Nello scontro tra la Corte Costituzionale e il governo polacco da un lato, e l’Unione europea dall’altro, la destra italiana – in particolare Fratelli d’Italia – ha scelto di stare coi primi. Come vedremo meglio tra poco, Giorgia Meloni e altri esponenti di Fdi hanno infatti sposato la linea del governo polacco, il quale ha sostenuto che la decisione della propria Corte Costituzionale non sia differente da analoghe decisioni di altri corti costituzionali degli Stati Ue.

La decisione della Corte Costituzionale polacca

La Corte Costituzionale polacca il 7 ottobre ha stabilito l’incompatibilità con la Costituzione del proprio Paese di alcuni articoli dei Trattati dell’Unione europea nella loro interpretazione attuale, scatenando la durissima e immediata reazione da parte delle istituzioni comunitarie e dell’opposizione interna.

Il principio del primato del diritto dell’Unione europea – nelle materie di sua competenza – sui diritti nazionali, anche a livello costituzionale, è infatti considerato uno dei pilastri fondanti dell’Unione stessa. Senza, si rischierebbe un’applicazione difforme da Stato membro a Stato membro, con il conseguente rischio di discriminazione per i cittadini europei, che devono godere dei medesimi diritti – nelle materie di competenza comunitaria – in tutti i Paesi Ue. La negazione di questo primato da parte di uno Stato membro è dunque un fatto considerato molto grave dalle istituzioni Ue e, di conseguenza, si è iniziato a parlare di una possibile “Polexit”, cioè un’uscita della Polonia dall’Unione europea, per via giudiziaria.

Questa possibilità è stata immediatamente scartata dal governo nazionalista di Varsavia, che ha replicato alle accuse sostenendo – tra le altre cose – la tesi secondo cui la decisione della Corte Costituzionale polacca non sarebbe diversa da analoghe decisioni prese dai massimi organismi giudiziari di diversi Stati dell’Unione europea. Il premier polacco Mateusz Morawiecki (del partito di destra nazionalista Pis) il 18 ottobre, in una lettera indirizzata alle istituzioni comunitarie e ai capi di governo nazionali, ha sostenuto in particolare che «la Corte Costituzionale polacca non fa oggi niente di diverso da quanto fatto in passato dalle corti e dai tribunali di Germania, Francia, Italia, Spagna, Danimarca, Romania, Repubblica Ceca e altri Paesi Ue». L’eurodeputato polacco Patryk Jaki (del partito nazionalista di destra populista SP) ha anche diffuso una mappa che mostra 10 Paesi europei che avrebbero riconosciuto la superiorità della costituzione nazionale sul diritto dell’Ue.

La posizione di Fdi

Queste tesi hanno trovato eco nei partiti di destra in Italia, in particolare in Fratelli d’Italia. La leader di Fdi Giorgia Meloni il 10 ottobre aveva sostenuto che quanto deciso dalla Polonia «è esattamente quanto fatto più volte dalla Germania della Merkel». Più di recente, il 3 novembre, il senatore di Fratelli d’Italia Giovanbattista Fazzolari ha sostenuto (min. 0:55) in un intervento in aula che, a differenza di quanto successo per la Polonia, «non c’è stato scandalo quando identiche affermazioni le ha fatte la Corte Costituzionale tedesca, lo ha fatto la Francia, lo ha fatto la Danimarca, lo hanno fatto altri Paesi».

I nostri colleghi fact-checker polacchi di Demagog hanno pubblicato un lungo articolo che verifica in quali Paesi siano state effettivamente prese in passato decisioni analoghe a quella della Corte Costituzionale polacca del 7 ottobre 2021. La risposta, in sintesi, è “nessuno”. Ma vediamo – riassumendo e integrando il contenuto del lungo e approfondito articolo di Demagog – la situazione in Italia, in Germania e in generale negli altri Stati membri Ue citati dai politici polacchi.

La verifica di Demagog, in sintesi

In Italia ci sono dei limiti al primato del diritto Ue, ma solo in casi estremi

Come riportano correttamente i colleghi di Demagog, l’Italia riconosce oggi pienamente il primato del diritto comunitario su quello nazionale, anche se il percorso con cui i giudizi costituzionali italiani sono giunti a questo risultato è stato lungo e accidentato.

