È vero che lo statuto di Hamas prevede la cancellazione di Israele?

Lo ha detto Salvini, aggiungendo che il testo ha come obiettivo «lo sterminio degli infedeli». Abbiamo controllato se ha ragione oppure no
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Il 9 ottobre, ospite di Quarta Repubblica su Rete 4, il segretario della Lega Matteo Salvini ha invitato (min. 9:55) i telespettatori a leggere lo statuto di Hamas, dicendo che «in diversi articoli prevede lo sterminio degli infedeli e la cancellazione dello Stato di Israele». Il vicepresidente del Consiglio ha poi definito gli estremisti palestinesi «volgari e schifosi assassini», ritenendo ingiustificabili le loro azioni. 

Hamas è un’organizzazione politico-religiosa islamista che governa la Striscia di Gaza dal 2007 ed è considerata un’organizzazione terroristica da alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, e dall’Unione europea. Il 7 ottobre ha lanciato una serie di attacchi contro Israele, causando centinaia di morti. In risposta l’esercito israeliano ha iniziato un assedio della Striscia di Gaza, avviando a sua volta bombardamenti. 

Al di là del giudizio di Salvini su Hamas, abbiamo verificato se davvero lo statuto dell’organizzazione prevede oppure no lo «sterminio degli infedeli» e la «cancellazione dello Stato di Israele».

Lo statuto di Hamas del 1988

Hamas è stata fondata nel 1987 dal leader nazionalista palestinese Ahmed Yasin come una costola del movimento internazionale dei Fratelli Musulmani, un’organizzazione fondata in Egitto nel 1928 con l’obiettivo di riportare i principi dell’Islam al centro della vita politica delle comunità musulmane. Fin dalla sua fondazione lo scopo di Hamas è stato quello di “liberare” la Palestina dalla presenza israeliana e costruire al suo posto uno Stato islamico.

Il primo statuto di Hamas risale al 18 agosto 1988 e delinea l’identità, la visione e gli obiettivi fondanti del Movimento di resistenza islamica della Palestina (la traduzione di Harakat al-Muqawama al-Islamiyya, il cui acronimo è appunto “Hamas”). Nel suo primo statuto Hamas si presenta (art. 2) come una diramazione dei Fratelli Musulmani e dichiara (art. 6) il suo intento di estendere l’Islam a tutta la Palestina, liberando il territorio dall’occupazione ebraica (art. 15). «Israele, con il suo ebraismo e la sua popolazione ebraica» sono identificati (art. 28) come i nemici dell’Islam e dei musulmani, e fin dal preambolo si riprende una citazione di Hasan al-Banna, il fondatore dei Fratelli Musulmani, che dice: «Israele esisterà e continuerà a esistere finché l’Islam non lo annienterà, così come esso ha annientato ciò che lo precedeva». Come affermato da Salvini, nello statuto di Hamas del 1988 la «cancellazione dello Stato di Israele» è quindi un obiettivo esplicito.

Per quanto riguarda gli «infedeli», lo statuto spiega (art. 31) la posizione di Hamas sui «popoli di altre fedi». Nel testo si legge che «solo all’ombra dell’Islam i seguaci delle tre religioni Islam, Cristianesimo e Giudaismo possono vivere in pace e armonia». Per questo «i seguaci di altre religioni dovrebbero smettere di lottare contro l’Islam per governare quest’area, perché quando governano ci sono solo uccisioni, castighi ed esclusioni». Un possibile riferimento allo “sterminio” è presente all’articolo 7, in cui è riportata una citazione attribuita a Maometto: «L’ora finale non giungerà finché i musulmani non combatteranno contro gli ebrei e i musulmani li uccideranno».

