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Il 19 luglio è stata pubblicata su Netflix la terza stagione della Casa di carta, la serie tv non in lingua inglese più vista nella storia della piattaforma di streaming statunitense.
In un precedente fact-checking, abbiamo verificato il famoso monologo del Professore nella penultima puntata della seconda stagione, in cui paragonava il suo piano di stampare 2,4 miliardi di euro con le politiche economiche della Banca centrale europea.
I nuovi otto episodi si concentrano, questa volta, sul tentativo di rapina dei lingotti d’oro custoditi dalla banca centrale spagnola.
Riducendo al minimo gli spoiler, abbiamo raccolto dieci curiosità sul nuovo obiettivo della banda di ladri mascherati da Salvador Dalì e capitanati dal Professore.
Quanto oro è posseduto dalla Banca di Spagna, e dove viene conservato? La serie tv è realistica nel raccontare i sistemi di difesa della banca? Ma facendo un passo indietro, perché proprio l’oro è diventato nella storia il materiale più utilizzato come riserva di valore? Partiamo proprio da questa ultima domanda.
L’oro, e nessun altro
La risposta è semplice e risiede nelle caratteristiche chimico-fisiche dell’oro. In sostanza, le sue proprietà fanno sì che sia l’elemento migliore in assoluto per conservare e trasportare ricchezza.
Come ha spiegato in un’intervista del 2013 con la Bbc Andrea Sella, professore di chimica presso l’University College di Londra, tutti gli altri elementi della tavola periodica presentano alcuni difetti che, per quanto piccoli, rendono l’oro tanto unico quanto prezioso.
Se si escludono gli elementi gassosi e liquidi (difficili da trasportare), quelli sintetici (creati in laboratorio), i metalli particolarmente reattivi (come il sodio e il potassio), quelli difficili da estrarre (come l’alluminio) o da fondere (come il titanio) e i metalli che reagiscono facilmente all’aria o all’acqua (come il ferro), si resta solamente con otto elementi a disposizione: platino, palladio, rutenio, rodio, iridio, osmio, oro e argento.
Questi elementi hanno alcune caratteristiche che li rendono perfetti per conservare ricchezza: tra le altre cose, sono rari e non reagiscono con gli altri elementi della tavola periodica.
Il problema è che il platino, il palladio, il rutenio, il rodio, l’iridio e l’osmio sono troppo rari, a tal punto da non essere sufficienti per poter coniare un numero rilevante di monete.
Al contrario, l’argento e l’oro sono più comuni e hanno una temperatura di fusione sufficientemente bassa per essere trasformati facilmenti in monete o lingotti. Tuttavia, mentre l’argento si può ossidare, annerendosi, l’oro rimane inalterato e luccicante, conservando il suo aspetto nei secoli.
«L’oro è incorruttibile, cioè non arrugginisce, non si altera con il tempo: l’oro delle nostre fedi nuziali potrebbe essere stato estratto 2.000 anni fa», scrive Salvatore Rossi, ex direttore generale della Banca d’Italia, nel libro Oro, pubblicato da Il Mulino nel 2018 e interamente dedicato al metallo prezioso.
Ricapitolando: tra tutti gli elementi esistenti al mondo, l’oro presenta una serie di caratteristiche che – insieme alla sua naturale bellezza – lo rendono da millenni il metallo più pratico per conservare la ricchezza.
“Quanto oro ti darei…”
Ma quanto oro c’è sul nostro pianeta? È impossibile rispondere con un numero preciso a questa domanda, ma esistono alcune stime.
Secondo il World Gold Council (un’associazione delle principali aziende minerarie che operano nel settore aureo), è stato estratto dall’uomo circa il 90 per cento dell’oro presente sulla Terra. Si tratta, più o meno, di circa 187.200 tonnellate d’oro.
Secondo un’altra stima fatta dal Gold Fields Mineral Services (una società di consulenza e ricerca), l’uomo ha estratto un po’ meno: circa 171 mila tonnellate d’oro. Messe insieme occuperebbero lo spazio di un cubo alto 20 metri per lato, ossia un volume di 8 mila metri cubi.
In totale, tutto l’oro ad oggi minato potrebbe essere contenuto in poco più di tre piscine olimpioniche (che deve essere lunga 50 metri, larga 25 metri e alta almeno 2 metri, per un volume pari a 2.500 metri cubi).
Quanto oro hanno le banche centrali
Ma quanta parte dell’oro estratto è posseduto dalle banche centrali in giro per il mondo?
Secondo i dati del World Gold Council aggiornati ad aprile 2019, i primi 10 Stati per quantità d’oro custodito detengono oltre 23 mila tonnellate.
