Il 6 ottobre il ministro della Salute Roberto Speranza ha presentato all’Aula di Montecitorio le nuove misure che il governo avrebbe adottato per la gestione della pandemia da coronavirus. Dopo l’intervento di Speranza, per due volte consecutive è mancato il numero legale necessario all’approvazione di una risoluzione presentata da partiti della maggioranza (Pd, Movimento 5 Stelle e Leu). E così una banale informativa del governo è diventata un caso politico. Ma soprattutto, l’incidente ha riacceso il dibattito sul funzionamento delle camere in tempi di pandemia.
Il numero legale è venuto a mancare per una somma di fattori: quel giorno, alla Camera, sarebbero stati più di 40, secondo quanto riferito dal deputato Pd Emanuele Fiano, i parlamentari della maggioranza in quarantena fiduciaria. Le opposizioni, dopo aver notato le assenze, hanno deciso di lasciare l’Aula, facendo così saltare il numero legale, non raggiunto dai soli deputati della maggioranza.
Un passo indietro. Il numero legale è necessario perché una seduta della Camera o del Senato sia valida ed è dato dalla maggioranza dei suoi componenti. Non lo stabiliscono solo i regolamenti parlamentari, bensì la Costituzione, all’articolo 64: «Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale».
Lo stesso 6 ottobre, dopo l’episodio del mancato numero legale, la Giunta per il Regolamento della Camera – la commissione che appunto si occupa di risolvere le questioni relative al funzionamento di Montecitorio – ha deciso di considerare “in missione”, con «un’interpretazione estensiva» i deputati che siano in quarantena perché positivi al Covid-19 oppure in attesa dell’esito di un tampone o in isolamento fiduciario dopo aver avuto contatti con persone risultate positive. Come del resto era già accaduto a febbraio per un deputato residente nella zona di Codogno.
A cosa serve questo escamotage? I parlamentari “in missione” – ovvero assenti a causa di un impegno legato alla propria attività parlamentare o di governo – alla Camera vengono considerati presenti, mentre al Senato non vengono conteggiati per fissare il numero legale. A Montecitorio questa piccola formalità permetterà dunque di non registrare come assenti i deputati impossibilitati da situazioni legate al contagio.
Una soluzione temporanea che mette al sicuro il numero legale per considerare valide le sedute, ma non sufficiente a tutelare il funzionamento della macchina parlamentare in un periodo storico in cui ogni riunione in presenza di un gruppo di persone rappresenta un rischio per la salute. I deputati in quarantena non verranno infatti considerati assenti, ma non potranno comunque esprimere il proprio voto.
Il problema si pone in particolar modo per le votazioni per cui non basta la sola maggioranza relativa. Uno scenario che prende forma in queste ore: il 14 e il 15 ottobre Camera e Senato votano la Nota di aggiornamento al Def e con questa uno scostamento di Bilancio che, in base all’articolo 81 della Costituzione, richiede la maggioranza assoluta dei componenti. Per Palazzo Madama, 161 senatori. Per Montecitorio, 316 deputati.
Per questo c’è chi propone soluzioni strutturali: il voto a distanza. Ma prima di arrivarci, vediamo le misure adottate fra marzo e aprile per garantire che l’attività parlamentare andasse avanti anche nel pieno dell’emergenza.
Il numero legale è venuto a mancare per una somma di fattori: quel giorno, alla Camera, sarebbero stati più di 40, secondo quanto riferito dal deputato Pd Emanuele Fiano, i parlamentari della maggioranza in quarantena fiduciaria. Le opposizioni, dopo aver notato le assenze, hanno deciso di lasciare l’Aula, facendo così saltare il numero legale, non raggiunto dai soli deputati della maggioranza.
Un passo indietro. Il numero legale è necessario perché una seduta della Camera o del Senato sia valida ed è dato dalla maggioranza dei suoi componenti. Non lo stabiliscono solo i regolamenti parlamentari, bensì la Costituzione, all’articolo 64: «Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale».
Lo stesso 6 ottobre, dopo l’episodio del mancato numero legale, la Giunta per il Regolamento della Camera – la commissione che appunto si occupa di risolvere le questioni relative al funzionamento di Montecitorio – ha deciso di considerare “in missione”, con «un’interpretazione estensiva» i deputati che siano in quarantena perché positivi al Covid-19 oppure in attesa dell’esito di un tampone o in isolamento fiduciario dopo aver avuto contatti con persone risultate positive. Come del resto era già accaduto a febbraio per un deputato residente nella zona di Codogno.
A cosa serve questo escamotage? I parlamentari “in missione” – ovvero assenti a causa di un impegno legato alla propria attività parlamentare o di governo – alla Camera vengono considerati presenti, mentre al Senato non vengono conteggiati per fissare il numero legale. A Montecitorio questa piccola formalità permetterà dunque di non registrare come assenti i deputati impossibilitati da situazioni legate al contagio.
Una soluzione temporanea che mette al sicuro il numero legale per considerare valide le sedute, ma non sufficiente a tutelare il funzionamento della macchina parlamentare in un periodo storico in cui ogni riunione in presenza di un gruppo di persone rappresenta un rischio per la salute. I deputati in quarantena non verranno infatti considerati assenti, ma non potranno comunque esprimere il proprio voto.
Il problema si pone in particolar modo per le votazioni per cui non basta la sola maggioranza relativa. Uno scenario che prende forma in queste ore: il 14 e il 15 ottobre Camera e Senato votano la Nota di aggiornamento al Def e con questa uno scostamento di Bilancio che, in base all’articolo 81 della Costituzione, richiede la maggioranza assoluta dei componenti. Per Palazzo Madama, 161 senatori. Per Montecitorio, 316 deputati.
Per questo c’è chi propone soluzioni strutturali: il voto a distanza. Ma prima di arrivarci, vediamo le misure adottate fra marzo e aprile per garantire che l’attività parlamentare andasse avanti anche nel pieno dell’emergenza.