La carica dei “nanetti”: come partiti minuscoli sono finiti al governo dell’Italia

Ansa
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La seconda Repubblica si è distinta per un’estrema frammentazione politica. Accanto ai partiti maggiori hanno spesso trovato rappresentanza in Parlamento tante formazioni minori, mentre altre sono nate dalla scissione di gruppi politici già esistenti. Sono questi i cosiddetti “cespugli” o “nanetti”, secondo un’espressione coniata dal politologo Giovanni Sartori in un suo editoriale.

Gli esponenti di questi partitini non hanno solo trovato un seggio alla Camera o al Senato. Molti di loro sono spesso risultati decisivi per garantire la maggioranza parlamentare all’esecutivo di turno e sono quindi stati ricompensati con vari posti nell’esecutivo.

Quali partiti hanno avuto rappresentanza al governo nella storia repubblicana? E quali sono invece gli esecutivi che possono vantare la rappresentanza più variegata? Abbiamo analizzato che cosa dicono i numeri.
Grafico 1. I partiti di ministri e sottosegretari all'insediamento dei governi – Fonte: I governi italiani ai raggi X

I partiti di governo nella prima Repubblica

L’egemonia della Democrazia cristiana

Sebbene la durata media dei governi della prima Repubblica sia stata inferiore a un anno, soltanto dieci partiti hanno avuto rappresentanti al governo tra il 1946 e il 1994. La Democrazia cristiana (Dc) è stato l’unico che ha fatto parte di tutti i 50 governi della prima Repubblica, compresi 15 “monocolore”, cioè formati da un esponenti di un solo partito.

I partiti alle spalle della Balena bianca

Alla Dc seguono il Partito socialista democratico italiano (Psdi), presente con propri rappresentanti in 30 esecutivi (compreso il quarto governo De Gasperi, dove entrarono a seguito di un rimpasto nel dicembre 1947), il Partito repubblicano italiano (Pri, 26 governi), il Partito socialista italiano (Psi, 24) e il Partito liberale italiano (Pli, 18).

I due governi con il Pci

Queste forze politiche, che hanno governato insieme tra il 1981 e il 1991 nel nome del “pentapartito”, non sono però le uniche ad aver avuto rappresentanti al governo.

Il Partito comunista italiano (Pci) ha infatti preso parte al secondo e al terzo governo De Gasperi con alcuni ministri di primo piano, come Fausto Gullo alla Giustizia, Giacomo Ferrari ai Trasporti e Mauro Scoccimarro alle Finanze.

I “nanetti” socialisti

In area socialista invece hanno trovato rappresentanza esponenti del Partito democratico del lavoro (Pdl) e dell’Unione dei socialisti (Uds).

Il primo era una piccola formazione di ispirazione progressista fondata nel 1943 e scioltasi nel 1948, rappresentata nel terzo governo De Gasperi da Luigi Gasparotto al neonato ministro della Difesa.

L’Uds nacque invece da una scissione del Psi nel 1948 per confluire un anno dopo nel Partito socialista unitario (Psu). Il segretario Ivan Matteo Lombardo fu ministro dell’Industria e del Commercio nel quinto governo De Gasperi.

La fine della prima Repubblica

Per trovare altri partiti al governo bisognerà attendere fino all’aprile del 1993, quando il presidente del Consiglio incaricato Carlo Azeglio Ciampi nominerà tre ministri del Partito democratico della sinistra (Pds), Augusto Barbera, Luigi Berlinguer e Vincenzo Visco, e uno dei Verdi, Francesco Rutelli. I quattro si dimetteranno appena sei giorni dopo la nomina, per protesta contro il voto contrario della Camera all’arresto di Bettino Craxi.

Lo scioglimento della Dc nel gennaio 1994 porterà infine alla diaspora di alcuni membri del governo Ciampi. La maggioranza degli orfani democristiani troverà rifugio nel Partito popolare italiano (Ppi), mentre il sottosegretario alla Salute Publio Fiori e quella alle Poste e Telecomunicazioni Ombretta Fumagalli Carulli si uniranno rispettivamente ad Alleanza nazionale (An) e al Centro cristiano democratico (Ccd).

I governi della seconda Repubblica

Durante la prima Repubblica nessun esecutivo fu composto da ministri e sottosegretari provenienti da più di cinque forze politiche, come in alcuni governi guidati da Alcide De Gasperi e nella stagione del “pentapartito”. La fine dei partiti tradizionali e la riforma elettorale che prese il nome di Mattarellum – dal nome dell’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella – contribuirono alla nascita di coalizioni politiche variegate e composte da tanti piccoli partiti.

I record dei governi di centrosinistra di Prodi

Il primo governo Prodi (1996-98) vanta il record per il maggior numero di forze politiche rappresentate all’insediamento del governo. Erano infatti ben 13 i partiti che esprimevano almeno un ministro o un sottosegretario.

