Il vicepresidente dei Consiglio nonché ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, parlando coi giornalisti il 3 gennaio ad Alleghe (Belluno), ha dichiarato che «la legge, come abbiamo sempre detto, riguarda il reddito di cittadinanza per coloro che sono cittadini italiani».
Non è la prima volta che Di Maio fa affermazioni del genere: ma la limitazione del reddito di cittadinanza ai soli cittadini italiani contraddice quanto scrive il governo nei documenti ufficiali. Andiamo con ordine.
Di Maio aveva detto che il reddito di cittadinanza non sarebbe andato agli stranieri, ma solo agli italiani, già il 21 settembre, intervistato da Radio anch’io su Radio1. Lo aveva poi ribadito (min. 8) ospite di Barbara D’Urso il 14 ottobre e lo aveva detto ancora una volta il 23 ottobre in un’intervista con la Verità, fino ad arrivare alla dichiarazione del 3 gennaio 2019.
Non è una limitazione che compare solo nelle parole di Di Maio: è stata messa nero su bianco anche nel Contratto per il governo del cambiamento, l’intesa firmata tra M5S e Lega. Nella sezione su “Reddito di cittadinanza e pensione di cittadinanza”, infatti, si legge che «Il reddito di cittadinanza è una misura attiva rivolta ai cittadini italiani al fine di reinserirli nella vita sociale e lavorativa del Paese».
Fin qui, le dichiarazioni e le promesse.
Ma, come abbiamo già verificato, la scelta di limitare il reddito di cittadinanza ai soli cittadini italiani è con ogni probabilità impraticabile sul piano giuridico. I trattati comunitari, che vengono recepiti dalla Costituzione italiana come fonti del più alto livello, vietano le discriminazioni in base alla nazionalità. Dunque non è legittimo escludere dal reddito di cittadinanza gli stranieri regolarmente residenti da alcuni anni. Una legge che lo prevedesse sarebbe quasi certamente dichiarata incostituzionale.
In secondo luogo – e ancora più importante – è lo stesso governo, in almeno un documento ufficiale, ad avere incluso nella platea dei beneficiari anche gli stranieri. All’interno del governo, e nelle burocrazie dei ministeri, c’è certamente consapevolezza del quadro normativo. Infatti, stando alle anticipazioni dell’Ansa, la bozza di relazione tecnica al disegno di legge che dovrebbe introdurre il reddito di cittadinanza circolata a fine anno già include nella platea dei beneficiari gli stranieri regolarmente residenti da cinque anni.
Gli stessi requisiti – regolare residenza da un quinquennio, indipendentemente dalla nazionalità – sono poi contenuti nel Documento programmatico di bilancio 2019, la “bozza” della legge di Bilancio, redatta dal governo a metà ottobre (prima dunque di molte delle dichiarazioni di Di Maio).
Lo stesso ministro dell’Economia Giovanni Tria, nel corso di un’audizione in Parlamento il 20 settembre 2018, aveva specificato che «si è consapevoli del fatto che i requisiti relativi alla cittadinanza, ed eventualmente alla residenza, possono essere introdotti soltanto nel rispetto dell’articolo 3 della Costituzione e della normativa dell’Unione europea».
Dunque, anche se Di Maio ha dichiarato più volte che il reddito di cittadinanza andrà solo agli italiani, ed è possibile che in futuro le cose vengano modificate (anche se il problema giuridico resta), gli stessi documenti redatti dai ministeri di questo governo – fino ad oggi – lo smentiscono.
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