Nei giorni scorsi ha fatto discutere una sentenza con cui tre giudici del Tribunale di Torino hanno condannato in primo grado un uomo per lesioni contro l’ex moglie, assolvendolo invece dall’accusa di maltrattamenti.
Il 13 settembre, in un’intervista con La Stampa, la ministra per Famiglia, la Natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella (Fratelli d’Italia) ha criticato i giudici per alcune frasi contenute nella sentenza. «Il linguaggio usato e poi tradotto in concetti in quella sentenza è un problema. Dietro c’è l’idea che la violenza appartenga a una normale dialettica relazionale e familiare. Questo è francamente intollerabile», ha detto Roccella. «A una donna che ha dovuto farsi ricostruire il volto con 21 placche di titanio è stato detto che la violenza che l’ha ridotta così è in qualche modo giustificabile, un po’ secondo il classico “te la sei cercata”», ha aggiunto la ministra, ammettendo comunque di non aver letto la sentenza «per intero».
L’11 settembre, la presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio Martina Semenzato (Noi Moderati) ha annunciato di voler chiedere alla commissione di ascoltare chi ha scritto la sentenza. Questa iniziativa è inusuale, dato che le commissioni parlamentari d’inchiesta non intervengono su singoli casi giudiziari per evitare interferenze con l’indipendenza della magistratura.
Ma che cosa c’è scritto davvero nella contestata sentenza? Quali sono i fatti alla base delle decisioni dei giudici? Facciamo un po’ di chiarezza, lasciando ai lettori il giudizio sulle parole dei magistrati.
Il 13 settembre, in un’intervista con La Stampa, la ministra per Famiglia, la Natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella (Fratelli d’Italia) ha criticato i giudici per alcune frasi contenute nella sentenza. «Il linguaggio usato e poi tradotto in concetti in quella sentenza è un problema. Dietro c’è l’idea che la violenza appartenga a una normale dialettica relazionale e familiare. Questo è francamente intollerabile», ha detto Roccella. «A una donna che ha dovuto farsi ricostruire il volto con 21 placche di titanio è stato detto che la violenza che l’ha ridotta così è in qualche modo giustificabile, un po’ secondo il classico “te la sei cercata”», ha aggiunto la ministra, ammettendo comunque di non aver letto la sentenza «per intero».
L’11 settembre, la presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio Martina Semenzato (Noi Moderati) ha annunciato di voler chiedere alla commissione di ascoltare chi ha scritto la sentenza. Questa iniziativa è inusuale, dato che le commissioni parlamentari d’inchiesta non intervengono su singoli casi giudiziari per evitare interferenze con l’indipendenza della magistratura.
Ma che cosa c’è scritto davvero nella contestata sentenza? Quali sono i fatti alla base delle decisioni dei giudici? Facciamo un po’ di chiarezza, lasciando ai lettori il giudizio sulle parole dei magistrati.