Che cosa prevede il divieto del governo contro la cannabis light

Alla Camera è stato approvato un emendamento, criticato dai partiti all’opposizione, che vuole impedire il consumo di canapa con un basso contenuto di THC
ANSA
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Nelle scorse ore vari partiti all’opposizione hanno accusato il governo Meloni di voler vietare in Italia la cosiddetta “cannabis light”, quella con una bassa percentuale di tetraidrocannabinolo (THC), la principale sostanza psicoattiva contenuta nella pianta. «È stato approvato l’emendamento al ddl “Sicurezza” che equipara la cannabis light a quella con THC», ha scritto sulle sue pagine social Più Europa. «La destra ha vietato la cannabis light», ha rilanciato Alleanza Verdi-Sinistra, formata da Europa Verde e Sinistra Italiana. 

Punto per punto, vediamo che cosa è successo in Parlamento e su quali basi poggia l’accusa dei partiti all’opposizione.

Di che cosa stiamo parlando

Mercoledì 31 luglio due commissioni della Camera riunite in seduta comune – la Commissione Affari costituzionali e la Commissione Giustizia – hanno approvato alcuni emendamenti al disegno di legge presentato dal governo Meloni lo scorso gennaio, che contiene alcune misure in tema di sicurezza (da qui il nome “ddl Sicurezza”). L’emendamento contestato dai partiti all’opposizione è il numero 13.06: è stato presentato dal governo e supportato dai partiti della maggioranza, ed è stato approvato dalle commissioni dopo i tentativi dei partiti all’opposizione di bloccarlo o quantomeno modificarlo.

L’emendamento approvato chiede di aggiungere al ddl “Sicurezza” un nuovo articolo (l’articolo 13-bis) per modificare la legge n. 242 del 2016, che contiene le «disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa». Qui con “canapa” non si fa riferimento a tutte le varietà di canapa, ma solo a quelle iscritte (art. 1, comma 2) nel “Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole” dell’Unione europea. 

Come spiega il sito della Commissione europea, questo catalogo contiene la Cannabis sativa Linn, «una specie della famiglia delle cannabacee che presenta un livello di THC molto basso». «La canapa viene coltivata principalmente per i suoi usi industriali e le varietà registrate nel catalogo dell’Ue sono ben 75. Per lo scarso livello di THC, la canapa conforme alle disposizioni della Politica agricola comune (PAC) non è utilizzata per produrre stupefacenti», sottolinea la Commissione Ue. In base alla legge del 2016, in Italia le sanzioni scattano (art. 4) solo per le coltivazioni di canapa con un contenuto complessivo di THC superiore al limite dello 0,6 per cento.

Il contenuto dell’emendamento

Le modifiche alla legge del 2016 volute dal governo Meloni hanno un obiettivo specifico, esplicitato nel nuovo articolo inserito dentro al ddl “Sicurezza”. Secondo il governo, le modifiche sono necessarie per evitare che chi assume i «prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.)» metta «a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica» oppure «la sicurezza stradale». 

Durante l’esame in commissione, il segretario di Più Europa Riccardo Magi ha accusato il governo di aver inserito questa motivazione nell’emendamento per renderlo “ammissibile”, ossia coerente con il contenuto del ddl “Sicurezza”, che si occupa appunto di misure sulla sicurezza. Magi ha aggiunto anche che l’emendamento del governo «si riferisce a sostanze che non hanno alcun effetto stupefacente». Come abbiamo spiegato in passato, è vero che la cannabis con un basso contenuto di THC non ha particolari effetti stupefacenti. 

La prima modifica alla legge del 2016 riguarda l’articolo 1, che nella sua forma attuale recita così al comma 1: «La presente legge reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione». L’emendamento del governo, approvato dalle commissioni, aggiunge l’aggettivo «industriale» in riferimento alla filiera della canapa oggetto della legge.

