Sui migranti Meloni gonfia i risultati al Consiglio europeo

Secondo la presidente del Consiglio le conclusioni del vertice dimostrano un cambio di «approccio» rispetto al passato: è davvero così?
ANSA
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Durante il Consiglio europeo tenutosi a Bruxelles il 9 e 10 febbraio, i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri dell’Unione europea si sono confrontati, tra le altre cose, anche sulla gestione dell’immigrazione. Proprio su questo punto, in una conferenza stampa al termine del vertice, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è detta particolarmente «soddisfatta», attribuendo meriti al suo governo. Secondo Meloni, infatti, le conclusioni del Consiglio europeo dimostrerebbero un cambio di «approccio» dell’Ue verso i migranti che dal Nord Africa cercano di raggiungere le coste europee, in particolare quelle italiane. 

Quanto è fondato questo ottimismo? Abbiamo analizzato le conclusioni di alcuni Consigli europei del passato: la presidente del Consiglio sembra aver esagerato quanto ottenuto dal suo governo nelle trattative con gli altri Paesi.

La «risposta europea» non è una novità

Partiamo dalle cosiddette “conclusioni” del Consiglio europeo: queste sono contenute in un testo che viene pubblicato al termine di ogni vertice per fissare le questioni di maggiore interesse per i capi di Stato e di governo dell’Ue e per individuare gli obiettivi da raggiungere. Ricordiamo che il ruolo principale del Consiglio europeo è quello di orientare l’agenda politica dell’Ue.

Secondo Meloni, le conclusioni del Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio hanno dimostrato che l’approccio dei Paesi membri è ora «molto diverso da quello che noi abbiamo visto negli ultimi anni». «L’approccio che il Consiglio europeo mette “nero su bianco” nella giornata di ieri parte da una frase che non si era mai riusciti a mettere su un documento di questo tipo: “L’immigrazione è un problema europeo e ha bisogno di una risposta europea”», ha dichiarato la presidente del Consiglio in conferenza stampa.

In effetti, nelle conclusioni del vertice del 9 e 10 febbraio, la sezione dedicata alla “Migrazione” si apre con questa frase: «Il Consiglio europeo ha discusso della situazione migratoria, una sfida europea che richiede una risposta europea». Su questo punto gli Stati membri hanno concordato sulla necessità di introdurre misure per rafforzare i controlli dei confini esterni dell’Ue, tra cui quelli nel Mar Mediterraneo, e per potenziare gli accordi di cooperazione e di rimpatrio con i Paesi da dove provengono i migranti. 

A differenza di quanto sostenuto da Meloni, però, in passato anche altre conclusioni del Consiglio europeo avevano usato l’espressione “risposta europea” parlando di immigrazione. «Per prevenire e contrastare efficacemente l’immigrazione irregolare alle frontiere marittime meridionali dell’Ue, evitando così future tragedie umane, è essenziale una risposta europea determinata, ispirata ai principi di fermezza, solidarietà e responsabilità condivisa», si legge nelle conclusioni di un Consiglio europeo tenutosi addirittura 14 anni fa, a giugno 2009. «Il Consiglio europeo conferma la propria strategia globale intesa ad affrontare la crisi migratoria. Diversi elementi della nostra risposta europea comune sono ormai istituiti e stanno dando i loro frutti», recitano invece le conclusioni di un vertice di marzo 2016. Due anni dopo, a giugno 2018, gli Stati membri scrivevano che la gestione dell’immigrazione «è una sfida, non solo per il singolo Stato membro, ma per l’Europa tutta».

La protezione delle «frontiere esterne»

Dunque il riferimento alla necessità di trovare una «risposta europea» all’immigrazione, vista come un problema comune dei 27 Stati Ue, non sembra essere una novità. Così come non lo è il riferimento alla «protezione delle frontiere esterne», un altro elemento che secondo Meloni dimostrerebbe il cambio di approccio dell’Ue verso i migranti. Per fare un esempio, nelle conclusioni di un Consiglio europeo di ottobre 2016 una sezione era intitolata «Prevenire l’immigrazione illegale lungo la rotta del Mediterraneo centrale». In quell’occasione si ribadiva la necessità di stringere legami più forti con i Paesi di partenza e di «affrontare le cause profonde della migrazione».

Nelle già citate conclusioni del vertice di giugno 2018, quando c’era il primo governo di Giuseppe Conte, si leggono le seguenti parole: «Per quanto riguarda la rotta del Mediterraneo centrale, dovrebbero essere maggiormente intensificati gli sforzi per porre fine alle attività dei trafficanti dalla Libia o da altri Paesi. L’Ue resterà al fianco dell’Italia e degli altri Stati membri in prima linea a tale riguardo». Nel testo c’era anche un riferimento alla questione delle navi Ong, sulle cui operazioni di salvataggio è intervenuto a fine dicembre scorso il governo Meloni con un decreto-legge, ora all’esame del Parlamento. «Tutte le navi operanti nel Mediterraneo devono rispettare le leggi applicabili e non interferire con le operazioni della guardia costiera libica», dichiaravano congiuntamente gli Stati membri oltre quattro anni fa.

Le proposte della Commissione Ue

Durante la conferenza stampa al termine del vertice del 9-10 febbraio, in risposta a una domanda del giornalista di Radio Radicale David Carretta, Meloni ha ulteriormente difeso la sua posizione, dicendo che in più, rispetto alle conclusioni del passato, ora esiste un piano d’azione della Commissione europea sull’immigrazione. Il riferimento è alle 20 misure proposte alla fine di novembre 2022 dalla Commissione europea per ridurre l’immigrazione irregolare in Europa. Queste misure si articolano lungo tre direttrici: collaborare con Paesi come la Tunisia, la Libia e l’Egitto per controllare di più le partenze dei migranti; promuovere strategia «più coordinata» in materia di ricerca e soccorso nel Mediterraneo; e rafforzare l’attuazione del meccanismo volontario di redistribuzione dei migranti introdotto a giugno 2022, che però fino a oggi non ha portato a risultati soddisfacenti. Vari osservatori avevano sottolineato come le proposte della Commissione Ue fossero parecchio generiche e già sentite in passato.

Presentare questa iniziativa come una novità sembra quindi esagerato. Tra l’altro, a settembre 2020 la Commissione europea aveva già presentato un “Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo”, una serie di proposte normative e iniziative per la gestione dei flussi migratori. Tra le varie misure si proponeva di rafforzare i controlli alle frontiere, migliorare le procedure di ricollocamento dei migranti e le procedure di salvataggio in mare.

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