Quanto sono affidabili i totoministri

Le liste con i nomi dei futuri ministri, basate su retroscena spesso poco fondati, esistono da oltre 60 anni. Ogni tanto le previsioni sono state confermate, altre volte no
ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
Poche ore dopo la fine delle elezioni del 25 settembre, vinte dalla coalizione di centrodestra, sui mezzi di informazione è subito iniziato il cosiddetto “totoministri” o “totonomi”, ossia i tentativi di anticipare quali saranno i membri del prossimo governo. Per esempio, secondo alcuni quotidiani, la favorita alla carica di ministra degli Esteri sarebbe Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, mentre l’ex magistrato Carlo Nordio è indicato da più parti come probabile futuro ministro della Giustizia.

Tra retroscena e anticipazioni, quanto sono affidabili le liste dei totoministri che stanno circolando in questi giorni? In breve, poco: il totoministri, che esiste almeno dagli anni Sessanta, è spesso basato su retroscena e nomi fatti filtrare dai partiti. In alcuni casi le previsioni sono state confermate, altre volte no.

Da dove viene il totoministri

La parola “totoministri” è una delle tante nate negli scorsi decenni a partire dal “Totocalcio”, un gioco a premi introdotto nel 1946 in cui i partecipanti devono indovinare i risultati delle partite del campionato di calcio. Il nome originario e completo del gioco è in realtà “totalizzatore calcistico” e indica il fatto che gli importi giocati da tutti i partecipanti al Totocalcio confluiscono nel montepremi generale. 

Con il passare del tempo, come racconta un approfondimento dell’enciclopedia Treccani, il Totocalcio ha di fatto «inventato un linguaggio» in Italia. Tra le parole derivate nel corso del tempo da questo gioco ci sono, appunto, quelle di totoministri, totonomi e totocandidature, con il prefisso “toto” mutuato negli «ambiti più vasti», per indicare pronostici o anticipazioni.

Più difficile è invece collocare nel tempo la prima volta che è stato usato il termine “totoministri” nel linguaggio giornalistico e politico. Sull’archivio storico del quotidiano La Stampa, il primo articolo che contiene la parola “totoministri” è stato pubblicato il 12 febbraio 1962, oltre 60 anni fa: riguardava la formazione di un nuovo governo, dopo le dimissioni arrivate il 2 febbraio da parte dell’allora primo ministro Amintore Fanfani (Democrazia cristiana).
Immagine 1. Il passaggio dell’articolo della Stampa del 1962 che contiene per la prima volta la parola “totoministri” – Fonte: Archivio storico La Stampa
Immagine 1. Il passaggio dell’articolo della Stampa del 1962 che contiene per la prima volta la parola “totoministri” – Fonte: Archivio storico La Stampa
In quei giorni Fanfani si apprestava a «guidare il suo quarto» governo – scriveva La Stampa – che si sarebbe insediato il 21 febbraio 1962, una decina di giorni dopo la pubblicazione dell’articolo, dove si legge che «nei corridoi di Montecitorio è cominciato il “totoministri”». «Il “giuoco” diverrà serrato nella seconda metà della settimana. Si saprà allora, con maggiore certezza, chi saranno i candidati più quotati ad incarichi di ministri», proseguiva l’articolo, che indicava anche dieci nomi di probabili nuovi membri dell’esecutivo guidato da Fanfani. Tutti i dieci nomi indicati fecero poi parte della successiva squadra di governo, confermando dunque le anticipazioni. 

Il totoministri è poi continuato ad andare di moda nei decenni successivi, ritornando sulle prime pagine dei giornali a ogni crisi di governo o elezione per il rinnovo del Parlamento. Per esempio, una delle prime volte che il totoministri è comparso sul quotidiano la Repubblica è stato a luglio 1987, prima della formazione del governo guidato da Giovanni Goria (Democrazia cristiana). «Qui le voci sono tante, e a volte contraddittorie», scriveva il quotidiano, con una delle espressioni tipiche di questi articoli, usata per dare il senso dell’incertezza intorno ai nomi indicati come probabili ministri. L’articolo conteneva circa una trentina di nomi di papabili nuovi ministri: quelli corretti si rivelarono poi meno della metà.

Come sono andati gli ultimi totoministri

L’origine del nome e gli esempi tratti dal passato suggeriscono che i totoministri vadano sempre presi con il beneficio del dubbio. Anche i casi più recenti vanno in questa direzione.

