In Parlamento si torna a discutere di voto ai fuorisede – chi è temporaneamente domiciliato fuori dalla regione di residenza – in vista delle elezioni regionali e comunali dell’autunno.
Alla Camera, in commissione Affari costituzionali si stanno confrontando diverse proposte di legge sul tema. Una di questa è stata redatta dai costituzionalisti Salvatore Curreri e Roberto Bin su richiesta del Collettivo Peppe Valarioti, un gruppo di studenti, lavoratori e ricercatori calabresi (ma non solo). Il testo è stato poi fatto proprio e depositato dal presidente della commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia (M5s), che ne sarà anche relatore.
Vediamo meglio i dettagli.
Com’è nata la proposta di legge
Il Collettivo Peppe Valarioti prende il nome da un militante comunista di Rosarno, ucciso nel 1980 dalla ‘Ndrangheta. Il gruppo è nato l’11 giugno 2020, nel ventesimo anniversario dell’omicidio dell’attivista.
A ottobre 2020, «dopo la morte della presidente della regione Calabria Jole Santelli – racconta a Pagella Politica Daniele Armellino, rappresentante del gruppo – abbiamo lanciato una petizione su Change.org per chiedere il voto per i fuorisede» in vista delle regionali inizialmente previste a febbraio 2021. Da quel momento il collettivo, che si definisce «un think tank politico ma non legato ad alcuna realtà partitica», ha cominciato a incontrare parlamentari di diverse forze politiche, ma soprattutto a contattare professori e costituzionalisti che potessero redigere la bozza di una proposta di legge per la loro causa. La risposta è arrivata da Roberto Bin, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Ferrara, e Salvatore Curreri, professore di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università “Kore” di Enna.
Il testo è stato poi fatto proprio dal presidente della commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia (M5s). «Per è importante che si possa votare fuori dalla regione di residenza già dall’autunno – commenta Armellino – perché al momento è un diritto non garantito, soprattutto con la pandemia ancora in corso la gente, dovrebbe scegliere fra diritto di voto e diritto alla salute».
Nelle ultime settimane il Collettivo Valarioti ha dato vita con altre associazioni alla rete “Voto sano da lontano”. Partecipano al progetto, fra gli altri, il Comitato Io Voto Fuori Sede, 6000 Sardine, Student Office, The Good Lobby, Libera e le sezioni calabresi di Anpi, Cgil, Cisl e Uil.
Il piccolo paradosso del voto all’estero
Nel corso di un’audizione in commissione Affari costituzionali, il 6 maggio, il professor Curreri ha messo in luce un’evidente irrazionalità nella disciplina attuale sul voto fuori dal comune di residenza. La legge elettorale in vigore, il cosiddetto Rosatellum bis, ha confermato nel 2017 una norma già prevista dall’Italicum: alle elezioni politiche «possono votare per corrispondenza nella circoscrizione Estero» anche i cittadini italiani che «per motivi di lavoro, studio o cure mediche, si trovano, per un periodo di almeno tre mesi» nel Paese estero, anche se non sono registrati lì come residenti (una misura pensata, per esempio, per gli studenti Erasmus), ma inviando una comunicazione a tre mesi dalla consultazione.
«Coloro che sono all’estero per tre mesi possono votare per le elezioni politiche anche se non vi sono residenti – ha commentato il professor Curreri – mentre coloro che non si trovano all’estero, ma si trovano fuori dal comune di residenza non possono farlo». Secondo un esempio del costituzionalista, il paradosso è che «se un ragazzo calabrese si trova a Nizza può votare da lì, se si trova a 40 km di distanza, cioè a Ventimiglia, per votare deve tornare nel comune di residenza in Calabria».
Il testo Bin-Curreri, però, non riguarda le elezioni politiche ma quelle comunali e regionali. Prevalentemente per questioni di tempo: i due professori hanno ritenuto che un testo agile e più circoscritto potesse essere più facilmente approvato entro le elezioni di ottobre, quando si sceglierà la presidenza della regione in Calabria e un nuovo sindaco in 1300 comuni di tutto il Paese.
Che cosa prevede il testo Bin-Curreri
La proposta di legge redatta dai costituzionalisti Bin e Curreri contiene solo due articoli e prevede che si possa esercitare il proprio diritto di voto per le elezioni comunali o regionali fuori dal comune di residenza, presentandosi nella prefettura o nell’ufficio territoriale del Governo nel luogo in cui il cittadino ha registrato il proprio domicilio (articolo 1).
All’elettore basterebbe inviare una comunicazione alla prefettura-ufficio territoriale della circoscrizione elettorale di residenza entro quattro mesi dalla data delle elezioni comunali o regionali. I voti espressi verrebbero poi trasmessi dalla prefettura nel territorio di domicilio all’ufficio elettorale della circoscrizione di residenza per essere contati con tutti gli altri voti.
Il testo Madia
Fra le altre proposte di legge in discussione sullo stesso tema, il testo a prima firma della deputata del Partito democratico Marianna Madia – depositato giù nel 2019 – si distingue dalle altre perché non riguarda il voto ai fuorisede nelle consultazioni regionali e comunali, ma solo in quelle politiche, europee e referendarie.
Un’altra differenza significativa è nelle limitazioni: la possibilità di votare in un seggio diverso da quello che spetterebbe in base al comune di residenza verrebbe concessa (articolo 1) unicamente a fronte di motivi di studio, lavoro o cura, da provare al momento della domanda, tramite la presentazione di un certificato di iscrizione all’università, una copia del contratto di lavoro o un certificato medico. In più, secondo il testo «qualora la distanza tra i due comuni non sia rilevante, l’elettore deve tornare a casa per votare», ad esempio nel caso di regioni confinanti.
Il professor Roberto Bin, nel corso di un’audizione in commissione Affari costituzionali l’11 maggio, ha criticato questo tipo di approccio. Secondo Bin «non c’è nessuna ragione per cui chi vuole esercitare il proprio diritto di voto – un diritto costituzionalmente riconosciuto – lo debba giustificare con “comprovate motivazioni”».
La proposta di legge Madia presenta anche una complessità maggiore rispetto agli altri provvedimenti. Il voto dei fuorisede avverrebbe per posta e non nelle prefetture (artt. 4 e 5) e soprattutto, all’articolo 6, prevede che il governo sperimenti per un’elezione il voto elettronico, mai organizzato prima. Un sistema difficilmente attuabile entro ottobre 2021, anche nel caso in cui si decidesse di fondere il testo Madia con le proposte sulle amministrative.
Giustizia
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