Ascesa e declino di un sindaco “senza mezze misure”

Questo articolo, scritto da Marco Neirotti, è uscito l’8 maggio su L’Unica – Asti, una delle quattro newsletter del nuovo progetto di giornalismo locale di Pagella Politica e Facta. Le altre tre newsletter sono dedicate alle città di Torino, Alessandria e Cuneo. Qui trovate il sito ufficiale del progetto, mentre qui potete iscrivervi alle singole newsletter
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al teatro comunale di Asti, insieme al presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e al sindaco di Asti Maurizio Rasero il 23 maggio 2024 – Fonte: ANSA
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al teatro comunale di Asti, insieme al presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e al sindaco di Asti Maurizio Rasero il 23 maggio 2024 – Fonte: ANSA
Il consenso ondeggia su un’altalena e i sindaci sono parafulmine di ogni scontento. Ad Asti l’altalena si è ribaltata: un trionfo personale vede sfaldarsi parte del sostegno di cittadini, che sui social e per le strade lamentano di vivere in un progressivo degrado e lo imputano all’amministrazione.

Maurizio Rasero, classe 1973, ex Lega Nord, vicino a Forza Italia, consigliere comunale e assessore fino al 2011, più volte rettore del Palio, già presidente ASCOM, vicepresidente della Camera di Commercio, della Fondazione Cassa di Risparmio e poi della stessa banca, nel 2017 è sindaco di centrodestra dopo un ballottaggio vinto con il 54,9 per cento dei voti (succede a Fabrizio Brignolo, Partito Democratico). Quattro anni dopo, nel 2022, è eletto al primo turno con 16.709 preferenze, il 55,65 per cento, primo caso di conferma ad Asti dal 1994, anno dell’entrata in vigore dell’elezione diretta. Che cosa è accaduto dalla rincorsa del 2022 allo scontento di oggi?

Senza mezze misure

Gli anni del primo mandato raccontano un sindaco pratico, dialogante, iperattivo: nel solo 2019 partecipa a 582 iniziative d’ogni genere con lo slogan: “La barca è una sola, ma il capitano sono io”. A inizio anno lo si applaude quando, tolti gli occhiali, tagliata la barba, va di persona all’anagrafe per provare in che cosa si imbatte chi è in coda per un documento, va a mangiare alle mense scolastiche per testarle, controlla i cestini dell’immondizia e conta quelli usurati o danneggiati, udite le critiche di una passante si arma di strofinaccio e pulisce di persona davanzale e vetri del Comune: «Non è spettacolo, è pubblico impiego», spiega orgoglioso. Per la pulizia dei vetri finisce in tv. Esibizionismo politico? «No», nega in un’intervista a La Stampa. «È strano che un sindaco faccia certe cose, ma io sono così, senza mezze misure: o mi detesti da subito, oppure mi segui dappertutto». Molti lo seguono anche quando esagera davvero: commentando una rissosa edizione del Palio nel 2005, ricorda la poco sportiva sfida fra il fantino del suo rione e un rivale: «Due fantini che si frustano per tutta la corsa: la più bella batteria nella storia del Palio». Sembra anticipare il turbolento Stefano Bandecchi, sindaco di Terni dal 2023.

In parte ricorda anche il da poco scomparso Giancarlo Gentilini, sindaco di Treviso dal 1994 al 2003 (ex Democrazia Cristiana approdato nella Lega di Umberto Bossi), che faceva il giro dei cantieri per verificare quanti operai delle ditte appaltatrici erano al lavoro e quanti a perder tempo nei bar. Poi a Gentilini scappò la frizione e, per annientare la presenza sonnacchiosa di extracomunitari, fece togliere le panchine dai giardini pubblici davanti alla stazione, privandone così anche mamme e pensionati. Notato poi che un’area presso l’ospedale era luogo d’incontro fra persone omosessuali ordinò una «pulizia etnica dei culattoni» al grido di «vadano in altri capoluoghi».

Una destra sui generis

Di segno opposto il controllo sociale di Rasero, che investe denaro per l’integrazione delle persone rom ammassate in un campo. Incurante di sdegno e proteste di membri della giunta, nel 2019 concede il patrocinio del Comune al Gay Pride e nel 2021 manifesta contro la violenza sulle donne indossando una gonna. Di fronte all’improvvisa ondata del COVID-19, come tanti colleghi si preoccupa per le ricadute economiche e si infuria per la zona rossa: «La situazione era sotto controllo. Questa è una follia, un disastro che non ci aspettavamo». Buona parte della popolazione è con lui e, quando la tragedia divampa e si fa evidente nella sua enormità, lo segue nella presa d’atto. Il 14 marzo 2019 rivolge un appello: a mezzogiorno tutti ai balconi e alle finestre per un applauso corale a medici, infermieri, volontari del 118. Non sfrutta emotività, esprime consapevolezza: l’adesione è commovente.