Alla fine di agosto 2019, durante la formazione del secondo governo guidato da Giuseppe Conte, circolavano molti nomi sui futuri membri dell’esecutivo sostenuto, tra gli altri, dal Movimento 5 stelle e dal Partito democratico. Secondo il Corriere della Sera, il fisico Roberto Cingolani era indicato come possibile ministro dell’Istruzione, ruolo poi coperto da Lucia Azzolina (Cingolani sarebbe poi diventato ministro della Transizione ecologica nel successivo governo Draghi). All’epoca, si parlava anche di Luigi Di Maio «proiettato» al Ministero dell’Interno (carica che sarebbe stata ricoperta da Luciana Lamorgese) e di altre anticipazioni, rivelatesi sbagliate. 

Discorso analogo vale per la formazione del governo Draghi, avvenuta a febbraio 2021. «Da Zingaretti a Cartabia, ecco il totoministri del governo Draghi», titolava un articolo del Sole 24 Ore, pubblicato il 5 febbraio 2021, pochi giorni prima dell’insediamento dell’esecutivo tecnico. L’allora segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, era indicato come un probabile futuro ministro: la previsione non si era avverata e, anzi, Zingaretti si è dimesso da segretario del Partito democratico un mese dopo, a inizio marzo 2021. Il nome di Marta Cartabia al Ministero della Giustizia è stato invece confermato tra i membri del governo Draghi, così come sono state le anticipazioni, tra gli altri, sui tecnici Enrico Giovannini al Ministero delle Infrastrutture e Daniele Franco al Ministero dell’Economia, mentre la previsione di un ministero per il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani si era rivelata errata.

A febbraio 2014, Il Post aveva calcolato che nei giorni precedenti la formazione del governo guidato da Matteo Renzi erano circolati oltre 60 nomi di futuri ministri sui tre quotidiani principali del Paese (Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera). Quelli effettivamente insediatisi erano stati 16

In generale, dunque, i totoministri vanno presi con molta cautela: proprio per la loro natura, sono per lo più frutto di indiscrezioni, spesso alimentate dagli stessi partiti o dai mezzi di informazione. I partiti possono avere diversi interessi nel far circolare nomi di papabili ministri a tv e quotidiani: da un lato, un partito può far filtrare un nome per vedere qual è la reazione del dibattito politico e dell’opinione pubblica; dall’altro lato, un partito può far circolare un nome per mandare un messaggio indiretto ai partiti con cui sta cercando di formare un governo, mostrando quali potrebbero essere le sue richieste per eventuali ministeri.

Come si forma la lista dei ministri

Ricordiamo che non esistono regole nello stabilire quanti ministeri vadano a quali partiti nella formazione di un governo, come quello di coalizione che si appresta a nascere dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni del 25 settembre. Spesso, in queste circostanze, si sente parlare del cosiddetto “manuale Cencelli”, ossia la pratica, mai passata di moda, di suddividere i ruoli di governo (e non solo) in base al peso specifico delle forze politiche. ​​Il “manuale Cencelli” è nato nel 1968 ed è un prodotto della politica democristiana: prende il nome da Massimiliano Cencelli, ex funzionario e poi politico della Democrazia cristiana, che aveva ideato una suddivisione matematica degli incarichi di governo in base al peso delle correnti nella Democrazia cristiana, ossia i gruppi autonomi all’interno del partito che portavano avanti una propria linea politica.

Il 30 settembre, un articolo di Repubblica racconta quello che sarebbe «il “Cencelli” di Meloni», sostenendo che in un futuro governo guidato dalla presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni la metà dei ministeri andrebbe al suo partito, mentre l’altra metà sarebbe divisa equamente tra i suoi alleati, Lega e Forza Italia.

Oltre all’incertezza sui membri del governo, c’è anche quella sulle tempistiche della sua nascita: la formazione di un nuovo governo dopo le elezioni non è infatti immediata. La prima riunione del Parlamento è fissata per il 13 ottobre e successivamente inizieranno le consultazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che, dopo aver incontrato i rappresentanti dei partiti, deciderà a chi dare l’incarico di formare un governo. Chi sarà incaricato dovrà poi presentare una lista dei ministri al presidente della Repubblica, che, in base all’articolo 92 della Costituzione, ha il compito di nominare i ministri, su proposta del presidente del Consiglio. In passato non sono mancati momenti di scontro in questa fase: per esempio, a fine maggio 2018, Mattarella si era opposto alla nomina dell’economista Paolo Savona a ministro dell’Economia del primo governo Conte, per le sue opinioni controverse su una possibile uscita dell’Italia dall’euro. La posizione andò all’economista Giovanni Tria.

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