«Dopo il governo giallo-verde e quello giallo-rosso, ora ne serve uno giallo-bianco, con una forte presenza centrista». La frase è della senatrice Paola Binetti e la riporta il Corriere delle sera. Ad oggi non si sa se un governo così colorato vedrà mai la luce, ma di un aspetto bisogna prendere atto: nella politica italiana sembra tornato di moda il bianco. Non bianco come la neve, ma bianco come la “Balena bianca”, lo storico soprannome della Democrazia cristiana inventato dal giornalista Giampaolo Pansa.

I superstiti della tradizione Dc sono infatti diventati fondamentali in queste settimane (e ancora in questi giorni) di crisi di governo perché vengono considerati i migliori candidati ad allargare il gruppo dei cosiddetti “responsabili”: parlamentari moderati, di tradizione europeista, che non abbiano finora fatto parte della maggioranza di Giuseppe Conte, ma vogliano entrarvi per stabilizzare la situazione politica. Con una precisazione: parliamo in questo caso di politici che rivendicano ancora un’appartenenza centrista e non siano confluiti in altri grandi partiti. Sia nel Partito democratico che in Forza Italia, infatti, non pochi esponenti vengono dal bacino democristiano.

Complice la “caccia ai responsabili”, abbiamo così ricominciato a sentir parlare con insistenza di sigle come Udc (l’Unione di centro) e di nomi come quelli di Bruno Tabacci e Pier Ferdinando Casini che da anni erano lontani dalle luci della ribalta. Non che fossero spariti, ma il momento li ha riportati sotto i riflettori della cronaca parlamentare come mai nel passato recente.

E allora vale la pena fare un passo indietro. Che cosa rimane della vecchia Democrazia cristiana nell’attuale Parlamento?

Qualche accenno di storia

Dopo più cinquanta di egemonia politica, il percorso della Democrazia cristiana si fermò in un pomeriggio di luglio 1993. «Per la precisione alle 17:45 al Palazzo dei congressi dell’Eur, sulle note di una curiosa Rapsodia europea che riunisce le note di tutti gli inni nazionali, la Democrazia cristiana dopo mezzo secolo è uscita di scena per lasciare il posto, come ha annunciato il presidente del partito Rosa Russo Jervolino, al “nuovo partito dei cattolici italiani”», racconta un articolo di Repubblica dell’epoca. Dalle ceneri della Dc, sarebbero in realtà nati due partiti: il Partito popolare italiano e il Centro cristiano democratico (Ccd). Quest’ultimo era stato fondato da due esponenti ancora oggi attivi politicamente: Pier Ferdinando Casini e Clemente Mastella. Ed era destinato a vivere un’altra stagione politica. Il Centro cristiano democratico dal 1994 ha infatti partecipato alle elezioni politiche nella coalizione del Polo delle libertà, guidato da Silvio Berlusconi.

L’esperienza del Ccd si è conclusa nel 2002, quando è nata l’Udc, l’Unione dei democratici cristiani, poi nota come Unione di centro. La sigla sopravvive ancora oggi in Parlamento: è l’erede ufficiale delle Democrazia cristiana ed è decisiva in questa fase politica. Vediamo perché.

L’Udc oggi e lo scudo crociato

Lo storicosimbolo della Democrazia cristiana – uno scudo crociato rosso con la scritta latina “Libertas” – oggi appartiene proprio, ed esclusivamente, all’Unione di centro. Non è un aspetto scontato perché il simbolo è stato al centro di una disputa legale. Oltre all’Udc, lo reclamava una “nuova” Democrazia cristiana, rifondata nel 2012 ma mai più rientrata in Parlamento. Il 30 aprile 2019 una sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio ha chiuso la contesa: il simbolo resta nelle mani dell’Unione di centro perché, ha motivato il Tar, il partito «con il proprio simbolo recante all’interno lo scudo crociato e la scritta Libertas, ha rappresentanti sia in Parlamento europeo, sia in quello nazionale, mentre la Democrazia cristiana (…) non ne ha nessuno dal 1993».

Fino al 21 gennaio – quando ha rassegnato le dimissioni per un’inchiesta giudiziaria legata a presunti contatti con la ‘Ndrangheta – il segretario dell’Udc era Lorenzo Cesa.

Il partito ha partecipato alle elezioni del 4 marzo 2018 insieme a Noi con l’Italia, fondato dagli ex ministri Maurizio Lupi e Raffaele Fitto, all’interno della coalizione di centrodestra (quindi con Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia). La sigla Udc-Noi con l’Italia ha ottenuto l’1,3 per cento dei voti, che si sono tradotti in quattro seggi alla Camera e quattro al Senato. Nella spartizione fra le due componenti, i senatori dell’Udc sono tre e fanno parte del gruppo parlamentare di Forza Italia (al Senato sono necessari almeno 10 membri per formare un gruppo autonomo): Antonio De Poli, Antonio Saccone e Paola Binetti. Non ci sono invece deputati alla Camera.

