I leader di partito ignorano il nuovo rapporto dell’Ipcc sul clima

Il report, realizzato da oltre 80 scienziati, spiega quali politiche bisogna intraprendere per contenere l’aumento delle temperature e gli effetti dei cambiamenti climatici
Ansa
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Il 4 aprile è stato pubblicato il nuovo rapporto sul clima dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), un gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite che periodicamente realizza i report considerati tra i più autorevoli a livello internazionale sui cambiamenti climatici e i loro effetti. Il documento, a cui hanno lavorato oltre 80 scienziati provenienti da Paesi di tutto il mondo, raccoglie le evidenze scientifiche più aggiornate sulle politiche che i governi dovrebbero mettere in campo per contrastare e mitigare le conseguenze del riscaldamento globale. 

Ma per il momento il suo contenuto non sembra interessare ai principali leader politici nel Parlamento italiano: a 24 ore dalla pubblicazione del rapporto dell’Ipcc, infatti, nessun segretario o presidente di partito ha rilanciato sui propri profili social le conclusioni a cui sono arrivati gli scienziati, riprese invece sia dalla stampa internazionale che da quella italiana. Nessun tweet e nessun post su Facebook e Instagram sono infatti stati dedicati al nuovo rapporto da Enrico Letta (Partito democratico), Matteo Salvini (Lega), Giuseppe Conte (Movimento 5 stelle), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), Matteo Renzi (Italia viva), Silvio Berlusconi (Forza Italia), Carlo Calenda (Azione) e Nicola Fratoianni (Sinistra italiana).

Nelle ultime 24 ore, i leader politici si sono occupati soprattutto della guerra in Ucraina, ma anche di altri temi nelle ultime 24 ore. Letta ha per esempio pubblicato un post su Facebook per esprimere solidarietà al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, minacciato di morte sui social, mentre Meloni ha rilanciato su Instagram un videomessaggio dell’allenatore del Bologna Sinisa Mihajlovic, di nuovo ricoverato perché affetto da leucemia.

Che cosa dice il rapporto Ipcc

Come spiega il sito ufficiale dell’Ipcc, il nuovo rapporto sul clima «fornisce una valutazione globale aggiornata dei progressi e degli impegni nella mitigazione dei cambiamenti climatici ed esamina le fonti delle emissioni globali». Il report analizza inoltre «gli sviluppi negli sforzi per ridurre e mitigare le emissioni, valutando gli impegni nazionali sul clima in rapporto agli obiettivi di lungo termine». Ad agosto 2021 l’Ipcc aveva pubblicato un rapporto con le evidenze scientifiche più recenti sulla natura dei cambiamenti climatici, mentre a febbraio 2022 era uscito quello sugli impatti del riscaldamento globale. 

Il rapporto pubblicato il 4 aprile, in sostanza, spiega nel dettaglio quali interventi vanno presi per riuscire a contenere l’aumento delle temperature entro i prossimi decenni per rispettare l’impegno preso nel 2015 nell’Accordo di Parigi, ossia quello di limitare nel lungo periodo l’aumento delle temperature al di sotto dei 2°C, preferibilmente entro gli 1.5°C, rispetto al periodo pre-industriale.

Secondo gli scienziati, tra il 2010 e il 2019 le emissioni prodotte dagli esseri umani, che causano i cambiamenti climatici, sono continuate ad aumentare rispetto agli anni precedenti, sebbene a un ritmo più lento rispetto a quello registrato tra il 2000 e il 2009. L’aumento maggiore si è verificato soprattutto nelle aree urbane e in tutti i settori, con grandi differenze tra le varie aree del mondo. In base alle stime più affidabili, il 10 per cento circa delle famiglie con il più alto livello di emissioni pro-capite è responsabile di quasi la metà di tutte le emissioni delle famiglie a livello globale. 

Secondo le proiezioni dell’Ipcc, anche se tutte le politiche e gli impegni messi in campo prima del 2020 fossero rispettati, entro la fine del secolo le temperature medie del pianeta saranno molto probabilmente più alte di 3°C rispetto a quelle registrate prima del periodo pre-industriale. 

Esistono però delle politiche che i governi possono mettere in campo per contenere questo aumento: il nuovo rapporto dell’Ipcc le passa in rassegna, elencando gli studi più aggiornati a loro sostegno. Se si vuole contenere l’aumento delle temperature entro la fine del secolo intorno agli 1,5°C, le emissioni dovranno ridursi almeno della metà entro il 2030 e bisognerà raggiungere la neutralità climatica (ossia ciò che è emesso deve essere riassorbito dal pianeta) entro il 2050. Il grafico sottostante raccoglie quali sono le opzioni energetiche su cui conviene investire di più per raggiungere questo obiettivo.
Grafico 1. Opzioni energetiche a disposizione per ridurre le emissioni entro il 2030 e i loro costi – Fonte: Ipcc
Grafico 1. Opzioni energetiche a disposizione per ridurre le emissioni entro il 2030 e i loro costi – Fonte: Ipcc
Tra le altre cose, da qui al 2030 gli investimenti sulle energie rinnovabili, come il solare e l’eolico, quelli sul trasporto elettrico e pubblico e quelli per migliorare l’efficienza energetica di abitazioni e industrie restano tra le soluzioni migliori come costi-benefici.

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