Le proposte della maggioranza su cui sta lavorando il Parlamento

Dall’equo compenso all’elezione diretta dei presidenti di provincia, abbiamo fatto il punto sui testi principali presentati dai partiti al governo che hanno iniziato il loro iter parlamentare
ANSA/GIUSEPPE LAMI
ANSA/GIUSEPPE LAMI
Dal 13 ottobre 2022, giorno in cui è iniziata la diciannovesima legislatura, il Parlamento ha iniziato a esaminare una trentina di proposte di legge presentate dai deputati e dai senatori. Tra queste, diverse proposte sono state depositate da parlamentari della maggioranza di centrodestra che sostiene il governo Meloni, formata da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati.

In generale, il percorso per l’approvazione di una proposta di legge è piuttosto lungo. Il testo di una proposta deve prima essere esaminato dalla commissione parlamentare competente della Camera o del Senato. Dopo aver ottenuto il via libera in commissione, il testo passa all’esame dell’aula. Qui può essere modificato ancora e, dopo essere stato approvato, passa all’esame dell’altro ramo del Parlamento. Per essere approvata in via definitiva, una proposta di legge deve ottenere il via libera sia della Camera che del Senato nello stesso testo. Complice la lunghezza di questo percorso, durante la scorsa legislatura solo l’1 per cento delle proposte dei parlamentari è diventata legge a tutti gli effetti. 

Dall’equo compenso al ripristino dell’elezione diretta dei presidenti di provincia, abbiamo fatto il punto sulle proposte di legge dei deputati e dei senatori di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Noi moderati attualmente all’esame del Parlamento. Potendo contare sul sostegno della maggioranza, queste proposte avranno più possibilità di diventare legge.

L’equo compenso per i liberi professionisti

Il 13 ottobre 2022, prima di ricevere l’incarico di presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha depositato alla Camera una proposta di legge che punta a garantire un cosiddetto “equo compenso”, ossia un compenso adeguato e proporzionale al lavoro svolto, ai liberi professionisti che offrono il loro servizio a grandi imprese, a società attive nel settore bancario e assicurativo, e alla pubblica amministrazione. 

Più nel dettaglio, il testo prevede che i liberi professionisti che lavorano per imprese bancarie e assicurative, per imprese con più di 50 dipendenti o con ricavi su­periori a 10 milioni di euro e per la pubblica amministrazione, debbano godere di un equo compenso. Quest’ultimo è inteso come il compenso «proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professio­nale».

Meloni e altri parlamentari di centrodestra avevano presentato la stessa proposta di legge durante la scorsa legislatura. La proposta era stata approvata dalla Camera e il Senato ne aveva iniziato l’esame, ma complice la fine anticipata della legislatura, il testo era poi decaduto . 

Il 25 gennaio, dopo un percorso rapido in Commissione Giustizia alla Camera, la nuova proposta di legge sull’equo compenso è stata approvata all’unanimità dall’aula. Il testo è ora passato al Senato, che potrà approvarlo definitivamente oppure con modifiche. In quest’ultimo caso, come per ogni proposta di legge, il testo dovrà tornare alla Camera per un nuovo esame.

La separazione delle carriere dei magistrati

Da alcune settimane la giustizia e il suo ministro Carlo Nordio sono al centro del dibattito politico

Il 26 gennaio Nordio ha incontrato Meloni a Palazzo Chigi per fare il punto sui prossimi provvedimenti da adottare, tra cui, per esempio, l’introduzione della separazione delle carriere dei magistrati, uno dei punti del programma elettorale della coalizione di centrodestra. La possibile riforma della Costituzione, criticata recentemente da una parte della magistratura, prevede una netta separazione delle carriere dei pubblici ministeri, ossia dei magistrati requirenti, dai giudici, che rappresentano invece la magistratura giudicante. 

Sul tema i parlamentari dei partiti di centrodestra, e non solo, si sono mossi in anticipo rispetto alle intenzioni del governo. La Lega ha già depositato due proposte di riforma costituzionale, una alla Camera e l’altra al Senato, per introdurre la separazione delle carriere dei magistrati, mentre Forza Italia ha presentato una proposta simile alla Camera. È proprio da questo ramo del Parlamento che ci potrebbero essere le novità più significative. 

Dal prossimo 2 febbraio, infatti, la Commissione Affari costituzionali della Camera inizierà l’esame della proposta di riforma costituzionale sulla separazione delle carriere depositata da Enrico Costa, responsabile giustizia di Azione e deputato del gruppo parlamentare di Azione-Italia viva, in sintonia con il programma sulla giustizia di Nordio.

