Il Molise esiste eccome: da dove vengono i 559 ministri dei governi italiani

Palazzo Chigi
Palazzo Chigi
Dal governo con il record dei ministri dal Sud a quello con il primato per i ministri provenienti dal Nord: il passaggio da Giuseppe Conte a Mario Draghi non ha cambiato soltanto le dinamiche all’interno del Parlamento, ma anche il peso delle regioni all’interno dell’esecutivo.

Mentre il governo Conte II era arrivato ad avere il 58 per cento dei ministri provenienti dall’Italia meridionale e dalle Isole, il governo tecnico di Draghi ha il 70 per cento circa dei ministri che sono originari dell’Italia settentrionale.

Come è cambiata dalla nascita della Repubblica italiana la rappresentanza dei territori al governo del Paese? Quali sono state le regioni con più ministri? Quali province, e quali comuni? Alcune risposte possono sembrare scontate, altre invece rivelano delle vere e proprie sorprese, come i record del Molise e di un piccolo comune del Veneto.

Regioni al governo

Circa la metà dei ministri viene da quattro regioni

Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia sono le quattro regioni più popolose d’Italia e insieme coprono il 44 per cento della popolazione italiana. Nel passaggio tra la prima e la seconda Repubblica – avvenuto agli inizi degli anni Novanta – la quota di ministri provenienti da queste regioni è cresciuta di ben dieci punti percentuali, passando dal 45 al 55 per cento. A trainare questa crescita sono stati in particolare Lazio e Lombardia, mentre Campania e Sicilia sono rimaste sostanzialmente stabili.

Il secondo governo Berlusconi, il più lombardo di tutti

La rappresentanza crescente di Lombardia e Lazio al governo è uno specchio del bipolarismo che ha caratterizzato la seconda Repubblica. I governi Berlusconi non hanno infatti contato mai meno di sette ministri lombardi, dato in linea con gli esecutivi tecnici di Mario Monti e Mario Draghi.

Il record spetta proprio al secondo governo Berlusconi, con ben nove ministri lombardi, molti dei quali esponenti della Lega (allora ancora Lega Nord): oltre a Berlusconi, ne fecero parte anche Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Roberto Castelli, Roberto Maroni, Letizia Moratti, Girolamo Sirchia, Mirko Tremaglia e Giulio Tremonti.

Il Lazio piace ai governi di centrosinistra

I governi di centrosinistra si sono invece distinti per una regolare presenza di ministri provenienti dal Lazio. Pur in contesto di ampie – e spesso instabili – coalizioni politiche, i governi Prodi IILetta e Gentiloni vantano il record di ministri laziali, ben sei, a cui va aggiunto anche il secondo governo Berlusconi.

C’è chi sale…

Quanto agli altri territori, le ex regioni rosse di Emilia-Romagna e Umbria hanno visto la propria rappresentanza aumentare sensibilmente durante la seconda Repubblica. Entrambe contano più ministri tra il 1994 e il 2021 di quanti ne abbiano mai avuto durante la prima.

… e c’è chi scende

Altre regioni, che nella prima Repubblica avevano dato i natali a importanti e longevi dirigenti di partito, hanno visto la propria rappresentanza diminuire a partire dal 1994.

Tra queste vi sono il Trentino-Alto Adige, patria di dirigenti democristiani come Alcide De GasperiFlaminio Piccoli e Beniamino Andreatta, rappresentato dal solo Andreatta come ministro della Difesa nel primo governo Prodi; un altro feudo democristiano come l’Abruzzo di Remo Gaspari e Franco Marini, che ha avuto rappresentanza durante la seconda Repubblica con Ottaviano Del Turco; la Calabria, il cui peso politico nella prima Repubblica (ben 11 ministri, molti dei quali in posizioni di prestigio) è calato sostanzialmente, potendo contare solo su quattro ministri, tutti in governi di centrosinistra e in dicasteri senza portafoglio, ad eccezione dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti; e soprattutto le Marche, che dopo aver espresso due presidenti del Consiglio (Fernando Tambroni e Arnaldo Forlani) e nove ministri, non hanno avuto alcun rappresentante a livello ministeriale dal 1994.

C’è chi non ha mai avuto ministri

La Valle d’Aosta è invece l’unica regione italiana a non aver mai avuto un proprio rappresentante tra i ministri, ma solo due sottosegretari: il democristiano Luigi Chatrian tra il 1946 e il 1947 e, in tempi più recenti, Luciano Caveri in rappresentanza dell’Union Valdôtaine nel secondo governo D’Alema.

Il record del Molise

Ponderando la rappresentanza a livello ministeriale con il peso demografico di ciascuna regione, si scopre infine che la regione più sovrarappresentata è il Molise, che a fronte di uno 0,5 per cento di abitanti sul totale della popolazione italiana, conta 5 ministri, pari allo 0,9 per cento del totale (559). Per contro, la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige sono le regioni più sottorappresentate. La Lombardia è invece l’unica regione, assieme all’Emilia-Romagna, il cui peso demografico coincide esattamente con la rappresentanza in termini di ministri (17 per cento).

Province al governo

Un podio scontato?

