Come sono finiti i processi verso gli altri presidenti di regione arrestati

Vari governatori sono stati sottoposti a misure cautelari, ma non tutti sono stati poi condannati in via definitiva
ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
Dal 7 maggio il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti è agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e di atti contrari ai doveri d’ufficio. Secondo la procura di Genova, negli scorsi anni il comitato elettorale di Toti è stato finanziato da alcune società a cui sarebbero stati promessi favori. Il presidente della Regione Liguria, che è stato sospeso dal suo incarico per effetto della “legge Severino”, sarà interrogato venerdì 10 maggio. 

In attesa degli sviluppi giuridici, ricordiamo che secondo l’articolo 27 della Costituzione ogni imputato «non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». Toti è stato messo agli arresti domiciliari perché, a fronte dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico, ci sarebbe il pericolo che possa ricommettere lo stesso reato di cui è accusato in vista delle prossime elezioni europee.

Secondo le verifiche di Pagella Politica, oltre a quello di Toti, ci sono stati altri tre casi di presidenti eletti direttamente dai cittadini sottoposti a misure cautelari durante il loro mandato: tutti e tre del Partito Democratico. Altri tre presidenti – tutti e tre di centrodestra – sono invece finiti ai domiciliari o in carcere dopo aver guidato una regione, ma con l’accusa di aver commesso reati durante il loro mandato. 

Come sono finite le indagini e i processi a loro carico? Alcuni sono stati assolti dalle accuse, altri sono finiti in carcere per anni. Non tutti si sono dimessi dal ruolo di presidente una volta iniziate le vicende giudiziarie.

I casi simili a quello di Toti

In ordine temporale, l’ultimo presidente sottoposto a una misura cautelare mentre guidava una regione è stato Mario Oliverio. Il 17 dicembre 2018 a Oliverio, esponente del PD a capo della Regione Calabria, è stato imposto l’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, comune in provincia di Cosenza dove aveva la residenza. L’accusa nei suoi confronti era di abuso d’ufficio nella gestione di due appalti. L’obbligo di dimora è stato revocato tre mesi dopo, il 20 marzo 2019, dalla Corte di Cassazione. Successivamente Oliverio ha deciso di non dimettersi dalla carica di presidente, ma non si è ricandidato alle elezioni regionali del 2020, vinte dalla candidata di centrodestra Jole Santelli. Il 4 gennaio 2021 l’esponente del PD, nel mentre coinvolto in altre indagini, è stato assolto dal Tribunale di Catanzaro, al termine di un processo con rito abbreviato.  

Sempre nel 2018, il 6 luglio l’allora presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella è stato messo agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta sulla sanità, con l’accusa di falso e abuso d’ufficio. Pittella, che era un esponente del PD e guidava una giunta di centrosinistra, è uscito dai domiciliari il 24 settembre 2018, ricevendo però il divieto di dimora nella città capoluogo di Potenza. Pittella si è dimesso poi dalla carica di presidente di regione il 24 gennaio 2019. Quasi tre anni dopo, il 22 dicembre 2021, l’ex esponente del PD – oggi candidato alle elezioni europee con Azione – è stato assolto in primo grado, assoluzione poi confermata in Appello il 1° marzo 2024.

Prima di Pittella, l’altro presidente di regione arrestato durante il suo mandato è stato Ottaviano Del Turco, in Abruzzo. Il 14 luglio 2008, l’allora esponente del PD è stato portato in carcere con l’accusa di associazione a delinquere e corruzione, e si è dimesso tre giorni dopo. Dopo una lunga vicenda processuale, l’11 ottobre 2018 – oltre dieci anni dopo l’arresto – Del Turco è stato condannato definitivamente in Cassazione a tre anni e 11 mesi di reclusione.

Gli altri precedenti

Oltre ai casi di Toti, Oliverio, Pittella e Del Turco, ci sono stati altri tre presidenti di regione che sono finiti in carcere dopo sentenze relative ad azioni commesse durante il loro mandato.

I due casi più famosi sono quelli di Salvatore Cuffaro e Roberto Formigoni. Il primo ha governato la Regione Sicilia da luglio 2001 a gennaio 2008: Cuffaro, esponente del centrodestra siciliano, non ha portato a termine il suo secondo mandato perché si è dimesso dalla carica di presidente dopo essere stato condannato in primo grado per favoreggiamento. Le indagini nei suoi confronti erano iniziate nel 2003, quando guidava già la Regione Sicilia. Il 22 gennaio 2011 Cuffaro è stato condannato in via definitiva per favoreggiamento aggravato alla mafia e violazione del segreto istruttorio: dopo aver passato quasi cinque anni nel carcere di Rebibbia, Cuffaro è stato scarcerato il 14 dicembre 2015. 

Formigoni, anche lui politico di centrodestra, ha guidato invece la Regione Lombardia dal 1995 al 2013, concludendo in anticipo il suo quarto mandato. Il 21 febbraio 2019 è stato recluso nel carcere di Bollate dopo la condanna in via definitiva dalla Cassazione a cinque anni e dieci mesi. Secondo i giudici, Formigoni aveva commesso il reato di corruzione tra il 1997 e il 2011, durante il suo mandato di presidente della Regione Lombardia. Formigoni ha finito di scontare la pena agli arresti domiciliari dall’11 ottobre 2022 al 12 novembre 2023

Un altro presidente di regione di centrodestra ha trascorso alcuni giorni in carcere e oltre due anni agli arresti domiciliari: Giancarlo Galan. Presidente della Regione Veneto da giugno 1995 ad aprile 2010, il 22 luglio 2014 l’esponente di Forza Italia è entrato nel carcere di Opera dopo che la Camera dei deputati, di cui Galan faceva parte, aveva consentito il suo arresto. Secondo la procura di Venezia, tra il 2005 e il 2011 Galan aveva ricevuto denaro per favorire in modo poco trasparente l’avanzamento dei lavori del Mose, il sistema di barriere che protegge Venezia dall’acqua alta. A ottobre 2014 Galan ha patteggiato una condanna a due anni e 10 mesi di detenzione, quasi tutti trascorsi agli arresti domiciliari, e una multa da 2,6 milioni di euro. 

Infine, c’è il caso particolare di Giuseppe Scopelliti. Il 26 dicembre 2021 l’ex presidente di centrodestra della Regione Calabria ha finito di scontare la pena in carcere dopo che nel 2018 è stato condannato dalla Cassazione per falso e abuso d’ufficio. La condanna, però, riguardava fatti avvenuti quando Scopelliti, all’epoca esponente di Alleanza Nazionale, era stato sindaco di Reggio Calabria, carica ricoperta tra il 2002 e il 2010. Scopelliti ha ricoperto il ruolo di presidente della Regione Calabria tra il 2010 e il 2014, e ad aprile 2014 si è dimesso dopo essere stato condannato in primo grado.

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