Fact-checking: il ministro Bianchi a Che tempo che fa

Ansa
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Il 20 marzo il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è stato ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa. Bianchi, ex rettore dell’Università di Ferrara, è fra i ministri tecnici del governo Draghi, tuttavia è considerato politicamente vicino al centrosinistra.

Abbiamo verificato tre risposte fornite dal ministro nel corso dell’intervista: una delle dichiarazioni riporta una leggera forzatura, mentre altre due riferiscono dati errati.

Vediamo i dettagli.

La variante inglese

«La variante inglese ha un carattere diverso dall’anno scorso. Questa volta la variante inglese non risparmia i bambini, colpisce le fasce più giovani» (min 1:12)

Il ministro Bianchi ha citato la cosiddetta “variante inglese” per giustificare almeno in parte la chiusura delle scuole voluta dal governo. Con il Dpcm del 2 marzo 2021, in vigore dal 6 marzo, il governo ha disposto infatti la sospensione dell’attività didattica in presenza in tutte le scuole di ordine grado nelle regioni e le province autonome in zona rossa (al momento dieci) con la possibilità per i presidenti di regioni in zona arancione di ricorrere alla stessa misura in presenza di determinate circostanze.

Quando gli è stato chiesto dal conduttore Fabio Fazio se si potesse fare di più per tenere aperte le scuole, il ministro Bianchi ha risposto: «No, è cambiata la situazione, siamo davanti alla variante inglese», sostenendo che la variante abbia «un carattere diverso dall’anno scorso (…) non risparmia i bambini, colpisce le fasce più giovani».

L’affermazione del ministro è imprecisa. Se è vero infatti che l’incidenza è in aumento anche nelle fasce più giovani, il peso delle varianti non è ancora stato stabilito con certezza. Prendendo il bollettino più recente dell’Istituto superiore di sanità, aggiornato al 17 marzo, si legge in effetti che «dall’inizio di gennaio si sta osservando un incremento dell’incidenza nella popolazione di età 0-19 anni, e in particolare nelle fasce 14-19 e 11-13 anni con una leggera flessione nell’ultima settimana».

Tuttavia, come ha sottolineato il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro presentando il bollettino del 12 marzo, in queste settimane l’incidenza è stata in crescita in tutte le fasce d’età.

Quindi, è giusto dire che con la variante inglese il nuovo coronavirus abbia un «carattere diverso dall’anno scorso» perché «non risparmia i bambini e colpisce le fasce più giovani»?

Sulla base degli studi condotti finora, non si può dire che sia così. Infatti, l’Istituto superiore di sanità alla domanda «le varianti colpiscono in maniera particolare i bambini?», risponde così: «I bambini, in particolare i bambini più piccoli, sembrano essere meno suscettibili all’infezione da Sars-CoV-2 rispetto ai bambini più grandi e agli adulti, il che sembra verificarsi anche per la variante B.1.1.7, la cosiddetta variante “inglese”, che manifesta un aumento cospicuo della trasmissibilità in tutte le fasce di età».

La fonte è uno studio del 15 febbraio dello European centre for disease prevention and control secondo cui la maggiore presenza dell’infezione nella scuole sarebbe la conseguenza della più ampia circolazione del virus in tutta la comunità.

Altri studi sono in corso, ma ad oggi non è corretto dare per sicuro che la variante inglese abbia un carattere diverso legato alla capacità di colpire anche le fasce di popolazione più giovane, a differenza dei precedenti ceppi del virus.

La dispersione scolastica in Italia

«L’Italia è il Paese che ha il più alto tasso di dispersione scolastica media in Europa» (min. 9:33)

Il ministro Bianchi riporta un’informazione sbagliata sull’abbandono precoce della scuola in Italia. Il nostro Paese non ha il più alto tasso di dispersione scolastica media in Europa, ma è comunque fra i peggiori. Il tasso di dispersione è la percentuale di popolazione fra i 18 e i 24, in possesso di un titolo di istruzione secondaria inferiore (in Italia le scuole medie), che non risulta in un percorso di istruzione o formazione.

