Il dibattito tv tra Macron e Le Pen, sotto la lente del fact-checking

Nell’unico confronto televisivo prima del ballottaggio del 24 aprile, i due candidati alle presidenziali hanno parlato di Ucraina e Russia, ma anche di ambiente, energia e redditi
EPA/LUDOVIC MARIN
EPA/LUDOVIC MARIN
Il 20 aprile i due candidati alle elezioni presidenziali francesi, l’attuale presidente Emmanuel Macron (La république en marche) e la leader del partito Rassemblement National, Marine Le Pen, si sono confrontati nell’unico dibattito televisivo prima del voto, previsto per domenica 24 aprile. Il dibattito è stato trasmesso in diretta da TF1 e France 2, due tra i principali canali televisivi francesi, ed è durato più di tre ore.

Nel corso della discussione, i due contendenti hanno toccato vari argomenti, dalla guerra in Ucraina all’appartenenza della Francia all’Unione europea, passando per le pensioni e l’aumento del costo della vita, facendo affermazioni in alcuni casi corrette, in altri meno. In generale, Macron e Le Pen hanno posizioni politiche molto diverse tra loro: il primo è esponente di un partito di centro, mentre Le Pen è considerata vicina all’estrema destra, anche se ultimamente ha ammorbidito alcune delle sue posizioni più controverse. 

Léa Salamé e Gilles Bouleau, i due giornalisti che hanno condotto il dibattito, non hanno potuto correggere in diretta le affermazioni dei due candidati, una scelta fatta per lasciare a Macron e Le Pen la possibilità di correggersi a vicenda. Entrambi, però, hanno commesso diversi errori. 

Per verificare le affermazioni fatte nel corso della discussione ci siamo affidati al lavoro dei nostri colleghi di CheckNews, la sezione di fact-checking del quotidiano francese Libération

La guerra in Ucraina

La situazione in Ucraina e i legami tra Francia e Russia sono stati inevitablmente tra i temi più discussi della serata. Tra le altre cose, Macron ha accusato la sua avversaria di avere stretti legami con la Russia di Putin, ricordando in particolare il prestito da 9 milioni di euro contratto dal partito di Le Pen con una banca russa, nel 2014. Il presidente in carica ha anche ricordato la posizione controversa adottata da Le Pen nei confronti della Crimea: la candidata aveva infatti riconosciuto come legittima l’annessione del territorio da parte della Russia nel 2014, e anche di recente, il 13 aprile 2022, ha sostenuto la stessa posizione durante un’intervista. 

Per quanto riguarda la guerra in corso, e le relative sanzioni e trattative diplomatiche, Le Pen ha affermato che l’Ue starebbe aspettando l’esito delle elezioni presidenziali francesi prima di annunciare un potenziale embargo sul petrolio russo. Questo è stato riportato dal New York Times in un articolo del 14 aprile, ma Macron ha negato l’affidabilità dell’informazione, sostenendo che a bloccare l’Ue non sia tanto l’esito delle votazioni quanto l’opposizione di alcuni Stati membri. 

Le Pen ha poi dichiarato di essere d’accordo con le sanzioni imposte dall’Ue alla Russia. Come notato dal quotidiano francese Le Monde, però, a partire dal 2014 gli europarlamentari del suo partito hanno spesso votato a favore della Russia in varie risoluzioni di condanna.

Energia e ambiente

Altri argomenti discussi nella serata del 20 aprile sono stati quelli dell’ambiente e dell’energia, con un’attenzione particolare dedicata all’uso dell’energia nucleare, fondamentale per il Paese. In Francia sono infatti presenti 18 centrali per un totale di 56 reattori attivi, i quali generano circa il 70 per cento di tutta l’energia elettrica.

Durante il dibattito Le Pen ha accusato Macron di aver cambiato più volte idea riguardo all’uso o meno del nucleare nel corso del suo mandato. L’affermazione è corretta: nel 2017, quando era candidato, Macron voleva ridurre l’uso dell’energia nucleare, imponendo un tetto massimo del 50 per cento. L’anno successivo ha poi promesso di bloccare 14 reattori entro il 2035, mentre negli ultimi mesi ha accolto favorevolmente i progetti per la costruzione di nuovi reattori nel Paese, affermando inoltre di voler prolungare l’attività di quelli già esistenti. 