La riconferma del 2022 è scontata. Ma qualcosa cambia. Il suo ufficio pare rinserrarsi via via come una torre, il sindaco sembra meno sensibile alle voci dei cittadini, è insofferente verso le critiche, la sua pagina Facebook alterna parole di trionfo a invettive di dubbio gusto che evocano quel «io sono senza mezze misure» declamato ai tempi belli: in un post dichiara che le pagine de La Stampa gli servono per l’«uso alternativo che dei giornali facevano i nonni», dimenticando che il giornale continuava a pubblicare le sue dichiarazioni e le sue foto, con il rischio per lui di far triste uso della propria faccia.
Un giorno annuncia con orgoglio che una ricerca di Legambiente ha dichiarato Asti la città con le scuole più sicure, ma in realtà fra diverse graduatorie Asti compare in quella relativa a chi ne ha di recente costruita una nuova e in quella lista è sì prima, ma per ordine alfabetico.

Il vento che cambia

Se par mutata la comunicazione, per gli elettori conta soprattutto la quotidianità: i cantieri strozzano il traffico provocando code e aumento di smog con relative restrizioni; si trasferiscono banchi di mercato dalla centrale piazza Alfieri alla sottostante piazza del Palio scontentando anche i commercianti con le vetrine sotto i portici: il viavai portava clienti anche a loro. Proprio la grande piazza scatena le proteste degli astigiani (anche suoi elettori) e dei residenti nei paesi delle colline: la vasta area a due passi dalla stazione, parcheggio per i pendolari e per chi viene da fuori città per lavorare, far compere, rivolgersi a uffici diventa a pagamento (pur contenuto). Sindaco del capoluogo e insieme presidente della Provincia, Rasero viene visto come uno che “fa cassa” anziché offrire servizi. Con gli automobilisti sono solidali i commercianti (molti l’avevano votato), che vedono sparire acquirenti diretti ai sempre più numerosi supermercati dove il posto auto per i clienti è gratis.

Altro shock è la chiusura definitiva della grande casa di riposo. Poi sorprendono la cacciata su due piedi dell’assessore al Commercio, bilanciata da una denuncia nei suoi confronti (con successivo proscioglimento) per indebite influenze elettorali, la proposta di cambiar nome al palazzo dell’ex tribunale intitolato a Nelson Mandela: d’accordo, Mandela non era astigiano ma sudafricano (come Elon Musk, ma con altri princìpi), però non erano astigiani nemmeno i Kennedy, cui rimane intitolata una via.

La Cina troppo vicina

Cominciano le battute ironiche sulle tante piste ciclabili quasi deserte, sul gemellaggio del 2023 con la città di Nanyang in Cina (quasi dimenticati quelli del 1966 con Valence in Francia e del 1982 con Biberach in Germania): in un ripetersi di viaggi il sindaco parla di ricadute commerciali, ma la città – tolti i fedelissimi – risponde seccata: «Manca sicurezza e lui è in Cina», «il traffico è caotico e lui è in Cina», «se non va in Cina pensa soltanto a piste ciclabili e Palio». Fino all’ultima beffa, quando alcuni pannelli si staccano dal soffitto della piscina comunale, Rasero prova a zittire le polemiche con un video nel quale lancia in alto le lastre, le riceve sulla testa e conferma: «Non fanno male a nessuno». Il sindaco accusa giornali e opposizione di montare polemiche inutili, ma tutt’Italia ride quando i comici Luca e Paolo ripropongono la scenetta a Di Martedì, su La7.
Oggi sui social si leggono duri attacchi per «la città mai ridotta così male», si citano insicurezza, traffico, smog, negozi che chiudono: problemi nazionali guardati con occhio fisso solo sul locale. Qualche post, a dire il vero, sembra creato ad arte per scatenare gli scontenti e far apparire maggiore il dissenso, ma la stanchezza reale si avverte quando con nome e cognome qualcuno scrive: «Ho votato Rasero per la seconda volta con convinzione: ho sbagliato».

Che è successo, dunque? Viene da credere che sul suo essere «senza mezze misure» abbia inciso la consuetudine del governo nazionale: poche spiegazioni, nessun chiarimento, molti slogan e proclami, la convinzione di sapere da soli che cosa è meglio, disprezzo per chi dissente o critica. Ma da Roma si parla a un Paese senza vederlo in faccia. Il dialogo con una realtà locale, di piccola città, è tutt’altra cosa.
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