Ogni Paese europeo va per la sua strada con AstraZeneca

Pagella Politica
L’11 giugno il Ministero della Salute, su indicazione del Comitato tecnico scientifico (Cts), ha deciso di bloccare l’utilizzo del vaccino AstraZeneca per le persone al di sotto dei 60 anni. Chi in questa fascia di età ha già ricevuto la prima dose di questo vaccino riceverà come seconda dose uno tra i vaccini a mRna Pfizer o Moderna.

La decisione è stata presa dopo che ad aprile l’utilizzo di AstraZeneca era già stato raccomandato ai soli over 60, con molte regioni che hanno comunque continuato a usare AstraZeneca negli under 60, ricorrendo ai cosiddetti “open day”. Ricordiamo che, ad oggi, il vaccino AstraZeneca è autorizzato dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema) per tutti quanti hanno più di 18 anni di età.

Ma gli altri Paesi europei come si stanno comportando con AstraZeneca? E quali evidenze scientifiche ci sono a favore dell’utilizzo di due vaccini diversi per prima e seconda dose? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza.

Che cosa fanno gli altri Stati europei

Circa un mese fa, lo scorso 18 maggio, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), un’agenzia indipendente dell’Unione europea, ha pubblicato un report in cui ha analizzato come si comportano i vari Paesi europei con il vaccino di AstraZeneca, alla luce dei rari casi di trombosi che si sono registrati dopo la somministrazione del vaccino.

L’Ecdc ha rilevato la presenza di un quadro molto frastagliato, con la situazione che cambia di Paese in Paese, nonostante l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) lo avesse approvato per tutti coloro che hanno più di 18 anni. Abbiamo verificato e alcune regole sono rimaste le stesse, mentre altre sono cambiate nelle ultime settimane.

Al 12 maggio, 15 Paesi europei avevano adottato restrizioni sull’età di chi poteva ricevere il vaccino AstraZeneca, raccomandandolo solo dopo una certà età (tendenzialmente dopo 50 o 65 anni), mentre 12 Paesi ne avevano raccomandato l’utilizzo su tutti coloro che hanno più di 18 anni. Tutti e quattro i grandi Paesi europei – Italia, Germania, Francia e Spagna – rientravano nella prima categoria.

Alcuni dei Paesi senza limiti di età hanno comunque imposto altre restrizioni, come per le donne incinte (vedi Lettonia e Slovenia) o per chi ha rischi associati alle trombosi (per esempio la Romania). La Bulgaria ha invece posto un limite di età solo per le donne under 60, mentre Spagna, Polonia e Malta hanno imposto 70 anni come limite massimo per riceverlo. In alcuni Paesi è possibile derogare alle raccomandazioni su base volontaria.
L’Ecdc ha anche raccolto i dati su quali siano le regole nei vari Paesi con le seconde dosi di AstraZeneca, dopo aver imposto limiti sulle prime dosi. Al 12 maggio in 20 Paesi era raccomandata la somministrazione di una seconda dose di AstraZeneca con l’eccezione in alcuni Paesi per quei soggetti che avevano avuto reazioni avverse con la prima dose. Cinque Paesi (Danimarca, Finlandia, Francia, Germania e Svezia) invece raccomandavano già una seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna e in quattro Paesi la questione era ancora sotto considerazione al momento del report. Di questi, l’Irlanda ha poi deciso di somministrare AstraZeneca, la Norvegia vaccini Pfizer e Moderna e anche la Spagna, seppur lasciando la possibilità per chi volesse di fare lo stesso vaccino.

In alcuni Stati ci sono stati dei cambiamenti dal momento della pubblicazione del report dell’Ecdc. In Germania, per esempio, è possibile scegliere di ricevere AstraZeneca anche sotto i 60 anni se prima si parla con il proprio medico, ma chi deve ricevere una seconda dose può scegliere Pfizer o Moderna. In Francia le persone sotto i 55 anni che hanno ricevuto o riceveranno una dose di Moderna dopo 12 settimane dalla prima dose di AstraZeneca sono circa 533 mila. Tra questi c’è stato anche il ministro della Salute Olivier Véran.
Fuori dall’Europa diversi Paesi usano due vaccini diversi – o stanno facendo sperimentazioni in proposito. Tra questi ci sono sono Bahrain, Canada, Cina, Russia, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti.

