Non sappiamo quante armi ci sono in Italia

Pagella Politica
La tragedia di Ardea, comune a sud di Roma dove lo scorso 13 giugno un uomo di 34 anni ha ucciso a colpi di pistola due bambini e un anziano, ha contribuito a riaccendere il dibattito relativo alle leggi sulle armi in Italia.

Abbiamo affrontato di recente il tema in un’analisi che mette a confronto la normativa italiana con quella dei principali Paesi europei, e non solo, per dare un contesto fattuale alle opinioni espresse rispettivamente dal leader della Lega Matteo Salvini, secondo cui le leggi attualmente in vigore sono già sufficientemente restrittive, e dal segretario del Pd Enrico Letta che reputa invece necessario rivederle.

Al di là della moltitudine di norme che regolano il settore, spicca la mancanza di un dato fondamentale per farsi un’idea realistica della portata del fenomeno in Italia: al momento è infatti impossibile sapere quante armi siano detenute nel nostro Paese, non solo illegalmente ma anche legalmente.

Se infatti il ministero dell’Interno pubblica regolarmente informazioni sulle licenze di porto d’armi in corso di validità, mancano dati relativi al numero effettivo di armi registrate e attualmente in circolazione o presenti nelle case degli italiani.

Vediamo come stanno le cose, mettendo insieme quello che sappiamo.

Che cosa sappiamo: il numero di licenze

Ogni anno la Polizia di Stato, in occasione del suo anniversario (che ricorre il 10 aprile), pubblica un compendio di dati che fa il punto della situazione sull’andamento del suo lavoro, dalla gestione dell’immigrazione irregolare al controllo delle droghe.

Il compendio mostra per ogni anno il numero di licenze di porto d’armi (permessi per la detenzione e il trasporto di una o più armi e delle sue munizioni) in corso di validità per tutte le diverse categorie contemplate della legge: caccia, sport, difesa personale e guardie giurate. Rielaborando i dati degli ultimi sette anni, quindi dal 2013 al 2020, vediamo che il numero totale di licenze valide è aumentato del 9,6 per cento, passando da circa 1,2 milioni nel 2013 a circa 1,3 milioni (1.288.476) nel 2020. La grande maggioranza è rappresentata dalle licenze per caccia (il 50,4 per cento nel 2020) e uso sportivo (45,2 per cento). Lo scorso anno le licenze per difesa personale, più difficili da ottenere, costituivano appena l’1,2 per cento del totale.
Quel che sorprende maggiormente però non è tanto la variazione complessiva, quanto la sua articolazione nelle varie categorie. L’unica tipologia di licenza che ha registrato un aumento è infatti quella per uso sportivo, il cui numero è cresciuto addirittura del 46,5 per cento negli ultimi sette anni passando da 398 mila licenze nel 2013 a più di 582 mila nel 2020. Secondo alcune inchieste giornalistiche, questo dipenderebbe dalla maggior facilità con cui si possono acquistare armi da tenere in casa dichiarandosi sportivi.

Tutte le altre categorie sono invece diminuite, con un picco di -73,3 per cento nelle armi lunghe a scopo di difesa personale (complessivamente, le licenze per difesa personale sono diminuite circa del 32 per cento).

In totale nel 2020 le licenze per porto d’armi in corso di validità in Italia erano, come detto, quasi 1,3 milioni (1.288.476). Questo numero però non corrisponde al numero effettivo di armi legalmente in circolazione nel nostro Paese, soprattutto perché non tiene conto di almeno due elementi fondamentali: il numero di nulla-osta all’acquisto rilasciati (documenti diversi dal porto d’armi ma che ne consentono l’acquisto, come vedremo meglio tra poco) e le molteplici armi che si possono acquistare una volta ottenuta una singola licenza.

Che cosa non sappiamo: una o 12 armi?

Come abbiamo già spiegato in un altro nostro articolo sul tema, oltre al vero e proprio porto d’armi la legge italiana prevede un altro tipo di licenza relativa all’acquisto di armi per i civili: il nulla-osta. Questo documento permette di acquistare una o più armi e trasportarle al proprio domicilio, da dove poi non la si potrà più spostare. Di base quindi può essere utilizzata soltanto per difendersi da eventuali aggressioni o episodi di rapina, in casa propria e nei limiti stabiliti dalle leggi sulla legittima difesa.