Il comma 3 dell’articolo 1 della legge del 2016 specifica che il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera (industriale) della canapa riguardano la «coltura della canapa finalizzata» a vari scopi. Tra questi ci sono: la coltivazione e la trasformazione; «l’incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali»; lo sviluppo di filiere territoriali integrate che «valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale»; la produzione di alimenti, di cosmetici, di materie prime biodegradabili e di semilavorati innovativi per le industrie di vari settori; e la «realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca». 

L’emendamento del governo modifica l’inizio del comma, stabilendo in un senso più restrittivo che «il sostegno e la promozione riguardano in via esclusiva la coltura della canapa comprovatamente finalizzata» agli scopi visti sopra. Viene ristretto anche l’ambito della frase relativa all’«incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali». Con l’emendamento, l’incentivazione si riferisce solo alla «realizzazione di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali, per gli usi consentiti dalla legge». In parole semplici, in questo modo il governo vuole restringere le possibilità di uso della canapa regolamentate dalla legge.

Nell’articolo 1 della legge del 2016 viene poi aggiunto un nuovo comma, in base al quale le disposizioni di questa legge «non si applicano all’importazione, alla lavorazione, alla detenzione, alla cessione, alla distribuzione, al commercio, al trasporto, all’invio, alla spedizione, alla consegna, alla vendita al pubblico e al consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, o contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati». Per queste attività restano valide le norme contenute nel “Testo unico in materia di sostanze stupefacenti”, ossia il decreto del presidente della Repubblica n. 309 del 1990. Tra le altre cose, questo testo punisce con multe e carcere chi commercia, trasporta, produce e vende le «sostanze stupefacenti o psicotrope» contenute in una tabella. Quest’ultima elenca diversi tipi di sostanze stupefacenti, tra cui il Delta-8-trans-tetraidrocannabinolo e il Delta-9-trans-tetraidrocannabinolo (dette più comunemente “THC”), ossia i principi attivi della cannabis.

L’emendamento del governo modifica anche l’articolo 2 della legge del 2016. Nella sua versione attuale, questo articolo stabilisce al comma 1 che dalla canapa coltivata legalmente in base alla legge si possono ottenere varie cose, tra cui: gli alimenti e i cosmetici, ma «prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori»; i semilavorati, tra cui fibre e carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali; le «coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati» e le «coltivazioni destinate al florovivaismo», ossia la coltura di fiori e piante nei vivai. La legge non vieta esplicitamente di usare, per esempio, le infiorescenze a scopo ricreativo e da qui è nato quello che spesso viene definito come un vuoto normativo. Ora il governo vuole colmarlo, ma come abbiamo visto in un senso più restrittivo. 

L’emendamento del governo specifica che l’attività di florovivaismo per cui è concessa la coltivazione di cannabis deve essere per forza «professionale». In più, inserendo un nuovo comma alla fine dell’articolo 2, l’emendamento stabilisce che «sono vietati l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa coltivata» nel rispetto della legge del 2016, «anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati». Per chi viola questa nuova norma si applicano le sanzioni del già citato “Testo unico in materia di sostanze stupefacenti”. In concreto, con quest’ultima disposizione il governo vuole definitivamente impedire il consumo ricreativo della cannabis coltivata legalmente in base alla legge del 2016.

Che cosa succede ora

Le novità sulla cannabis light contenute nell’emendamento voluto dal governo e approvato dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia non sono subito entrate in vigore. Nelle commissioni l’esame degli emendamenti, ossia delle modifiche al ddl “Sicurezza”, deve ancora concludersi e la conferenza dei capigruppo della Camera ha stabilito che il disegno di legge sarà esaminato dall’aula della Camera a settembre, dopo l’interruzione estiva dei lavori parlamentari. In quel caso potrà essere ancora modificato.

Se il testo sarà approvato dalla Camera, anche in quel caso le novità non entreranno subito in vigore. Il disegno di legge, infatti, dovrà passare all’esame del Senato, prima delle commissioni e poi dell’aula. Se il testo sarà modificato, dovrà tornare alla Camera per un’altra votazione, visto che in Italia le leggi devono essere approvate da entrambe le camere nello stesso identico testo.

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