Il 1° agosto la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli (Partito democratico) ha scritto su Facebook che il governo «non ha mai autorizzato il riempimento» dei treni al «100 per cento».
Quello stesso giorno, infatti, è nato un caso che aveva visto coinvolti sia Trenitalia che Italo (l’altra società attiva nel trasporto ferroviario ad alta velocità). Queste ultime sono state costrette a cancellare migliaia di biglietti già venduti dopo che un’ordinanza del Ministero della Salute del 1° agosto ha confermato l’obbligo del distanziamento interpersonale di almeno un metro a bordo dei treni.
A sostegno della sua tesi, la ministra ha aggiunto che «le linee guida allegate al Dpcm del 14 luglio» avevano introdotto condizioni per derogare alla regola del distanziamento di almeno un metro, e quindi «avrebbero aumentato la capacità dei vagoni, pur non permettendone il riempimento totale».
Sulla questione, il 31 luglio, è intervenuto anche Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza, che all’Adnkronos ha commentato come «sbagliata» l’eventuale possibilità di eliminare il distanziamento interpersonale sui treni.
Ma facciamo un passo indietro: perché negli scorsi giorni Trenitalia e Italo sono tornate a vendere biglietti in più rispetto a quelli previsti? E poi, è vero come dice De Micheli che l’esecutivo Pd-M5s aveva già autorizzato la possibilità di riempire più posti sui treni?
Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza.
Che cos’aveva stabilito il governo
Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) dell’11 giugno, che conteneva varie misure per il contenimento dell’epidemia, è stato prorogato più volte: prima fino a fine luglio, con il Dpcm firmato da Conte il 14 luglio; poi fino al 9 agosto, con il decreto-legge che ha esteso lo stato d’emergenza nel nostro Paese fino al 15 ottobre prossimo.
Tra le varie misure prorogate dal Dpcm del 14 luglio, c’era anche l’obbligo di mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro a bordo dei treni a lunga percorrenza (ossia quelli ad alta velocità, come aveva chiarito il 15 luglio Trenitalia). Come già successo con l’avvio della cosiddetta “Fase 2”, questo aveva di fatto continuato a limitare la possibilità di riempire i treni per la loro normale capienza.
L’allegato n. 2 del Dpcm, però, aveva specificato che era «consentito derogare al distanziamento interpersonale di un metro, a bordo dei treni a lunga percorrenza» rispettando una serie di condizioni.
La deroga del rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro valeva, per esempio, per i treni con un adeguato sistema di ventilazione per l’aria e dove veniva registrata la misurazione della temperatura corporea dei passeggeri prima della salita sul mezzo. Inoltre, bisognava mantenere il rispetto dell’utilizzo della mascherina a bordo (per non più di quattro ore) e l’esclusione di poter utilizzare i sedili contrapposti, ossia quelli faccia a faccia (eccetto per chi vive nella stessa unità abitativa) «nel caso in cui non sia possibile garantire permanentemente la distanza interpersonale di almeno un metro».
Infine, la deroga era concessa solo nei casi in cui ciascun passeggero avesse rilasciato, al momento dell’acquisto del biglietto, un’autocertificazione in cui attestava di non essere positivo alla Covid-19 o di non accusare sintomi riconducibili al nuovo coronavirus.
Queste condizioni erano state confermate il 31 luglio anche dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Dunque De Micheli ha ragione quando dice che il governo non aveva autorizzato il «riempimento» dei treni «al 100 per cento», ma imposto una serie di condizioni per consentire l’occupazione di più posti a sedere, in deroga alla regola del distanziamento interpersonale di almeno un metro.
Che cosa è successo tra fine luglio e inizio agosto?
La nuova ordinanza del Ministero della Salute
Il 15 luglio – il giorno dopo l’approvazione del Dpcm che conteneva le linee guida per la deroga sul distanziamento interpersonale nel trasporto ferroviario – Trenitalia aveva annunciato di essere «al lavoro per recepire le nuove indicazioni» e poter così vendere più biglietti rispetto a prima per i suoi treni ad alta velocità. «Garantite determinate condizioni di sicurezza, sarà possibile superare l’attuale soglia del 50 per cento dei posti prenotabili sui treni AV», scriveva Trenitalia, confermando quanto abbiamo scritto poco sopra.
