Il valore della pressione fiscale in Italia potrebbe cambiare in base alla metodologia con cui viene calcolato il Pil o alla categorizzazione di alcune spese.
Un esempio è il bonus fiscale da 80 euro introdotto dal governo di Matteo Renzi nel 2014: come
abbiamo già spiegato, se questo viene definito come una riduzione delle imposte la pressione fiscale diminuisce, e aumenta invece se lo si considera come una maggiore spesa dello Stato. Le norme contabili europee impongono di non conteggiare gli 80 euro come una riduzione delle tasse ma come maggiori spese, facendo quindi crescere la pressione fiscale.
Un altro fattore che potrebbe modificare il valore della pressione fiscale in Italia dipende dall’inclusione o meno dell’econonomia non osservata (Noe) nel calcolo del Pil.
A partire dal 2014 infatti i dati sul Pil rilasciati dai Paesi dell’Unione europea
includono anche le stime della ricchezza prodotta dalle attività che fanno parte della Noe e che quindi, per diversi motivi,
non possono essere osservate direttamente dalle statistiche ufficiali: parliamo per esempio degli affitti pagati in nero, il lavoro irregolare, il traffico di stupefacenti, la prostituzione e il contrabbando.
Uno studio pubblicato a ottobre 2020 dalla Fondazione nazionale commercialisti e dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili
ha calcolato (pag. 20) il valore della pressione fiscale “effettiva”nel nostro Paese, cioè il peso delle entrate fiscali sul Pil al netto del valore dell’economia non osservata. Ricordiamo però che la pressione fiscale così calcolata non rientra nei parametri ufficiali utilizzati dall’Istat.
In ogni caso, secondo i calcoli dello studio, nel 2017 – ultimo anno per il quale erano disponibili dati sull’economia non osservata – la pressione fiscale reale in Italia
era pari (pag. 20) al 47,6 per cento: 5,5 punti percentuali in più rispetto alla pressione fiscale apparente
segnalata da Eurostat. Le proiezioni suggeriscono poi che nel 2018 la pressione reale (quindi al netto della Noe) era pari al 47,4 per cento – contro un dato apparente del 41,9 per cento – e al 48,2 per cento nel 2019.
Questi valori farebbero salire il nostro Paese in cima alla classifica dei Paesi europei con la più alta pressione fiscale. Il confronto però non sarebbe equo, perché i dati Eurostat che abbiamo considerato conteggiano, sia per l’Italia che per tutti gli altri Stati, anche il valore stimato dell’economia non osservata. Un elemento che, a parità di imposte pagate, fa necessariamente scendere la pressione fiscale.
Non sono disponibili dati o classifiche ufficiali che calcolino la pressione fiscale reale, o anche soltanto il peso dell’economia non osservata in rapporto al Pil dei vari Paesi europei. Sappiamo però che in Italia il suo valore è particolarmente rilevante. Per esempio secondo lo studio
The European Tax Gap, di cui
abbiamo già parlato, nel 2015 il nostro Paese
era primo per valore stimato dell’evasione fiscale.