Al primo posto ci sono gli Stati Uniti (con oltre 8.133 tonnellate), seguiti dalla Germania (circa 3.370 tonnellate), l’Italia (2.452 tonnellate) e la Francia (2.436 tonnellate). Oltre agli Stati, il Fondo monetario internazionale possiede 2.814 tonnellate d’oro, quantità che lo porrebbe al terzo posto della classifica.
Quanto ne abbiamo a Roma
Come spiega il sito della Banca d’Italia, il quantitativo totale di oro di proprietà dell’istituto è costituito prevalentemente da lingotti (moltissimi lingotti: quasi 95.500) e per una parte minore da monete, per un valore complessivo di quasi 91 miliardi di euro.
Quest’oro però – così come per le altre banche centrali – non si trova tutto nel nostro Paese, ma è depositato in altri tre Paesi: Regno Unito (141,2 tonnellate), Svizzera (149,3 tonnellate) e Stati Uniti (1.061,5 tonnellate). Il restante 45 per cento circa è conservato in Italia.
«La scelta di dislocare all’estero poco più della metà del metallo, presso diverse Banche Centrali, deriva, oltre che da ragioni storiche, legate ai luoghi in cui l’oro fu acquistato, anche da una strategia di diversificazione finalizzata alla minimizzazione dei rischi», spiega la Banca d’Italia. «Inoltre, la localizzazione prescelta dalla Banca riflette la primaria importanza di tali piazze finanziarie per il mercato internazionale dell’oro».
Sempre per quanto riguarda il nostro Paese, la maggior parte dei lingotti è di forma prismatica, mentre altri hanno forma di parallelepipedo o mattone (di tipo americano) e di panetto (di tipo inglese). Il peso medio di ogni lingotto è poco superiore ai 12,5 kg, mentre la percentuale media di oro fino usata nella lega è di 996,2.
«Una distesa di oro»
Lo spettacolo di fronte alle centinaia di tonnellate d’oro presenti nella Banca d’Italia è descritto da Rossi in Oro, che riporta lo stupore dei visitatori accompagnati nelle profondità della banca centrale italiana.
«Infine l’oro. Una distesa di oro, un mare di oro, montagne di oro. Lingotti a perdita d’occhio. Questo, credo, c’è di comune fra i visitatori del passato e del presente: lo sbigottimento di fronte alle montagne d’oro distese davanti agli occhi», racconta Rossi. «La gran parte i lingotti sono conservati in armadi metallici, con delle grate al posto delle pareti, ma molti sono adagiati per terra, in lunghi cumuli ordinati».
E la Banca di Spagna?
Vediamo ora alcuni dati sulla banca centrale spagnola e il suo oro, al centro nella terza stagione della Casa di carta.
Secondo il bollettino annuale della Banca di Spagna, a fine 2018 le riserve di oro dell’istituto ammontavano a 9,054 milioni di oncie di Troy, pari a 281,611 tonnellate di oro. Un’oncia di Troy è un’unità di misura che viene utilizzata per pesare i metalli: il suo valore corrisponde a 31,10348 grammi.
In sostanza, la banca centrale spagnola ha quasi 9 volte in meno l’oro posseduto dalla sua omologa italiana.
Il valore sul mercato dell’oro della Banca di Spagna era stimato a fine 2018 in 10,149 miliardi di euro, in aumento di circa 354 milioni di euro rispetto al 2017. Il motivo di questo incremento è imputabile a un aumento del prezzo dell’oro, cresciuto di circa il 3 per cento dalla fine del 2017 alla fine del 2018, e non a un’acquisizione di nuove riserve auree da parte dell’istituto di Madrid (il valore dell’oro è infatti passato da 34,91 euro al grammo a fine dicembre 2017 a 35,96 euro al grammo a fine dicembre 2018).
La Banca centrale spagnola ha terminato le operazioni di compravendita di oro nel 2007 quando, dopo una serie di cessioni, è passata dal possedere 523,4 tonnellate di oro alle attuali 281,6 (-53,8 per cento).
La (vera) camera dell’oro
Un articolo pubblicato da El País il 26 luglio 2019 si è chiesto se la descrizione della Banca di Spagna, così come rappresentata nella Casa di carta, corrisponda alla realtà o sia il frutto di una finzione cinematografica.
Innanzitutto, le riprese del tentativo di rapina non si sono tenute nell’edificio della banca centrale spagnola (a Calle de Alcalá, 48, a Madrid), ma per – ovvi – motivi di sicurezza sono state condotte all’interno del Ministero dello Sviluppo del Paese.
La camera della Banca di Spagna in cui è conservato l’oro – spiega El País –è stata costruita poco prima della guerra civile spagnola, iniziata nel 1936. È grande 2.500 metri quadrati ed è situata in effetti, come viene detto nella serie, sotto terra, a 35 metri di profondità.
