Lega e Pd litigano sull’immigrazione: il fact-checking

Secondo Salvini oggi gli arrivi sono decuplicati rispetto a quando era al Viminale, mentre Letta ha ricordato le sue promesse, non mantenute, sui rimpatri. Entrambi hanno ragione.
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Dall’inizio della campagna elettorale per le elezioni del prossimo 25 settembre, la Lega ha ricominciato a parlare con toni particolarmente allarmistici del tema dell’immigrazione. Il segretario della Lega Matteo Salvini, che ha dichiarato l’intenzione di tornare a fare il ministro dell’Interno, ha per esempio ribadito più volte che il centro di accoglienza dell’isola di Lampedusa è ormai «al collasso», sottolineando l’aumento degli sbarchi rispetto a quando era lui il responsabile del Viminale.

Anche il Partito democratico si è inserito in questo dibattito, ad esempio ricordando che quando Salvini era ministro dell’Interno con il primo governo Conte, tra il 2018 e il 2019, il numero di rimpatri è sostanzialmente rimasto uguale agli anni precedenti, nonostante il leader leghista avesse promesso di aumentare le espulsioni. 

La propaganda relativa al tema dell’immigrazione non è un fenomeno nuovo nel dibattito politico italiano. Ma cosa c’è di vero in queste affermazioni? Al di là delle differenze di opinioni, abbiamo guardato ai dati per fare un po’ di chiarezza.

I numeri di Salvini

Il 27 luglio, Salvini ha pubblicato sui propri canali social una grafica in cui critica la gestione dell’immigrazione dell’attuale governo, affermando che tra il 1° gennaio e il 26 luglio 2019, quando lui era ministro dell’Interno, gli arrivi erano stati 3.589, mentre nello stesso periodo del 2022, con la ministra Luciana Lamorgese, la cifra è più che decuplicata, toccando 37.415 sbarchi. Nel post si legge: «Ridateci Salvini a difendere i confini!», e si vede un countdown che indica i 60 giorni mancanti al voto del 25 settembre. 
I dati indicati da Salvini sono corretti e riportati dallo stesso Ministero dell’Interno nel suo “cruscotto statistico giornaliero” (qui quello del 26 luglio 2019, e qui quello di quest’anno). In realtà, gli arrivi erano iniziati a diminuire già nella seconda metà del 2017, durante il governo Gentiloni, con Marco Minniti (Pd) ministro dell’Interno. Dunque prima dell’insediamento di Salvini al Viminale. In generale però è vero che, dopo un calo nel periodo 2018-2019, negli ultimi anni tre anni il numero di migranti arrivati in Italia è aumentato progressivamente.
La situazione però è ancora lontana dai picchi di arrivi raggiunti negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017, quando da gennaio a luglio arrivarono in Italia rispettivamente 88 mila, 94 mila, 88 mila e 93 mila migranti: numeri superiori al doppio di quelli attuali.

La risposta del Pd e la questione dei rimpatri

Sempre il 27 luglio il Partito democratico ha attaccato Salvini per le promesse fatte in materia di immigrazione durante la scorsa campagna elettorale e poi non mantenute. 

In una grafica diffusa sui social il Pd ha ricordato come, durante la campagna elettorale per le elezioni del 2018, il leader della Lega avesse promesso prima che avrebbe fatto «centomila espulsioni all’anno», poi – abbassando un po’ il tiro – che avrebbe espulso «100» persone al giorno (dunque più o meno 36.500 all’anno). Promesse che sarebbero state ampiamente disattese: durante il mandato da ministro di Salvini, secondo il Pd, i rimpatri sono stati meno di 20 al giorno.

Prima di vedere i numeri facciamo chiarezza sui termini. Generalmente, quando si parla di “rimpatri” si fa riferimento all’allontanamento dall’Italia di cittadini stranieri, ma il quadro legale in questo ambito è in realtà molto complesso. Semplificando, dopo la comunicazione del provvedimento di espulsione lo straniero è obbligato a lasciare l’Italia in due modi. Il rimpatrio volontario, ossia la partenza con mezzi propri o assistita con fondi speciali (il cosiddetto «rimpatrio volontario assistito»), dovrebbe essere la via preferenziale secondo le direttive europee. Altrimenti viene attuato il rimpatrio forzato, che di fatto consiste nell’accompagnamento coatto al Paese di origine, per esempio con voli aerei (quelli a cui faceva riferimento Salvini nelle sue promesse elettorali). A volte con “espulsioni” si fa riferimento solo ai rimpatri forzati ma, in questo caso, sia Pd che Lega sembrano intendere con “espulsioni” tutti i rimpatri, volontari o forzati.

Vediamo ora i numeri. A differenza di quelli sugli arrivi, il Ministero dell’Interno pubblica i dati sui rimpatri solo con cadenza annuale, nel “Dossier Viminale” che esce ogni anno il 15 agosto e considera i 12 mesi precedenti. Secondo questi dati, tra il 1° agosto 2018 e il 31 luglio 2019, quando Salvini era ministro nel primo governo Conte, sono state rimpatriate 6.862 persone, con una media di 18,8 al giorno, ben lontana dalle «100» promesse. Il post del Partito democratico parla di «7.829 rimpatri», o 19,96 al giorno, ma non è chiaro a quale periodo faccia riferimento il dato: nell’immagine si legge «un anno con Salvini ministro (2018-2019)», ma Salvini è rimasto in carica dal 1º giugno 2018 al 5 settembre 2019. Al di là dei numeri precisi, però, il concetto rimane sostanzialmente corretto. 

Ricapitolando: è vero che gli sbarchi erano nettamente inferiori, rispetto ad oggi, quando Salvini era ministro dell’Interno (ma un drastico calo era iniziato già nel 2017, prima del suo insediamento). Allo stesso tempo è vero, come sottolineato dal Pd, che le promesse fatte in campagna elettorale da Salvini sulle “espulsioni” sono rimaste ampiamente disattese quando era ministro. 

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