Tra questi erano rappresentati, oltre ai partiti principali (l’Ulivo, il Pds, il Ppi, Rinnovamento italiano e i Verdi), formazioni minori come il Patto Segni, che esprimeva Gianni Rivera come sottosegretario alla Difesa; Unione democratica di Antonio Maccanico, che non va confusa con Alleanza democratica di Willer Bordon, entrambi rappresentati al governo; Sinistra repubblicana e i Socialisti italiani, rispettivamente composti da fuoriusciti del Pri e del Psi; i Cristiano sociali e Federazione laburista, partiti di ispirazione progressista poi confluiti nei Democratici di sinistra e rappresentati dai sottosegretari Luciano Guerzoni e Antonello Cabras; e infine la cosiddetta “ala destra di Rifondazione comunista”, il Movimento dei comunisti unitari del sottosegretario Rino Serri, anch’esso confluito nei Ds.

Il secondo posto di questa classifica va al secondo governo guidato da Romano Prodi (2006-08), la cui coalizione spaziava dall’Udeur di Clemente Mastella ai Comunisti italiani. All’insediamento del governo nel 2006 erano undici le forze politiche rappresentate, tra cui due partiti socialisti (i Socialisti democratici italiani e I Socialisti di Bobo Craxi) e la Lega alleanza lombarda, piccola formazione autonomista del senatore Elidio De Paoli.

E il centrodestra?

I governi guidati da Silvio Berlusconi nascevano con il supporto di coalizioni composte da un numero inferiore di forze politiche. In questo caso, il record spetta al secondo governo Berlusconi (2001-2005), formato da sette partiti di cui due minori (il Pri e il Nuovo Psi).

La frammentazione politica non ha però risparmiato nemmeno il centrodestra. Dopo la fuoriuscita dal Popolo della libertà (Pdl) degli aderenti a Futuro e libertà per l’Italia, il partito di Gianfranco Fini, Berlusconi varò un rimpasto di governo nel maggio 2011 che portò il numero di forze politiche rappresentate nell’esecutivo a undici. Si trattava in molti casi di movimenti politici nati con lo scopo di consolidare la traballante maggioranza parlamentare del governo.

Tra questi vi erano movimenti come La Destra dell’attuale presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci; la rediviva Democrazia cristiana di Pino Pizza; le forze meridionaliste di Noi Sud dell’ex ministro democristiano Vincenzo Scotti e Grande Sud di Gianfranco Micciché; e l’universo dei Responsabili di cui facevano parte, tra gli altri, il Movimento di responsabilità nazionale, i Popolari di Italia domani del ministro delle Politiche Agricole Francesco Saverio Romano e le quasi omonime Intesa popolare e Azione popolare.

Gli ultimi anni e il governo Draghi

In anni più recenti, i governi Letta, Renzi e Gentiloni sono nati con il sostegno di maggioranze trasversali e la partecipazione di almeno sei partiti. A quelli maggiori (Partito democratico, PdL, Nuovo centrodestra e Scelta civica) si sono aggiunte formazioni più piccole come i Moderati in rivoluzione e Grande Sud per il centrodestra e i centristi Popolari per l’Italia e Democrazia solidale.

I due esecutivi guidati da Giuseppe Conte hanno ulteriormente abbassato il numero dei partiti al governo, con un record – almeno per i governi politici della seconda Repubblica – di soli tre partiti rappresentati durante il governo gialloverde. Ai governi Conte, oltre al Movimento 5 Stelle e agli alleati di turno, ha partecipato anche il Movimento associativo italiani all’estero (Maie) con il senatore Ricardo Antonio Merlo, fondatore del movimento nato in Argentina e nominato sottosegretario agli Affari esteri.

Da ultimo, il governo Draghi è nato con una larga maggioranza parlamentare, seconda solo a quella ottenuta da Mario Monti nel 2011. Al contrario del governo Monti, composto quasi esclusivamente da figure tecniche, quello guidato da Draghi vede la partecipazione di nove tra le forze politiche che lo sostengono in Parlamento: Movimento 5 Stelle, Lega, Forza Italia, Pd, Italia viva, Liberi e uguali, Centro democratico, Noi con l’Italia e +Europa. Ciò fa dell’attuale esecutivo il terzo di sempre per numero di partiti rappresentati al governo dopo i due governi Prodi.

In conclusione

Questa breve rassegna delle forze politiche che hanno partecipato ai governi dal 1946 a oggi mostra come sia cambiata la geografia dei partiti tra la prima e la seconda Repubblica.

Alla relativa stabilità garantita dalla Dc e dai partiti di volta in volta alleati è subentrata un’estrema frammentazione politica, culminata con la formazione di esecutivi composti da oltre dieci partiti, più di tutti quelli che hanno partecipato al governo tra il 1946 e il 1994.

Quali che siano le ragioni – il sistema elettorale, l’avvento di partiti post-ideologici, la qualità della classe politica o il finanziamento ai partiti – tale frammentazione ha spesso contribuito alla paralisi dell’azione di governo e ad accrescere quello che il politologo Sartori chiamava il potere di “ricatto dei nanetti”.




Questo articolo fa parte di una serie di approfondimenti per fotografare, dati alla mano, l’evoluzione dei governi italiani dal 1946 ad oggi. Le statistiche utilizzate provengono dal progetto “I governi italiani ai raggi X”, sviluppato da Il Sole 24 Ore e Pagella Politica, sulle elaborazioni di Andrea Carboni, ricercatore alla University of Sussex.

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