Le richieste di nulla-osta, corredate di tutti i documenti necessari, devono essere presentate alla Polizia di Stato, che però non rende pubblici i dati relativi al numero di licenze approvate ogni anno. Non sappiamo quindi quante armi siano state acquistate con questa modalità e siano presenti nelle case degli italiani.

Un secondo elemento di incertezza sta nel fatto che una singola licenza di porto d’armi dà diritto all’acquisto di molteplici armi, il cui numero varia in base alla tipologia e al tipo di licenza. Sul sito della Polizia di Stato si legge infatti che «con il nulla-osta all’acquisto, o con una delle licenze di porto d’armi è possibile acquistare e detenere fino ad un massimo di 3 armi comuni da sparo, 6 armi sportive e un numero illimitato di fucili da caccia». Nel 2018, come avevamo scritto all’epoca, il numero di armi sportive autorizzate è stato aumentato da 6 a 12 (articolo 5, comma 2 del decreto legislativo n. 104 del 10 agosto 2018). Per quanto riguarda le cartucce, è concesso detenerne fino a 200 per armi comuni e 1.500 per i fucili da caccia.

Rimane comunque necessario denunciare alle autorità l’acquisto, la cessione o il ritrovamento di un’arma e delle sue munizioni, anche nel caso in cui questa sia stata ricevuta in eredità. Nel 2018 è stata inserita la possibilità di effettuare la denuncia alla Polizia o ai Carabinieri per via telematica, senza quindi recarsi di persona negli uffici pubblici.

Che cosa non sanno nemmeno le Forze dell’ordine

Secondo quanto è emerso finora, il caso di Ardea è un esempio di mancata denuncia dell’arma posseduta: l’autore della strage, un uomo di 34 anni con problemi psichici, era entrato in possesso della pistola in seguito alla morte del padre, che lavorava come guardia giurata. La famiglia però non aveva mai denunciato la detenzione dell’arma, come invece richiesto dalle procedure.

Quindi, se secondo le normative il Ministero dell’Interno dovrebbe ricevere notifica ogni volta che un’arma viene acquistata, ceduta o anche spostata dal luogo in cui viene abitualmente conservata (e in questo modo le autorità dovrebbero conoscere nel dettaglio chi possiede armi, quante ne detiene, per cosa le usa e dove le conserva), nella prassi spesso le cose non vanno così.

I dati sulle armi legalmente possedute, che come abbiamo detto sono consultabili solamente dalle forze dell’Ordine, è probabile che siano incompleti perché alcune armi non vengono denunciate correttamente – come appunto successo ad Ardea – sia perché il proprietario non è a conoscenza delle norme che per motivi meno innocenti. Possiamo quindi dire che se per i cittadini e per i giornalisti è sicuramente impossibile conoscere esattamente quante armi sono detenute in Italia, è molto probabile che nemmeno le autorità abbiano un quadro completo e aggiornato della situazione.

La mancanza di trasparenza riguardo alla circolazione di armi nel nostro Paese è una tra le critiche principali avanzate da Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa di Brescia, un centro di ricerca che intende contrastare la circolazione delle armi: «Come è possibile che sappiamo tutto sulle automobili in Italia, e il ministero dei Trasporti dice anche il numero di persone che vengono bocciate all’esame di guida [dati consultabili qui n.d.r.> e non sappiamo niente sulle armi?» ha detto a Pagella Politica.

Giulio Magnani, Presidente dell’Unione degli armigeri italiani (Unarmi) – l’associazione nazionale per la difesa dei diritti dei detentori legali di armi – ha confermato a Pagella Politica che le questure non rendono pubblici i dati relativi al numero di armi registrate, ma questi sono comunque facilmente consultabili dalle forze dell’ordine in caso di necessità o anche di controlli di routine: «Il ministero, tramite le questure, conosce tutte le armi che sono detenute e a che titolo» ha affermato.