Che cosa comporta usare due vaccini diversi?

A giugno in Italia si dovranno fare 494 mila richiami con Pfizer o Moderna per chi ha meno di 60 anni e ha ricevuto AstraZeneca come prima dose; a luglio 80 mila; ad agosto 490 mila; e a settembre 28 mila. Ma come abbiamo visto, non è solo l’Italia ad aver deciso di ricorrere alla cosiddetta “vaccinazione eterologa” (o mix-and-match) usando due vaccini diversi per le due dosi. In questi mesi ci sono stati diversi studi per capire se sia efficace e non abbia conseguenze sulla salute delle persone.

Nella raccomandazione dell’11 giugno il Comitato tecnico scientifico (Cts) ha citato quattro studi diversi, di cui uno pubblicato sulla rivista The Lancet e tre ancora in pre-print, ossia non ancora passati dalla revisione paritaria. I quattro studi sostengono che l’uso di due vaccini diversi non ha particolari problemi di reazioni avverse e che la risposta immunitaria è paragonabile, se non addirittura superiore, all’uso dello stesso vaccino per prima e seconda dose. È possibile che il mix-and-match fornisca al sistema immunitario vie alternative per riconoscere il virus, dal momento che i vaccini a mRna e quelli a vettore adenovirale (come AstraZeneca) sollecitano la risposta immunitaria in maniera diversa.

A metà maggio in Spagna l’Istituto superiore di sanità Carlos III (Isciii) ha presentato i risultati preliminari nell’utilizzo di Pfizer per chi ha meno di 60 anni e aveva ricevuto una prima dose di AstraZeneca. I risultati, basati su 673 partecipanti, indicano che il sistema immunitario ha risposto bene e che non ci sono stati particolari eventi avversi.

In Germania l’Università della Saarland ha scoperto che chi ha ricevuto una dose Pfizer dopo una di AstraZeneca ha avuto una risposta immunitaria più forte di quella dei pazienti che avevano ricevuto due dosi dello stesso vaccino. Hanno partecipato 250 persone e chi ha ricevuto Pfizer come seconda dose ha prodotto circa dieci volte in più gli anticorpi di chi ha ricevuto AstraZeneca. Per quanto riguarda gli anticorpi neutralizzanti – quelli che impediscono direttamente l’ingresso di Sars-CoV-2 nelle cellule – i risultati con l’approccio del mix-and-match sono «anche leggermente migliori» di quelli ottenuti con due dosi di Pfizer.

Come ha spiegato di recente la rivista Science, va comunque considerato che questi studi si basano sulla misurazione del livello degli anticorpi e delle cellule T – quelle che hanno il compito di eliminare le cellule infettate – dopo la somministrazione del vaccino. Non sono stati quindi progettati per valutare la protezione effettiva contro la Covid-19, come invece hanno fatto le sperimentazioni di fase 3 dei vari vaccini autorizzati. Un articolo su Nature a maggio ha comunque evidenziato che la misura degli anticorpi neutralizzanti è effettivamente predittiva della protezione reale.

Allo stesso tempo, i dati che arrivano da queste ricerche – nonostante non misurino direttamente la protezione effettiva data dal mix dei vaccini – sembrano fornire un supporto scientifico alla decisione politica degli Stati di usare due vaccini.

La possibilità di fare due vaccini diversi ha anche altri vantaggi in prospettiva futura. Permetterebbe per esempio di avere maggiore flessibilità con i programmi vaccinali e potrebbe aiutare nel caso in cui un vaccino non sia efficace contro una variante mentre un altro lo è.

In conclusione

In conclusione, in Europa non è stata solo l’Italia ad aver preso decisioni diverse da quanto raccomanda l’Ema in merito ad AstraZeneca. Sono stati posti limiti per età e alcuni Stati hanno deciso di ricorrere al mix-and-match.

I risultati preliminari dei primi studi indicano che somministrare come seconda dose un vaccino a mRna dopo una prima dose di AstraZeneca è sicuro e probabilmente rafforza la risposta immunitaria. Si tratta però di studi su campioni piccoli e non di vere e proprie sperimentazioni su larga scala. Non forniscono evidenze sulla protezione reale fornita dalle somministrazioni, ma al momento non c’è motivo di dubitare che siano diverse dagli altri protocolli vaccinali.

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