I due storici politici centristi si trovano ora in altre formazioni. Pier Ferdinando Casini nel 2018 è stato eletto con il Partito democratico, ma si è poi iscritto al gruppo parlamentare Per le autonomie. È comunque fra i sostenitori del governo Conte (anche di un prossimo, eventuale ter).

Clemente Mastella non è più in Parlamento, ma è stato eletto sindaco di Benevento nel 2016 sostenuto da una coalizione di cui facevano parte due liste civiche, Forza Italia e l’Unione di centro. È stato fra i protagonisti di quest’ultima fase perché associato al nome della moglie, la senatrice Sandra Lonardo, ex forzista ora nel gruppo Misto, fra i “responsabili” che hanno permesso a Conte di ottenere la fiducia a Palazzo Madama.

Bruno Tabacci e il Centro democratico

Il protagonista assoluto nell’operazione di ricerca dei “responsabili” è stato un altro ex democristiano, il deputato Bruno Tabacci. Tabacci, 74 anni, ha alle spalle cinquant’anni di carriera politica difficilmente riassumibili: è stato consigliere comunale e consigliere regionale in Lombardia, presidente della Regione, assessore a Milano e deputato in tre legislature. Ha anche attraversato diversi partiti politici: dagli anni ’70 ai primi anni 2000 è stato un esponente della Democrazia cristiana, dal 2001 ha fatto parte dell’Udc, per poiuscirne nel 2008 in polemica con le posizioni dei dirigenti del partito, secondo Tabacci troppo schiacciati sulle posizioni della coalizione berlusconiana.

Nel 2012 ha fondato il partito Centro democratico (Cd), stringendo sempre, da quel momento, alleanze nella galassia del centrosinistra. Nel 2018 infine Cd si è presentato alle elezioni politiche con +Europa di Emma Bonino, ma più che un’alleanza si è trattato di un salvataggio: il partito della senatrice radicale, non avendo raggiunto le 25 mila firme necessarie, non avrebbe potuto partecipare alle elezioni con un proprio simbolo. Le strade dei due veterani della politica si sono divise nel 2019, quando Boninoha deciso di votare contro il secondo governo Conte.

L’unico parlamentare di Centro democratico è proprio Bruno Tabacci. Ora però il suo simbolo può offrire una scialuppa di salvataggio al presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte.

Il 26 gennaio, il senatore Gregorio De Falco, ex Movimento 5 stelle attualmente nel gruppo Misto, ha fatto richiesta alla presidenza del Senato di aderire alla componente Centro democratico di Bruno Tabacci. Centro democratico finora è stato presente alla Camera ma non al Senato. Con l’iscrizione di De Falco, il senatore ha portato il simbolo a Palazzo Madama così permettendo la formazione di un nuovo gruppo di “responsabili” fuso con il Maie, gli italiani eletti all’estero. Il gruppo, formato il 27 gennaio, si chiamerà “Europeisti Maie Centro Democratico” e conta dieci componenti (il minimo necessario per formare un gruppo in Senato): Andrea Buccarella, Adriano Cairo, Andrea Causin, Saverio De Bonis, Gregorio De Falco, Raffaele Fantetti, Gianni Marilotti, Riccardo Merlo, Mariarosaria Rossi e Tatjana Rojc (senatrice del Pd “prestata” al nuovo gruppo per raggiungere il numero). Nel novero si era aggiunto il senatore forzista Andrea Vitali, ma si è poi sfilato.

Al Senato, lo ricordiamo, possono formare nuovi gruppi solo i partiti che hanno un simbolo con il quale hanno partecipato alle elezioni politiche, per questo Centro democratico di Tabacci è stato fondamentale.

In conclusione

Nel pieno di una crisi politica della Terza Repubblica, sono tornati sotto i riflettori gli eredi della tradizione democristiana.

Gli ex democristiani sono infatti diventati fondamentali in queste settimane di crisi di governo per entrare a far parte dei “responsabili”, il gruppo di parlamentari moderati, di tradizione europeista, che vogliano entrare in una maggioranza a sostegno di Giuseppe Conte.

Due partiti, in particolare, ancora oggi presenti in Parlamento sono attori fondamentali in questa partita politica: l’Unione di centro, l’erede “più legittimo” della Democrazia cristiana e il Centro democratico fondato da un ex Dc di lunghissimo corso, il deputato Bruno Tabacci.