Tiriamo le fila

Considerando che una singola licenza di porto d’armi dà diritto all’acquisto di un numero anche illimitato di armi (nel caso, come detto, della licenza per caccia), e in mancanza di informazioni pubbliche riguardanti i nulla-osta all’acquisto, è impossibile per i cittadini conoscere con certezza, o anche con un margine di approssimazione accettabile, quante armi siano legalmente detenute in Italia.

Il ministero dell’Interno e la Polizia di Stato hanno invece accesso a tutte le informazioni relative alle licenze di porto d’armi, ai nulla-osta e al database di armi correttamente denunciate dai loro detentori. Queste informazioni non sono però accessibili al pubblico e, in ogni caso, è probabile che non siano complete a causa del grande universo del traffico illecito di armi o anche della negligenza di alcuni detentori.

Pagella Politica ha contattato il Ministero dell’Interno e la Polizia di Stato chiedendo se fosse possibile avere accesso a dati più precisi sul tema, ma al momento della pubblicazione di questo articolo non abbiamo ricevuto risposta.

Per farci un’idea riguardo a quante armi, legali e non, circolino nel nostro Paese possiamo comunque guardare a qualche stima.

A grandi linee

Un primo report a cui possiamo fare riferimento è quello redatto da Small Arms Survey, un centro di ricerca di Ginevra che si batte per ridurre il numero di armi in circolazione. Ne abbiamo già parlato in un precedente articolo: secondo le sue stime, nel 2017 in Italia erano presenti 2 milioni di armi legalmente detenute e registrate presso le autorità. Quell’anno erano valide circa 1,3 milioni di licenze di porto d’armi, per una media quindi di 1,5 armi per licenza.

A queste, secondo Small Arms Survey, si aggiungono ben 6,6 milioni di armi illegali – considerando sia quelle, per esempio, ricevute in eredità ma non registrate o per le quali la licenza è scaduta, che il traffico clandestino portato avanti dalle organizzazioni criminali – per un totale di 8,6 milioni di armi.

Secondo Giorgio Beretta, analista di Opal, i numeri citati da Small Arms Survey, almeno per quanto riguarda le armi regolari, sono molto probabilmente una sottostima del dato reale.

Un’altra stima che possiamo citare è quella contenuta nel secondo “Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia”, pubblicato nell’aprile 2021 e redatto dal Censis, un istituto di ricerca socio-economica con sede a Roma.

Secondo un sondaggio contenuto nello studio, nel 2020 il 9,6 per cento degli italiani (dunque circa 6 milioni di persone) aveva in casa un’arma da fuoco come strumento di difesa personale. Non è chiaro però a partire da quale campione sia stato effettuato il sondaggio, e a quanto ammonti quindi il numero totale di armi detenute.

In conclusione

La tragedia di Ardea dello scorso 13 giugno ha riaperto il dibattito sulla presenza di armi in Italia e i livelli di regolamentazione del settore. Al di là delle specifiche normative, ad oggi è impossibile sapere con certezza quante armi siano detenute legalmente nel nostro Paese. Queste informazioni sono accessibili solamente dal ministero dell’Interno e dalla Polizia di Stato, ma non vengono rese pubbliche.

Le autorità rilasciano regolarmente dati sul numero di licenze di porto d’armi in corso di validità, ma a questi mancano almeno due elementi fondamentali: il numero di nulla-osta all’acquisto approvati ogni anno (licenze che permettono l’acquisto e il trasporto di un’arma esclusivamente fino al proprio domicilio) e il numero di armi effettivamente registrate. Con una singola licenza è infatti possibile detenere fino a tre armi comuni, 12 armi sportive e un numero illimitato di fucili da caccia.

Secondo una stima del 2017, erano presenti nel nostro Paese 2 milioni di armi regolarmente dichiarate – a fronte di 1,3 milioni di licenze di porto d’armi – contro più di 6 milioni e mezzo di armi illegalmente detenute, tra quelle trovate o ricevute in eredità ma non denunciate e l’arsenale della criminalità.

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