Ora il Partito democratico ha due manifesti

L’Assemblea nazionale del partito ha approvato un nuovo manifesto, senza però abrogare quello vecchio del 2008: ecco in che cosa sono diversi i due testi e quali sono le posizioni dei candidati alla segreteria
ANSA
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A poco più di un mese dalle primarie che si terranno il prossimo 26 febbraio, il 21 gennaio si è tenuta a Roma l’Assemblea costituente del Partito democratico. Qui è stato approvato il nuovo “Manifesto dei valori e dei principi” del partito con 450 voti favorevoli, 18 contrari e 22 astenuti. Una prima bozza del documento era stata presentata dal segretario uscente Enrico Letta il 18 gennaio in una riunione del Comitato costituente. Questo comitato è un organo istituito il 1° dicembre scorso, composto da politici e personalità vicine al Partito democratico, che si è occupato di redigere il manifesto. 

Subito dopo la presentazione di questa bozza, alcuni commentatori si sono chiesti come avrebbero fatto i vertici del partito a convincere le aree più moderate del Pd a votare il testo, considerato ideologicamente più di sinistra rispetto al vecchio manifesto, approvato nel 2008 alla fondazione del partito. Un’ipotesi era votare il manifesto “con riserva”, lasciando alla nuova assemblea il compito di approvarlo definitivamente, magari con alcune modifiche. Un’altra ipotesi era che il nuovo manifesto entrasse in vigore senza archiviare il precedente. E così è stato.

«Questo manifesto non si ponga il problema dell’abrogazione del lavoro che fu fatto alla nascita del Pd, da giganti, rispetto ai quali non mi sento di paragonarmi, che rimane parte dell’atto di nascita del nuovo Pd»

Enrico Letta, dal discorso all‘assemblea del 21 gennaio

Ora il Partito democratico ha di fatto due manifesti in vigore: uno approvato 15 anni fa e un altro in vigore da pochi giorni.  Ma che rapporto c’è tra i due testi? Quanto sono simili o diversi tra loro? E che cosa ne pensano i candidati alla segreteria?

I due manifesti

Il manifesto è un documento fondamentale per un partito perché elenca i valori e i principi alla base della sua attività politica. Non a caso, l’idea di aggiungere l’aggettivo “costituente” a tutti gli organi al lavoro sul congresso del Partito democratico (lo stesso congresso è stato definito “Congresso costituente”) rimanda ai lavori che nel 1947 portarono l’Assemblea costituente della neonata Repubblica italiana a redigere la Costituzione. Tuttavia, come hanno fatto notare alcuni commentatori, il fatto che oggi il Pd abbia due manifesti sarebbe come affermare che uno Stato abbia due Costituzioni.

Il testo approvato nel 2008 e quello votato il 21 gennaio 2023 hanno vari punti in comune, tra cui la tutela dei diritti, la difesa della Costituzione e della democrazia, il dialogo con l’Europa e l’attenzione verso i giovani e le disuguaglianze sociali. Il nuovo manifesto dedica però più spazio alla questione ambientale, ponendo lo sviluppo sostenibile al primo posto tra gli obiettivi del nuovo Partito democratico con la lotta alle disuguaglianze e la difesa della democrazia. 

La differenza tra i due manifesti che ha fatto più discutere riguarda il posizionamento dello Stato italiano all’interno dell’economia di mercato. Il primo manifesto afferma che «un mercato aperto è strumento essenziale per la crescita» e che il compito dello Stato «non è interferire nelle attività economiche, ma fissare le regole per il buon funzionamento del mercato». Il nuovo manifesto parla più volte di «Stato regolatore», che possa «orientare la dinamica dei mercati, inclusi quelli finanziari, verso gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile». 

Questo cambio di rotta è stato letto come un’apertura del Partito democratico ad Articolo uno, il partito nato nel 2017 in seguito a una scissione con il Pd,  che ha partecipato ai lavori congressuali e di cui il segretario Roberto Speranza è stato nominato garante insieme a Letta. Non a caso, gli esponenti dell’area progressista e di sinistra del Partito democratico sono stati quelli che hanno valutato meglio il nuovo manifesto. L’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando, per esempio, lo ha definito «un buon compromesso». 

Al netto dei giudizi di merito, al momento non è chiaro come i due testi saranno utilizzati e quale sarà la posizione del partito sui punti di differenza tra i due manifesti.

I giudizi dei candidati

Sul nuovo manifesto i quattro candidati alla segreteria del Partito democratico – Stefano Bonaccini, Gianni Cuperlo, Elly Schlein e Paola De Micheli – hanno espresso posizioni piuttosto diverse tra loro.

Il più critico con il documento è stato il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, appoggiato dall’ala riformista e moderata del partito. «A me il manifesto del 2007 pare ancora attuale», ha detto Bonaccini nel suo intervento all’Assemblea nazionale.

Di parere opposto è stata invece la deputata ed ex vicepresidente della Regione Emilia-Romagna Elly Schlein, considerata la principale sfidante di Bonaccini, appoggiata dagli esponenti di sinistra del Pd e probabilmente anche da Articolo uno. «Oggi è un bel giorno perché si fa partire una storia nuova, con un manifesto che mette al centro le questioni che la destra non affronta: il clima, il lavoro precario e le disuguaglianze», ha dichiarato Schlein alla fine della riunione. Secondo fonti stampa, anche il deputato Gianni Cuperlo avrebbe accolto positivamente il nuovo testo.

Infine, la deputata Paola De Micheli ha promosso solo parzialmente il nuovo manifesto. «Ritengo che il testo del manifesto abbia alcune conquiste e molte lacune», ha dichiarato l’ex ministra delle Infrastrutture a L’Avvenire.

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