Nella notte tra il 16 e il 17 febbraio alla Camera è stato approvato un emendamento al decreto “Milleproroghe” che ha posticipato al 1° gennaio 2023 l’entrata in vigore dell’abbassamento a mille euro come soglia massima per il pagamento in contanti. Salvo altre sorprese, quest’anno il tetto al contante rimarrà dunque fissato sugli attuali 2 mila euro.

La proroga, che aveva ricevuto il parere contrario del governo, è stata approvata in Commissione Bilancio con 39 voti favorevoli e 38 contrari, grazie ai voti dei partiti di centrodestra. Tra questi, diversi esponenti della Lega hanno esultato, sostenendo che il tetto al contante non serve per contrastare l’evasione fiscale.

L’ex sottosegretario all’Economia Massimo Bitonci ha per esempio dichiarato che «non esiste una correlazione diretta» tra limiti all’uso del contante e l’evasione del contante, come dimostrerebbe il caso della Germania, citato sui social anche dal leader della Lega Matteo Salvini. «A Berlino non hanno limiti e vantano un’evasione inferiore a quella italiana», ha scritto su Facebook Salvini.

In realtà, le cose sono più complicate di così. È vero che diversi Paesi in Europa non hanno un tetto al contante e hanno un’evasione fiscale più bassa di quella italiana. Ma alcuni studi scientifici hanno evidenziato che l’assenza di limiti al contante può incentivare l’evasione, cosa che sarebbe già successa nel nostro Paese.

I limiti in Europa

Secondo i dati raccolti dall’European Consumer Centres Network, creato nel 2005 dalla Commissione europea e dagli Stati membri per fornire assistenza ai consumatori, a inizio 2021 solo 12 Paesi su 30 in Europa (considerando anche Regno Unito, Norvegia e Islanda) avevano un limite all’uso del contante. Il tetto è presente soprattutto nei Paesi dell’Europa del Sud, più il Belgio, e in alcuni Stati dell’Europa dell’Est.

In Germania (abbiamo verificato e non ci sono state novità rispetto a un anno fa) il tetto all’uso del contante non esiste, ma chi vuole pagare somme superiori ai 10 mila euro deve fornire una serie di dati personali. Altri Paesi senza limiti sono l’Austria, il Regno Unito e i Paesi Bassi.

In effetti, come sottolineato dalla Lega, se si incrociano i dati dei Paesi con o senza il tetto al contante e i livelli di evasione fiscale, si scopre che non sembra esserci una relazione diretta tra le due cose. Detta altrimenti, Paesi con il limite al contante possono avere un’evasione fiscale superiore a quelli senza un limite. E questo è l’esempio dell’Italia e della Germania.

Ma un confronto di questo tipo rischia di essere fuorviante. I fattori che determinano il livello di evasione fiscale in un Paese sono molti: serve dunque una metodologia scientifica più accurata per cercare di isolare questi fattori e provare a quantificare quando effettivamente l’assenza o la presenza di un tetto al contante influenzi i comportamenti dei contribuenti.

Lo studio della Banca d’Italia

In soccorso ci viene uno studio pubblicato in inglese a ottobre 2021 dalla Banca d’Italia, intitolato: “Pecunia olet: uso del contante ed economia sommersa”. L’obiettivo dei tre economisti della banca centrale italiana è stato quello di provare a capire quando l’uso dei contanti possa contribuire all’aumento o meno dell’evasione fiscale.

Come prima osservazione, i ricercatori hanno sottolineato che su questo tema la letteratura scientifica è piuttosto scarsa e che finora ci sono pochi studi scientifici a favore della tesi secondo cui il tetto al contante limiterebbe l’economia sommersa. Per provare a colmare questa lacuna, la ricerca della Banca d’Italia ha impiegato dati relativi alle province italiane, per il periodo 2015-2017, provenienti da diverse fonti. Tra questi, ci sono le segnalazioni antiriciclaggio aggregate (S.ar.a) dell’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (Uif) della Banca d’Italia, sulle operazioni in contante presso gli sportelli bancari, e le stime Istat sull’economia sommersa, guardando alle sotto-dichiarazioni del fatturato da parte delle imprese.

A questi dati i ricercatori hanno applicato due modelli econometrici, in cui si è cercato di isolare il fattore “tetto al contante” per quantificarne il contributo sull’evasione. Secondo le conclusioni dello studio, un aumento dell’1 per cento delle transazioni in contanti si può tradurre – a parità di condizioni – in un aumento tra lo 0,8 per cento e l’1,8 per cento dell’economia sommersa. I ricercatori hanno inoltre stimato che l’aumento del tetto al contante da mille euro a 3 mila euro – introdotto con la legge di Bilancio per il 2016 per incentivare i consumi – avrebbe contribuito a far crescere le transazioni sconosciute al fisco.

«Sebbene siamo consapevoli che le nostre stime hanno dei limiti, in particolare nel controllare tutti i fattori che influenzano la propensione a evadere il fisco, le evidenze raccolte indicano che vincoli più stringenti all’uso del contante possono essere uno strumento efficace per contrastare l’evasione fiscale», hanno scritto i ricercatori della Banca d’Italia nelle conclusioni del loro studio.

In conclusione

Ricapitolando: confrontare i tassi di evasione fiscale dei Paesi con o senza tetto al contante ci dice poco sull’efficacia di questa misura nel contrastare l’evasione fiscale. Ad oggi sono pochi gli studi scientifici che provano con un largo consenso come limiti all’uso del contante si traducano automaticamente in meno evasione.

Ma a differenza di quanto sostenuto da diversi esponenti della Lega, alcune stime recenti dedicate proprio all’Italia mostrano comunque che il tetto al contante può essere una misura efficace in determinati contesti.