Senza voler qui ripercorrere tutte le varie sentenze che hanno portato al risultato finale – citiamo ad esempio la Costa-Enel del 1964, la Frontini del 1973 e la Granital del 1984 – possiamo dire che la situazione attuale è la seguente: il diritto dell’Unione europea prevale su quello italiano, anche sulla Costituzione, ed è direttamente invocabile dai cittadini italiani nei tribunali italiani. L’unico limite previsto dalla giurisprudenza costituzionale è che il diritto comunitario non potrebbe in nessun caso portare a una violazione dei principi fondamentali della Costituzione (ad esempio la forma repubblicana) o dei diritti umani inalienabili.

Come appare evidente, si tratta di un limite più teorico che reale, considerato che i diritti inalienabili e i principi fondamentali sono garantiti ampiamente dai trattati europei. Una situazione decisamente diversa da quella creata dalla sentenza della Corte Costituzionale di Varsavia.

La Germania ha creato un precedente, ma non paragonabile con quello polacco

Veniamo ora alla Germania, il Paese citato anche da alcuni politici italiani di destra per sostenere che la Polonia non abbia fatto nulla di inedito.

La questione della supremazia del diritto costituzionale tedesco su quello comunitario è emersa di recente nello scontro a proposito del programma di acquisto dei titoli di Stato (PSPP) da parte della Banca centrale europea (Bce). Sintetizzando: secondo i giudici costituzionali tedeschi, l’Unione europea avrebbe ecceduto le proprie competenze, quelle in cui – lo ribadiamo – viene riconosciuto il primato del diritto comunitario su quello nazionale. Secondo i giudici comunitari, non spetta però ai giudici tedeschi stabilire se l’Unione europea ecceda o meno le proprie competenze. La Germania è stata quindi sottoposta a giugno 2021 a una procedura di infrazione per questa decisione della sua Corte Costituzionale, volta a stabilire in maniera inequivocabile la supremazia del diritto comunitario. Il precedente costituito da questa sentenza della Corte di Karlsruhe viene infatti valutato come preoccupante.

Il paragone tra Germania e Polonia comunque non sta in piedi, come fa notare per esempio Alexander Thiele, professore di diritto costituzionale ed europeo della Business and Law School di Berlino, anche se è vero che la decisione tedesca sia un precedente che va in una direzione restrittiva circa il primato del diritto comunitario. In primo luogo, secondo Thiele, la Polonia ha messo in discussione i trattati e la loro interpretazione, mentre la Germania un atto secondario (un programma di acquisto di titoli di Stato). In secondo luogo, la supremazia della Costituzione polacca rivendicata dai giudici di Varsavia non incontra particolari limiti, mentre i giudici tedeschi si muovono in un ambito più ristretto. E l’elenco degli argomenti di Thiele prosegue, ad esempio osservando anche che la Corte Costituzionale polacca mette in discussione la possibilità per i giudici interni di invocare direttamente il diritto comunitario, mentre niente del genere è stato stabilito dai giudici costituzionali tedeschi, e via dicendo.

Negli altri Paesi Ue non ci sono state sentenze paragonabili

A livello generale – per l’analisi Paese per Paese rimandiamo al lungo e approfondito articolo di Demagog – la conclusione è che non risulta ci sia alcuna sentenza delle corti costituzionali degli altri Paesi europei che tratti la questione della costituzionalità delle disposizioni dei trattati Ue, o della loro interpretazione, in modo paragonabile a quanto fatto dalla Corte Costituzionale polacca.

Ci sono state, nei vari Stati, sentenze che hanno posto a volte dei limiti alla supremazia del diritto comunitario – ad esempio la Francia prevede che questo non possa portare a una violazione della sua “identità costituzionale” – ma mai è stato stabilito, come fatto dalla Polonia, che alcune disposizioni dei trattati dell’Unione europea, nell’interpretazione che ne dà la Corte di Giustizia dell’Ue, siano incompatibili col diritto costituzionale interno e che quest’ultimo prevalga.

Dunque il confronto tra Polonia e altri Paesi è fuorviante.

In conclusione

Diversi politici italiani, in particolare di Fdi, si sono schierati con il governo polacco, che ha difeso la decisione della propria Corte Costituzionale del 7 ottobre di contestare il primato del diritto comunitario sul proprio diritto costituzionale, sostenendo che anche le corti di altri Paesi abbiano fatto lo stesso.

Abbiamo qui riportato l’approfondita analisi dei nostri colleghi polacchi di Demagog, integrandola parzialmente, da cui risulta che questo paragone è fuorviante: in nessuno Stato Ue, per quanto possano essere state espresse delle posizioni sfumate sul primato del diritto comunitario, stabilendo alcuni limiti, sono state assunte decisioni paragonabili a quella dei giudici costituzionali polacchi.