Ma estrapolare una citazione presa da un testo religioso per dire che Hamas prevede «lo sterminio degli infedeli», come fatto da Salvini, rischia di essere fuorviante. «La carta fondativa di Hamas ha un approccio molto ideologico e poco politico, ancora legata alle prassi dei Fratelli Musulmani», ha spiegato a Pagella Politica Niccolò Petrelli, ricercatore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre, autore di varie pubblicazioni su Hamas e Israele. I testi sacri di tutte le religioni, anche solo per il fatto di essere scritti moltissimi anni fa, contengono spesso frasi che oggi potrebbero risultare estreme ed eccessive. Per Petrelli, infatti, parlare di «sterminio degli infedeli» riguardo allo statuto di Hamas è, al di là della citazione di Maometto, «un po’ forte». «Questo documento va letto attraverso le interpretazioni che i vari leader di Hamas ne hanno fatto negli anni: lo stesso Khaled Mashal (uno degli attuali capi di Hamas, ndr), per esempio, ha fatto capire più volte che lo statuto ormai è un pezzo di storia. Detto questo, la radicalità degli obiettivi di Hamas e la cancellazione dello stato di Israele non sono in dubbio, sia nella teoria che nella prassi dell’organizzazione», ha concluso Petrelli.

Il nuovo statuto del 2017

Il testo fondativo è rimasto lo statuto ufficiale di Hamas fino al 2017, quando Mashal ha pubblicato un nuovo documento che riprende alcuni punti del testo originale ma ne modifica altri. Il nuovo statuto è stato analizzato in uno studio pubblicato nel 2020 da Khaled Hroub, professore di Studi mediorientali alla Northwestern University del Qatar e ricercatore del Centro per gli studi islamici dell’Università di Cambridge. Secondo Hroub, a differenza dello statuto del 1988 «in cui prevalevano una vaga retorica religiosa e stravaganti dichiarazioni utopiche», il nuovo documento «mostra una certa flessibilità, lasciando delle zone grigie che consentono ad Hamas un margine di manovra politico per il futuro».

In generale il testo del nuovo statuto ha un’impostazione meno netta nei confronti dell’eliminazione dello Stato di Israele e dei suoi abitanti. Il nemico viene identificato (art. 16) nel sionismo e non più nell’ebraismo: «Hamas non lotta contro gli ebrei perché sono ebrei, ma lotta contro i sionisti che occupano la Palestina». Lo statuto non riporta più citazioni religiose che accennano allo sterminio degli infedeli, e all’articolo 17 ripudia la persecuzione per motivi nazionalistici o religiosi, ritenendo che «l’antisemitismo e la persecuzione degli ebrei sono fenomeni legati alla storia europea e non alla storia degli arabi e dei musulmani».

Israele viene definito (art. 14) «il giocattolo del progetto sionista e la sua base di aggressione» e Hamas rifiuta (art. 20) «qualsiasi alternativa alla piena e completa liberazione della Palestina, dal fiume al mare». Ma allo stesso articolo 20 dello statuto si legge la seguente frase: «Hamas considera la creazione di uno Stato palestinese pienamente sovrano e indipendente, con Gerusalemme come capitale sulla falsariga del 4 giugno 1967, con il ritorno dei rifugiati e degli sfollati alle loro case da cui sono stati espulsi, come una formula di consenso nazionale». Il 5 giugno 1967 è la data di inizio della Guerra dei sei giorni, in cui Israele ha conquistato gran parte dei territori della Cisgiordania e Gerusalemme Est. Secondo Hroub, questa posizione riflette «il consenso interno del movimento sulla formula dei due Stati» e ha come sottotesto «che Hamas acconsente a una soluzione politica che potrebbe portare a uno Stato palestinese realizzabile». 

Nel suo libro Storia del conflitto israelo-palestinese (Laterza), lo storico Claudio Vercelli ha commentato il documento del 2017, scrivendo che la «considerazione» di uno Stato palestinese delimitato a una sola parte dell’area sarebbe solo «una tappa intermedia nel cammino verso la “liberazione” di tutto il territorio, non riconoscendo dunque a Israele il diritto all’esistenza né dichiarandosi esplicitamente contro il proseguio degli atti terroristici». Anche secondo Petrelli, nonostante i toni più moderati nel nuovo statuto, non ci sono reali aperture da parte di Hamas verso la formula “due popoli, due Stati”.

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