia, il reato (art. 368 c.p.) che punisce esattamente chi denuncia un’altra persona all’autorità giudiziaria, pur sapendo che è innocente.
Salvini, che se presentasse adesso la denuncia contro Conte non godrebbe dell’”immunità” ministeriale (prevista dall’art. 96 Cost.), avrebbe comunque l’immunità parlamentare (art. 68 Cost.), che non lo mette al riparo da un’eventuale condanna definitiva, ma che lo protegge – se il Parlamento lo consente – da molti strumenti d’indagine della magistratura (perquisizioni, intercettazioni, sequestro della corrispondenza eccetera). Strumenti che, nel caso del reato di calunnia, potrebbero essere fondamentali per dimostrare che il leader della Lega sapeva Conte essere innocente.
Conclusione
Matteo Salvini dice di «non aver mai avuto l’immunità parlamentare», ma sbaglia: da senatore, gode infatti dell’immunità prevista dalla Costituzione per i parlamentari.
Giuseppe Conte invece no, ma è comunque in una situazione diversa rispetto a un comune cittadino: la Costituzione prevede che i ministri e il presidente del Consiglio, infatti, necessitino di un voto del Parlamento per poter essere processati.
Conte potrebbe evitare il processo, come fatto da Salvini con il caso Diciotti, se il Parlamento negasse ai giudici l’autorizzazione a procedere.
Salvini non può invece evitare il processo in caso di denuncia di calunnia da parte di Conte, in quanto semplice parlamentare, ma – se il Senato decide in questo senso – può essere tenuto al riparo da diversi e fondamentali strumenti d’indagine della magistratura, come intercettazioni e perquisizioni, e non può essere privato della sua libertà personale.
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