In ogni caso, i tempi dell’esame di queste proposte non saranno brevi. Come tutte le proposte di riforma costituzionale, anche quelle sulla separazione delle carriere dovranno essere esaminate dalle commissioni parlamentari per poi essere approvate due volte da entrambe le camere. Tra le doppie approvazioni di Camera e Senato devono inoltre passare almeno tre mesi di tempo, con la possibilità che una volta approvato, il testo venga sottoposto a referendum.

La festa del 4 novembre

In Italia la data del 4 novembre viene fatta coincidere con la fine della Prima guerra mondiale ed è celebrata come “Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate”. Si tratta dell’anniversario dell’entrata in vigore del cosiddetto “Armistizio di Villa Giusti”, firmato il 3 novembre 1918, a Padova, in Veneto, dall’Impero austro-ungarico e dall’Italia. 

Fino al 1976 il 4 novembre era considerato un giorno festivo, ma ha smesso di esserlo dal 1977. Questo è avvenuto in seguito all’entrata in vigore di una legge sui giorni festivi, che ha stabilito che le celebrazioni della “Giornata dell’unità nazionale debbano «avvenire nella prima domenica di novembre» e non più in una data fissa. 

In Commissione Affari costituzionali al Senato i partiti stanno lavorando per ripristinare la festività nazionale del 4 novembre. In particolare è in corso l’esame congiunto di cinque disegni di legge, due di Fratelli d’Italia, uno della Lega, uno di Noi moderati e uno del Partito democratico.

L’11 gennaio il senatore Paolo Tosato (Lega), relatore dei disegni di legge e vicepresidente della commissione, ha spiegato all’Adnkronos che nel corso dell’iter a Palazzo Madama bisognerà chiarire se «reintrodurre a tutti gli effetti la festività come giornata in cui vengono sospese anche le attività scolastiche o lavorative» o se dedicare al 4 novembre «attività nelle scuole o manifestazioni pubbliche».

Il ritorno delle province

In questi mesi Fratelli d’Italia ha indicato tra le sue priorità il ripristino dell’elezione diretta dei consiglieri provinciali e dei presidenti di provincia. La riforma è condivisa anche dal segretario della Lega e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, secondo cui il 2023 può essere l’anno della «reintroduzione della provincia».  

L’ordinamento delle province è stato riformato nel 2014 dalla cosiddetta “legge Delrio”, che prende il nome da Graziano Delrio (Partito democratico), all’epoca ministro per gli Affari regionali e le autonomie del governo guidato da Enrico Letta. Tra le varie cose, questa riforma ha trasformato il sistema di elezione degli organi che governano le province. In seguito alla riforma, per esempio, sia il presidente della provincia che i consiglieri provinciali vengono scelti con un’elezione di “secondo grado”, ossia dai sindaci e dai consiglieri dei comuni che fanno parte della provincia stessa, e non più dai cittadini. 

Il governo Meloni ha manifestato più volte l’intenzione di rivedere la “legge Delrio”. Nelle scorse settimane il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli (Lega) ha incontrato il comitato direttivo dell’Unione delle province d’Italia (Upi), manifestando l’intenzione di «operare in stretto raccordo con il Parlamento». 

La Commissione Affari costituzionali del Senato sta già esaminando cinque disegni di legge di iniziativa parlamentare sul tema delle province, tre dei quali presentati da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega. In generale, le proposte dei partiti della maggioranza puntano tutte a ripristinare l’elezione diretta dei consiglieri provinciali e del presidente di provincia. 

Il 26 gennaio, in Commissione Affari costituzionali al Senato, si è svolto un ciclo di audizioni sui contenuti dei disegni di legge. Il presidente della commissione Alberto Balboni (Fratelli d’Italia) ha spiegato che nelle prossime settimane si procederà alla costituzione di un comitato ristretto. Quest’ultimo è un organismo interno alla commissione, che viene nominato nel momento in cui la commissione ha raggiunto un accordo generale su uno o più disegni di legge. Il comitato ristretto sarà formato da un senatore per ogni gruppo parlamentare e avrà il compito scrivere un testo unico di riforma delle province sulla base delle varie proposte già depositate. Secondo le stime Ministero dell’Interno, questa riforma potrebbe costare allo Stato circa 223 milioni di euro.

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