Il 24 novembre, ospite a Tg2 Post su Rai 2, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha criticato (min. -11:00) l’attuale sistema scolastico italiano, sostenendo che dia troppo spazio ai temi umanistici piuttosto che a quelli tecnico-scientifici. «Il problema è capire se continuiamo a fare tre o quattro volte le guerre puniche nel corso di 12 anni di scuola – ha dichiarato Cingolani – o se caso mai le facciamo una volta sola, ma cominciamo a impartire un tipo di formazione un po’ più avanzata e più moderna, a partire dalle lingue e dal digitale».
Al di là della legittima opinione del ministro, non è vero che attualmente nella scuola italiana si studiano «tre o quattro volte» le guerre puniche, quelle combattute tra Roma e Cartagine nel terzo e secondo secolo avanti Cristo. Il numero corretto è due.
Che cosa si insegna alle elementari e alle medie
Come spiega il sito ufficiale del Ministero dell’Istruzione, alle elementari (scuola primaria) gli obiettivi di apprendimento per ciascuna disciplina – dall’italiano alla geografia, passando per la matematica – sono fissati dalle “Indicazioni nazionali per il curriculo”, contenute in un decreto ministeriale del 2012.
Discorso analogo vale per le scuole medie (scuola secondaria di primo grado), che insieme alle elementari formano il primo ciclo di istruzione nel sistema scolastico italiano.
Che cosa c’è scritto in queste indicazioni a proposito dell’insegnamento di storia? «Alla scuola primaria sono assegnate le conoscenze storiche che riguardano il periodo compreso dalla comparsa dell’uomo alla tarda antichità», chiarisce la seconda parte dell’allegato al decreto con le indicazioni nazionali. «Alla scuola secondaria le conoscenze che riguardano il periodo compreso dalla tarda antichità agli inizi del XXI secolo. L’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado viene dedicato allo studio della storia del Novecento».
Dunque negli otto anni del primo ciclo di istruzione (cinque alle elementari e tre alle medie), le tre guerre puniche, combattute tra Roma e Cartagine tra il terzo e il secondo secolo avanti Cristo, sono insegnate solo alle elementari, visto che rientrano nella parte iniziale della storia romana.
Di norma, insomma, le guerre puniche si studiano in quinta elementare. Alle medie l’insegnamento della storia non ricomincia dagli inizi della civiltà e dunque si riprende solitamente dal periodo della fine dell’impero romano, parecchi secoli dopo le guerre contro Cartagine. Ciò naturalmente non toglie che, in teoria, un insegnante particolarmente affezionato alle storie di Roma possa decidere di cominciare il suo programma dall’inizio della storia romana e dedicarci qualche lezione: ma non è questo il percorso più diffuso.
Che cosa si insegna alle superiori
Il discorso si fa più articolato invece per le scuole secondarie di secondo grado, che richiedono dai quattro ai cinque anni di frequentazione e che non prevedono un’unica tipologia scolastica (com’è per elementari e medie). Tra le secondarie di secondo grado troviamo infatti i licei (tra cui i classici, scientifici, linguistici), gli istituti tecnici e quelli professionali. Ognuno di questi, spiega il Ministero dell’Istruzione, ha le proprie caratteristiche e le proprie indicazioni per quanto riguarda i percorsi di studio.
In generale possiamo comunque dire che le guerre puniche sono oggetto di studio anche alle superiori, come dimostrano due esempi concreti.
Il piano di studi dei licei classici è stabilito dall’allegato C delle indicazioni nazionali ministeriali del 2010. Qui si legge che i primi due anni di liceo classico saranno dedicati «allo studio delle civiltà antiche e di quella altomedievale». Tra i «nuclei tematici» viene citata la «civiltà romana», dunque anche le guerre puniche. Queste ultime sono insegnate anche, tra le altre scuole secondarie di secondo grado, negli istituti tecnici.
Ricapitolando: in base all’indicazione del Ministero dell’Istruzione, i conflitti tra Roma e Cartagine vanno studiati due volte: una volta alle elementari e una volta nella scuola secondaria di secondo grado. Cingolani dunque esagera quando sostiene che questo argomento venga insegnato «tre o quattro volte» nel corso di dodici anni di scuola.
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