Il 27 gennaio, a margine delle trattative per l’elezione del presidente della Repubblica, il leader della Lega Matteo Salvini ha criticato (min. 0:28) l’Unione europea, colpevole a detta sua di voler «tagliare i soldi» del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finanziato con fondi europei per far uscire l’Italia dalla crisi causata dalla pandemia.
Secondo Salvini, la scelta dell’Ue sarebbe dettata dal fatto che «staremmo crescendo troppo» da un punto di vista economico. «Penso sia una fake news, spero che sia una burla», ha aggiunto il leader della Lega, commentando le intenzioni europee. Ma che cosa c’è di vero in questa storia? Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza: è vero, gli importi delle risorse del Pnrr potrebbero cambiare, ma questa eventualità è nota da tempo.
Che cosa ha detto la Commissione Ue
Molto probabilmente, con la sua critica Salvini ha voluto fare riferimento ad alcune dichiarazioni fatte in una conferenza stampa il 27 gennaio da due portavoce della Commissione europea, Veerle Nuyts ed Eric Mamer.
Durante la conferenza stampa, un giornalista ha chiesto ai due portavoce chiarimenti su una «preoccupazione», crescente in Italia, su una «possibile revisione» dei fondi del Pnrr italiano, visto che l’attuale crescita economica del Paese sta andando oltre le previsioni passate. Mamer ha subito risposto che «è una buona notizia quando uno Stato membro vede la crescita superiore alle attese, malgrado il contesto estremamente delicato durante il quale abbiamo tutti operato lo scorso anno». «Non bisogna dimenticare – ha poi aggiunto Mamer – che lo scopo di tutta la nostra politica è di far sì che l’attività economica riprenda».
Nuyts ha subito dopo chiarito che il finanziamento dei piani di ripresa nazionali sono «suscettibili di modifiche», ma questa non è un novità. E il motivo sta, come spiegato dalla portavoce, all’«articolo 11, paragrafo 2» del regolamento che ha istituito il Recovery and resilience facility (Rrf), il fondo da cui provengono i circa 191,5 miliardi di euro del Pnrr.
Di questi, come specificato nel regolamento, circa 68,9 miliardi di euro sono sovvenzioni a fondo perduto, ossia da non restituire, mentre i restanti circa 122,6 miliardi sono prestiti. La somma delle sovvenzioni, però, non è ancora quella definitiva.
Perché non è una novità
Il già citato articolo 11 del regolamento sul Rrf, diventato ufficiale a febbraio 2020, stabilisce infatti che a ciascun Paese il 70 per cento delle sovvenzioni a fondo perduto è stato assegnato sulla base di tre parametri (qui la formula del conteggio): la popolazione, l’inverso del Pil pro capite, ossia il rapporto fra il Pil pro capite italiano e il Pil pro capite medio europeo, e il tasso medio di disoccupazione negli ultimi cinque anni, rispetto alla media europea 2015-2019.
Il restante 30 per cento va invece quantificato (qui la formula) considerando la perdita del Pil nel 2020 e dal calo complessivo del Pil nel periodo 2020-2021, da calcolare entro il 30 giugno 2022, data indicata in conferenza stampa anche da Nuyts.
Secondo le stime più aggiornate, lo scorso anno l’economia italiana è cresciuta più del 6 per cento, mentre le previsioni su cui si sono basate le allocazioni iniziali delle sovvenzioni parlavano di un 4 per cento circa. È dunque possibile, ma non ancora certo, che le cifre sulle risorse finali siano diverse rispetto a quelle inizialmente preventivate.
Il 27 gennaio il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiarito in una nota che «sulla base dei dati attualmente disponibili» un’eventuale revisione delle sovvenzioni sarebbe di un «importo molto limitato per l’Italia» e «tale da determinare un impatto marginale» sul Pnrr.
Sottolineiamo che in caso di revisione delle sovvenzioni del piano, il nostro Paese avrebbe comunque a disposizione alcune opzioni per integrare le risorse venute meno. In primo luogo, in base all’articolo 7 del regolamento sul Rrf, potrebbe dirottare, per così dire, una parte delle risorse di altri fondi europei nel Pnrr. In secondo luogo, potrebbe integrare il piano con risorse nazionali (cosa che già sta accadendo con il Pnrr). Infine, potrebbe chiedere, entro il 31 agosto 2023, una richiesta per un nuovo prestito, solo se con il piano non si è raggiunto l’importo massimo pari al 6,8 per cento del reddito nazionale lordo, calcolato nel 2019.
Non c’è solo la crescita economica tra i fattori che potrebbero contribuire a una revisione del piano. Il 25 gennaio il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile Enrico Giovannini ha aperto alla possibilità che l’Italia avvii un dialogo con l’Ue per aggiustare il Pnrr, visti i crescenti rincari dell’energia e delle materie prime. Nei prossimi mesi l’aumento dei costi, infatti, potrebbe mettere in difficoltà alcune aziende appaltatrici nell’attuare i progetti finanziati con le risorse europee.
In conclusione
Secondo Matteo Salvini, l’Ue vorrebbe «tagliare i soldi» del Pnrr all’Italia, perché il nostro Paese starebbe crescendo oltre le attese. Il segretario della Lega si è augurato che questa eventualità sia una «fake news», ma in realtà non si tratta di una novità.
In base al regolamento che ha istituito il fondo con cui è finanziato il Pnrr, una parte delle sovvenzioni a fondo perduto è calcolata sulla base della crescita economica registrata dall’Italia nel 2021. Le cifre circolate negli ultimi mesi sulle sovvenzioni italiane sono basate su stime di crescita effettivamente inferiori a quelle poi verificatesi. Ma la revisione del piano non è ancora certa e il nostro Paese avrebbe tra le mani varie opzioni per integrare un’eventuale riduzione degli importi. In ogni caso, secondo il Mef, le modifiche previste sarebbero minime, mentre altre preoccupazioni vengono dagli aumenti dei prezzi dell’energia e delle materie prime.
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