L’aumento del costo dell’energia sta diventando uno dei temi di dibattito in questa campagna elettorale, in vista del voto del prossimo 25 settembre e dell’arrivo dell’autunno. Su questo punto, il leader della Lega Matteo Salvini propone una soluzione a cui era contrario fino a pochi anni fa.
Il 22 agosto, ospite a La corsa al voto su La7, Salvini ha per esempio dichiarato (min. 6:45) che in Italia «bisogna estrarre più gas, subito, ovunque sia disponibile». «Penso all’Adriatico e penso a tutti gli impianti fermi per i “Signori del no”», ha aggiunto l’ex ministro dell’Interno, facendo riferimento a chi in passato si è opposto, tra le altre cose, all’estrazione del gas naturale nel nostro Paese.
In ambito energetico, il programma della Lega per le elezioni del 2022 propone, tra le altre cose, di «riprendere l’esplorazione e la produzione nazionale di gas naturale», per ridurre la dipendenza italiana dalle importazioni estere, «anche ricorrendo a modifiche al Pitesai», ossia il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee. Quest’ultimo stabilisce le aree in cui sarà possibile richiedere nuovi permessi esplorativi volti alla produzione di idrocarburi sul territorio nazionale.
In passato la Lega e Salvini la pensavano però diversamente. Il 17 aprile 2016 si è votato in Italia il referendum abrogativo sulle trivellazioni, con cui gli elettori sono stati consultati per decidere se vietare il rinnovo delle concessioni per l’estrazione di gas e petrolio nei giacimenti esistenti entro le 12 miglia (circa 19,3 chilometri) dalla costa italiana. I sì, ossia i favorevoli al divieto, raggiunsero quasi l’86 per cento dei voti, ma il referendum non fu considerato valido perché non raggiunse il quorum: al voto partecipò il 31,2 per cento degli aventi diritto.
In quell’occasione, Salvini e la Lega (all’epoca chiamata ancora “Lega Nord”) si erano schierati a favore del sì, ossia per chiedere di porre fine alle trivellazioni di gas negli impianti di estrazione già esistenti allo scadere delle licenze e non all’esaurimento del giacimento. Pochi giorni prima del voto, Salvini aveva dichiarato: «Io domenica 17 vado a votare sì e spero che siano in tanti a farlo, perché il nostro petrolio è la nostra ricchezza, è il nostro paesaggio, l’agricoltura, il turismo, il mare, la pesca, e non qualche buco nell’acqua». Per sostenere la sua posizione, il leader della Lega era comparso in pubblico anche con una felpa, con su scritto: “Stop trivelle, vota sì”.
Il 22 agosto, ospite a La corsa al voto su La7, Salvini ha per esempio dichiarato (min. 6:45) che in Italia «bisogna estrarre più gas, subito, ovunque sia disponibile». «Penso all’Adriatico e penso a tutti gli impianti fermi per i “Signori del no”», ha aggiunto l’ex ministro dell’Interno, facendo riferimento a chi in passato si è opposto, tra le altre cose, all’estrazione del gas naturale nel nostro Paese.
In ambito energetico, il programma della Lega per le elezioni del 2022 propone, tra le altre cose, di «riprendere l’esplorazione e la produzione nazionale di gas naturale», per ridurre la dipendenza italiana dalle importazioni estere, «anche ricorrendo a modifiche al Pitesai», ossia il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee. Quest’ultimo stabilisce le aree in cui sarà possibile richiedere nuovi permessi esplorativi volti alla produzione di idrocarburi sul territorio nazionale.
In passato la Lega e Salvini la pensavano però diversamente. Il 17 aprile 2016 si è votato in Italia il referendum abrogativo sulle trivellazioni, con cui gli elettori sono stati consultati per decidere se vietare il rinnovo delle concessioni per l’estrazione di gas e petrolio nei giacimenti esistenti entro le 12 miglia (circa 19,3 chilometri) dalla costa italiana. I sì, ossia i favorevoli al divieto, raggiunsero quasi l’86 per cento dei voti, ma il referendum non fu considerato valido perché non raggiunse il quorum: al voto partecipò il 31,2 per cento degli aventi diritto.
In quell’occasione, Salvini e la Lega (all’epoca chiamata ancora “Lega Nord”) si erano schierati a favore del sì, ossia per chiedere di porre fine alle trivellazioni di gas negli impianti di estrazione già esistenti allo scadere delle licenze e non all’esaurimento del giacimento. Pochi giorni prima del voto, Salvini aveva dichiarato: «Io domenica 17 vado a votare sì e spero che siano in tanti a farlo, perché il nostro petrolio è la nostra ricchezza, è il nostro paesaggio, l’agricoltura, il turismo, il mare, la pesca, e non qualche buco nell’acqua». Per sostenere la sua posizione, il leader della Lega era comparso in pubblico anche con una felpa, con su scritto: “Stop trivelle, vota sì”.