A sua difesa, ci sono diverse porte blindate: la più grande – e la prima a essere attraversata – pesa oltre 16 tonnellate, mentre le altre hanno un peso tra le 9 e le 14 tonnellate.
Nella Casa di carta – forse per motivi di sceneggiatura – viene mostrata solo una porta blindata. Ma questa non è l’unico dettaglio che non corrisponde alla realtà.
L’acqua e il meccanismo di sicurezza
Nella serie si racconta che uno degli ostacoli maggiori per accedere alla camera in cui è conservato l’oro riguarda un particolare meccanismo di sicurezza. Nel caso di ingresso non autorizzato, la stanza con i lingotti viene completamente allagata, per rendere di fatto impossibile il trasporto dell’oro.
Secondo le informazioni fornite dalla Banca di Spagna a El País, questo sistema di sicurezza esiste davvero, ma non è come appare nella serie. La differenza principale è che ad allagarsi in caso di tentativo di rapina non è la stanza con i lingotti, ma quella d’accesso, che nella Casa di carta non compare.
Questa sala è di fatto una vera e proprio “fossa”, ed è collegata con la camera dell’oro con un ponte retrattile, che può essere percorso solo da una persona alla volta. In caso di ingresso di ladri, questa stanza viene inondata da due corsi d’acqua sotterranei: «Il Las Pascualas, che scorre quasi a livello della superficie lungo il Paseo de la Castellana – scrive El País – e l’Oropesa, che scende lungo la via Alcalá e alimenta la fontana di Cibeles».
Secondo fonti della banca centrale spagnola, questo meccanismo di sicurezza non è mai stato attivato.
I lingotti non sono banconote
Alcuni dipendenti della Banca di Spagna hanno inoltre raccontato al quotidiano spagnola altre incongruenze nella serie tv.
In una scena, per esempio, si vedono alcuni protagonisti prendere in mano un paio di lingotti con estrema facilità, una cosa impossibile nella realtà.
L’oro è infatti davvero molto pesante. Non sappiamo quanto siano pesanti i lingotti nella Banca di Spagna, ma come abbiamo visto per la Banca d’Italia, si suppone che il loro peso medio superi i 10 chili, rendendo la loro maneggiabilità assai difficile.
L’enigma dell’oro
Da un lato, l’oro come strumento per accumulare ricchezza sembra essere ormai anacronistico. Nell’epoca delle carte di credito e delle transazioni digitali – insomma, del denaro immateriale – sembra che questo metallo prezioso abbia esaurito la sua funzione.
«L’oro è dimenticato persino dai dentisti, figuriamoci da chi produce e maneggia denaro», scrive Rossi in Oro.
Nonostante questo, l’oro resta comunque uno dei beni rifugio per eccellenza, tanto che abbiamo visto è conservato ancora in migliaia di tonnellate dalle banche centrali.
Perché? Se l’oro ha perso importanza, che cosa se ne fanno le banche? Sembrerebbe essere una specie di «enigma», usando le parole di Rossi.
«L’argomento principale addotto per spiegare come mai una banca centrale moderna, in tempi di denaro totalmente fiduciario, debba continuare ad accumulare un “relitto barbarico” come l’oro è: perché è come l’argenteria di famiglia, è come l’orologio prezioso del nonno, è l’estrema risorsa in caso di crisi, di una qualsivoglia crisi che faccia venir meno la fiducia internazionale nei confronti del Paese», spiega l’ex direttore generale della Banca d’Italia.
In effetti, di recente si è affacciata nel dibattito l’idea che il nostro Paese possa usare le sue riserve d’oro per ripagare una parte del debito pubblico. Come abbiamo spiegato in un nostro precedente fact-checking, il governo non può incidere direttamente sulle scelte della Banca d’Italia e costringerla a vendere l’oro per finanziare la spesa pubblica.
C’è poi un ulteriore problema.
«Riversare 2.500 tonnellate sul mercato mondiale dell’oro lo squilibrerebbe moltissimo. Un aumento dell’offerta di quell’ordine di grandezza farebbe crollare vertiginosamente il prezzo», chiarisce Rossi.
«Dunque l’oro continua e, temo, continuerà per molti anni o secoli a essere stipato in forzieri e caveaux da parte di risparmiatori privati come di soggetti pubblici. Un enigma, perché il suo valore eccede di gran lunga quello che discenderebbe dai soli usi industriali e si regge sul fatto che tutti glielo riconoscono. Come tutti riconoscono al denaro, che sia pezzo di carta o di plastica o bit digitale, un valore stabilito convenzionalmente da qualcuno, tipicamente una banca centrale».