Secondo i dati Eurostat aggiornati al 2019, hanno un tasso di dispersione più alto la Spagna (17,6 per cento), Malta (17,2 per cento), Romania (15,3 per cento) e Bulgaria (13,9 per cento). L’Italia è comunque al quinto posto con un tasso di dispersione scolastica al 13,5 per cento (Grafico 1).
Grafico 1: Tasso di dispersione scolastica nel 2019 in Ue – Fonte: Eurostat
Grafico 1: Tasso di dispersione scolastica nel 2019 in Ue – Fonte: Eurostat
Gli asili nido

«Nella mia terra [Emilia-Romagna> ma ormai in tutto il Nord la possibilità che un bambino abbia un asilo nido è del 50 per cento, in Sicilia è il 3 per cento» (min. 11:15)

Secondo il ministro dell’Istruzione, la possibilità che un bambino acceda al nido in Emilia-Romagna, «e ormai in tutto il Nord», è del 50 per cento, mentre scende al 3 per cento in Sicilia.

I dati sono sovrastimati per eccesso e per difetto. Secondo il report dell’Istat “Nidi e servizi educativi per l’infanzia”, pubblicato a giugno 2020 ma basato sui numeri dell’anno scolastico 2017/2018, i servizi rivolti alla prima infanzia coprono ancora solo il 24,7 per cento della popolazione da 0 a 3 anni (la fascia a cui sono rivolti gli asili nido) su tutto il territorio nazionale.

La percentuale è al di sotto del 33 per cento stabilito dal Consiglio europeo riunito a Barcellona nel 2002 come obiettivo comune per gli Stati membri.

Questa cifra fotografa un’offerta visibilmente diseguale fra zone e regioni italiane. La percentuale è al 32,5 per cento nel Nord-Est, al 34,4 per cento al Centro, al 29,2 per cento al Nord-ovest e solo al 12,3 per cento al Sud e al 13,5 per cento nelle Isole. Fra le regioni, il tasso di copertura più alto è quello della Valle D’Aosta con il 47,1 per cento, mentre la «terra» del ministro Bianchi, l’Emilia-Romagna, è al terzo posto – al di sopra del 33 per cento auspicato dall’Unione europea, ma sotto il 40 per cento (Grafico 2).
Grafico 2: Copertura percentuale degli asili nido per regione aggiornata all’a.s. 2017/2018 – Fonte: Istat
Grafico 2: Copertura percentuale degli asili nido per regione aggiornata all’a.s. 2017/2018 – Fonte: Istat
Il record negativo è invece della Campania all’8,6 per cento, in fondo alla classifica con Sicilia (penultima) e Calabria (terzultima), entrambe sotto il 10 per cento.

Per quanto il ministro Bianchi abbia ragione a denunciare la diseguaglianza territoriale nell’offerta di asili nido, le cifre riportate non sono corrette: l’Emilia-Romagna è fra le regioni più virtuose ma non ha ancora il 50 per cento di copertura; e così neppure il resto del Nord, dove si avvicina a quella cifra solo la Valle d’Aosta. In Sicilia, infine, pur fra gli ultimi posti, il dato non è del 3 per cento, ma intorno al 10 per cento.

In conclusione

Intervistato a Che tempo che fa, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha commesso una serie di errori.

Il ministro è impreciso quando attribuisce alla variante inglese la capacità di colpire le fasce più giovani a differenza dei virus precedenti; gli studi finora condotti dimostrano infatti che l’aumento dei casi fra i bambini sia una conseguenza dell’incremento dei contagi in tutte le fasce d’età.

Bianchi ha poi sostenuto che l’Italia sia il Paese europeo con il più alto tasso di dispersione scolastica. Non è così, per quanto il nostro Paese sia fra gli Stati membri con i risultati peggiori.

E infine, il ministro dell’Istruzione ha ragione quando parla di differenze territoriali nell’offerta di asili nido in Italia, ma lo fa riportando cifre sbagliate.

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