Macron invece ha sostenuto che durante il suo mandato presidenziale il ritmo di riduzione dei gas a effetto serra è raddoppiato, ma si tratta di un’esagerazione. Durante la presidenza di François Hollande, predecessore di Macron, le emissioni nella Francia metropolitana si sono ridotte all’incirca del 5 per cento. Tra il 2017 e il 2021, negli anni della presidenza Macron, le emissioni sono poi diminuite del 7 per cento circa. 

Il presidente ha poi accusato la sua avversaria di essere «climatoscettica», quindi di dubitare dell’effettiva esistenza o importanza del cambiamento climatico, un’etichetta rifiutata da Le Pen, che nel ribattere ha definito Macron un «climato-iprocrita». In effetti, nel 2012 Le Pen aveva messo in dubbio il lavoro dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), un gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite che periodicamente realizza i report considerati tra i più autorevoli a livello internazionale sui cambiamenti climatici e i loro effetti. 

Redditi, povertà e lavoro

Una parte della discussione si è concentrata sul tema del potere d’acquisto, cavallo di battaglia della campagna presidenziale di Le Pen, che ha più volte denunciato come questo sia diminuito durante la presidenza di Macron. L’attuale presidente ha invece sostenuto il contrario, dicendo che il potere d’acquisto è aumentato nel corso del suo mandato. Chi ha ragione? 

Come spiegato dai nostri colleghi di Check News, secondo alcune stime dell’Osservatorio francese per le congiunture economiche, tra il 2017 e il 2021 il potere d’acquisto del 10 per cento più povero della popolazione francese sarebbe aumentato del 5,3 per cento, e del 3,5 per cento per il 10 per cento più ricco. Questo si traduce in un aumento di circa 600 euro per i meno avvantaggiati, e di 2.600 euro per i più abbienti. Secondo CheckNews, però, il cambiamento tra le fasce più povere sarebbe dovuto più a un miglioramento generale dell’occupazione che a vere e proprie misure messo in atto dall’amministrazione Macron. 

Le Pen ha poi affermato che in Francia ci sono oggi 9,8 milioni di persone povere, 400 mila in più rispetto al 2017, quando Macron è entrato in carica. Effettivamente secondo l’Istituto nazionale francese della statistica e degli studi economici (Insee), nel 2017 in Francia 8,9 milioni di persone vivevano sotto la soglia di povertà, mentre alcune simulazioni prevedono che nel 2020 il numero abbia raggiunto i 9,3 milioni, crescendo quindi di 400 mila unità. La cifra di «9,8 milioni» citato da Le Pen corrisponde invece al 2018, ma da quel momento a oggi la situazione è leggermente migliorata. 

Nel corso della campagna elettorale i due candidati si sono scontrati anche sul tema delle pensioni, soprattutto a causa della riforma proposta da Macron che alzerebbe l’età pensionabile a 65 anni. Durante il dibattito, Le Pen ha detto che al momento «una persona su due» ha già smesso di lavorare quando raggiunge l’età media in cui si va in pensione, che è di circa 63 anni. In questo caso Le Pen ha confuso due dati: è vero che il 56 per cento dei francesi ha già smesso di lavorare quando va ufficialmente in pensione, ma questo può avvenire a diverse età in base per esempio alla mansione svolta e al genere. Non è corretto invece affermare che la metà delle persone di 63 anni sia già fuori dal mercato del lavoro. 

Parlando di disoccupazione, Le Pen ha anche affermato che con Macron presidente sono stati persi 14.500 posti di lavoro nel settore industriale, un’accusa negata dall’attuale presidente. Secondo i dati Insee, riportati da CheckNews, tra il 2017 e il 2021 il numero totale di occupati in Francia è aumentato di circa 957 unità, ma gli impiegati dell’industria sono 3.900 in meno: un numero notevolmente inferiore rispetto ai più di 14 mila citati da Le Pen. 

Fronte pandemico

I due candidati si sono confrontati anche sulla gestione della pandemia di Covid-19. Le Pen, per esempio, ha accusato Macron di aver «licenziato 15 mila infermieri». Il numero fa probabilmente riferimento a una stima non degli infermieri licenziati, ma di quelli sospesi perché non vaccinati contro la Covid-19 quando è entrato in vigore l’obbligo nel Paese, il 16 ottobre 2021. 

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