Secondo quanto riportato da fonti stampa, un paio di settimane dopo l’annuncio di Trenitalia, il 31 luglio la società aveva messo in atto le condizioni per poter derogare al distanziamento di un metro, aumentando il numero dei biglietti a disposizione per essere venduti. Abbiamo contattato l’ufficio stampa di Trenitalia per avere conferma di questa versione dei fatti, ma siamo in attesa di una risposta.
Nel giro di poche ore, però, il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un’ordinanza che ribadiva la necessità di rispettare la distanza interpersonale di almeno un metro nei luoghi chiusi e sui mezzi di trasporto, di fatto bloccando la deroga contenuta nel Dpcm del 14 luglio. Una retromarcia, in concreto, rispetto alle decisioni pubblicata circa due settimane fa.
«È giusto che sui treni restino in vigore le regole di sicurezza applicate finora», ha scritto Speranza il 1° agosto su Twitter. «Ho firmato ordinanza che ribadisce che in tutti i luoghi chiusi aperti al pubblico, compresi i mezzi di trasporto, è e resta obbligatorio sia distanziamento di un metro che obbligo mascherine».
Eventuali nuove deroghe possono ora essere concesse solo se validate dal Comitato tecnico scientifico, che dall’inizio dell’epidemia assiste le decisioni del governo.
Sempre il 1° agosto Trenitalia ha poi pubblicato un comunicato in cui ha annunciato di aver recepito l’ordinanza del Ministero della Salute, e così ha fatto anche Italo, che è stata costretta a cancellare le corse di alcuni dei suoi treni ad alta velocità.
E le regioni, che cosa dicono?
La nuova ordinanza di Speranza ha subito creato però uno scontro con la Regione Lombardia, che il 31 luglio ha pubblicato le sue nuove regole. Valide, tra le altre cose, anche per il trasporto ferroviario regionale, dove ora si possono occupare il 100 per cento dei posti a sedere e il 50 per cento dei posti in piedi.
Questa disposizione regionale sarebbe però stata superata, nei fatti, da quanto imposto il 1° agosto dal Ministero della Salute. Ed è qui che è nata la reazione della Regione Lombardia.
«Le decisioni assunte dalla Regione Lombardia sono in linea con i risultati dei dati sanitari lombardi delle ultime settimane. E sono in linea con quanto stabilito dalle Regioni confinanti, che ben prima della Lombardia hanno consentito l’aumento della capienza dei mezzi pubblici», ha commentato il 2 agosto Claudia Maria Terzi, assessora regionale della Lombardia alle Infrastrutture, ai Trasporti e alla Mobilità sostenibile. «Sorprende, quindi, che le forze di governo contestino la nostra ordinanza ma non abbiano fatto altrettanto, a suo tempo, verso gli analoghi provvedimenti delle altre Regioni del Nord».
In una posizione simile a quella della Lombardia c’è, per esempio, anche la Regione Liguria, che il 2 agosto in una nota ha confermato di voler applicare l’ordinanza regionale con cui ha concesso di riempire tutti i posti a disposizione sui mezzi del trasporto pubblico locale, compresi i treni regionali. Critiche a Speranza sono arrivate anche dalla Regione Piemonte.
Ricordiamo che questa situazione di poca chiarezza non è uno scenario nuovo: anche a fine giugno scorso si era fatta molta confusione sul tema del distanziamento sui treni e le diverse norme a livello regionale e nazionale. Al momento i risvolti pratici di questa vicenda – ossia se a prevalere saranno le singole decisioni regionali o la volontà del governo centrale – non sono ancora noti.
In conclusione
Secondo Paola De Micheli, il governo non ha mai autorizzato il riempimento dei treni «al 100 per cento», ma una serie di condizioni che, se rispettate, avrebbero concesso la deroga del rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro, aumentando la capienza dei convogli ferroviari.
Il Dpcm del 14 luglio aveva indicato una serie di paletti da rispettare per i treni ad alta velocità sui quali si sarebbe potuto derogare al distanziamento interpersonale di almeno un metro. Dopo aver rispettato queste condizioni, il 31 luglio Trenitalia e Italo avevano iniziato a vendere più biglietti rispetto a quelli autorizzati le settimane precedenti. Ma il 1° agosto il Ministero della Salute, in una sorta di retromarcia, è intervenuto con un’ordinanza per ribadire l’obbligo sui treni del distanziamento interpersonale di almeno un metro, senza deroghe.
Questa decisione ha subito creato uno scontro con alcune regioni e le loro ordinanze sul trasporto pubblico, i cui risvolti pratici, al momento, non sono ancora chiari.
Fisco
È vero che il governo ha alzato le tasse al ceto medio?