Tra le province italiane, non è sorprendente trovare le città metropolitane di Roma, Milano e Napoli in cima alla classifica. Poco più di un quarto del totale dei ministri della Repubblica proviene infatti da una di queste aree metropolitane. A queste seguono Torino, Bologna, Brescia, Catania e Genova.

Nel passaggio tra la prima e la seconda Repubblica, sono cresciute alcune province considerate periferiche come Cuneo (da 4 a 8 ministri) e Varese (da 2 a 7, soprattutto per effetto della presenza leghista), e altre più centrali come Bologna (da 3 a 9) e soprattutto Roma (da 31 a 39, il 15 per cento del totale nella seconda Repubblica contro il 10 per cento nella prima). Che ben 15 ministri tra quelli provenienti da Roma non siano affiliati ad alcun partito sembra indicare che la fine dei partiti tradizionali dotati di strutture territoriali, e il crescente ricorso ai tecnici, abbia determinato una graduale riduzione della rappresentanza territoriale.

Molti si sono fermati alla prima volta

Ben 22 tra le 107 province italiane hanno avuto un unico rappresentante nell’esecutivo. Di queste province, tre hanno espresso un presidente del Consiglio: il biellese Giuseppe PellaFernando Tambroni di Ascoli Piceno e l’astigiano Giovanni Goria. L’attuale ministro della Difesa Lorenzo Guerini è invece il primo ministro originario della provincia di Lodi.

In otto a bocca asciutta

Vi sono inoltre otto province che non hanno avuto alcuna rappresentanza a livello di ministri. Oltre alla già citata Aosta, a non aver mai espresso un ministro sono anche le province piemontesi di Vercelli e Verbano-Cusio-Ossola, la provincia friulana di Gorizia, Prato in Toscana, Fermo nelle Marche, Pescara in Abruzzo e la provincia del Sud Sardegna. In questi territori, tuttavia, non è raro che il peso elettorale di singoli esponenti politici locali si sia poi tradotto in posti di sottogoverno.

Comuni al governo

I comuni famosi grazie alla politica

Analizzando le città e i comuni di origine, troviamo un quadro molto variegato. Sono infatti 272 i comuni da cui provengono i 559 ministri tra il 1946 e il 2021.

Ben 199 di questi, molti dei quali comuni piccoli o piccolissimi, sono spesso associati con l’unico ministro a cui hanno dato i natali. Nusco è ancora oggi descritto come il feudodi Ciriaco de Mita (di cui è tuttora sindaco), mentre Volturara Appula in provincia di Foggia è il paese di Giuseppe Conte.

Perché un piccolo comune veneto è così speciale

Con il nuovo governo Draghi è invece diventata celebre Trichiana, frazione di circa 5 mila abitanti nel comune di Borgo Valbelluna in Veneto. Questa comunità del bellunese è infatti il comune più piccolo ad esprimere due ministri nello stesso governo: il titolare dell’Economia Daniele Franco e quello ai Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà. Trichiana aveva peraltro già espresso un ministro ai tempi del quarto governo Berlusconi quando Aldo Brancher fu nominato ministro per la Sussidiarietà e il Decentramento per 17 giorni nel 2010.

L’unico precedente di comune non capoluogo di provincia con due ministri nello stesso governo è stato Pontedera durante il secondo governo Fanfani, con il democristiano Giuseppe Togni ai Lavori Pubblici e il socialdemocratico Edgardo Lami Starnuti alle Partecipazioni Statali.

E le minoranze?

Un’ultima nota riguarda le minoranze. La normativa italiana prevede che lo Stato tuteli «la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo».

Dal 1946 a oggi, solo tre ministri e sottosegretari appartenenti a una delle prime sei minoranze citate dalla norma hanno fatto parte dell’esecutivo: sono il democristiano Gennaro Cassiani e il repubblicano Giuseppe Salvatore Bellusci, calabresi di origine arbëreshë, e il friulano Miloš Budin, appartenente alla minoranza slovena.

In conclusione

Negli ultimi trent’anni il peso politico di alcune regioni, in primis Lombardia e Lazio, e al loro interno di province come Roma, Milano, Varese e Bergamo, è cresciuto sensibilmente. Altre regioni hanno invece visto il proprio peso calare, talvolta fino a scomparire dalla mappa del potere.

L’alternanza tra i governi di centrosinistra e centrodestra della seconda Repubblica ha garantito rappresentanza ai rispettivi bacini elettorali. Prendendo come metro di misura la composizione geografica, gli ultimi due esecutivi sono ai rispettivi estremi, con il governo Conte II orientato al Sud e il governo Draghi al Nord. In un quadro politico sempre più frammentato e popolato da partiti con deboli strutture territoriali, garantire la rappresentanza territoriale continua dunque ad essere una sfida difficile per le forze politiche.
Pagella Politica



Questo articolo fa parte di una serie di approfondimenti per fotografare, dati alla mano, l’evoluzione dei governi italiani dal 1946 ad oggi. Le statistiche utilizzate provengono dal progetto “I governi italiani ai raggi X”, sviluppato da Il Sole 24 Ore e Pagella Politica, sulle elaborazioni di Andrea Carboni, ricercatore alla University of Sussex.

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