Perché riformare i trattati europei è tutt’altro che semplice

Lo ha proposto Mario Draghi, nel suo discorso al Parlamento europeo, ma le procedure e le tempistiche sono piuttosto lunghe e articolate
Pagella Politica
Il 3 maggio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha tenuto un discorso nell’aula del Parlamento europeo di Strasburgo, in Francia, per parlare dell’attuale stato dell’Unione europea. Tra i vari argomenti affrontati, Draghi ha chiesto di riformare al più presto il funzionamento delle istituzioni europee che, secondo il presidente del Consiglio, «sono inadeguate per la realtà che ci si manifesta oggi». «Se ciò richiede l’inizio di un percorso che porterà alla revisione dei Trattati, lo si abbracci con coraggio e con fiducia», ha aggiunto Draghi. 

Il giorno dopo, il Parlamento europeo ha poi approvato una risoluzione che chiede l’avvio della modifica dei trattati e sostiene le proposte discusse durante la Conferenza sul futuro dell’Europa, una serie di dibattiti e discussioni organizzati dall’Ue con il coinvolgimento dei cittadini.  

Al di là delle proposte in campo, la revisione dei trattati europei per modificare il funzionamento delle istituzioni comunitarie prevede un procedimento molto lungo, composto da diverse fasi e richiede il consenso di tutti gli Stati membri.

Quali sono i trattati europei in vigore

Procediamo con ordine. I trattati dell’Unione europea sono accordi vincolanti stipulati dai vari Paesi membri e stabiliscono il funzionamento delle varie istituzioni europee e le procedure per adottare i vari atti comunitari, come i regolamenti e le direttive. 

Ad oggi, i trattati in vigore sono quattro: il Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom), firmato nel 1957 e che fissa le principali regole dell’Ue in materia energetica; il Trattato sull’Unione europea (Tue), ossia il cosiddetto “Trattato di Maastricht”, firmato nel 1992, che stabilisce i requisiti economici per l’adesione di uno Stato all’Ue; la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Cdfue), ossia la “Carta di Nizza”, firmata nel 2000, che elenca i valori fondamentali dell’Unione; e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), nato nel 2007, che stabilisce il funzionamento degli organi che compongono l’Ue.

Come si modificano i trattati europei

La possibilità di modificare i trattati europei è regolata dall’articolo 48 del Tue, che prevede una procedura ordinaria e una procedura semplificata. 

La procedura ordinaria di revisione dei trattati si compone di diverse fasi. Nella prima fase, ogni Stato membro, la Commissione europea o il Parlamento europeo presentano un progetto di revisione al Consiglio dell’Unione europea, l’organo composto dai 27 ministri dei governi dell’Ue con funzioni di coordinamento. A sua volta, il Consiglio dell’Unione europea deve trasmettere il progetto al Consiglio europeo, l’organo di indirizzo politico dell’Ue, formato dai capi di Stato e di governo. Il progetto di revisione del trattato deve essere quindi approvato da parte della metà più uno dei votanti in Consiglio europeo. In seguito, il progetto deve essere approvato per consenso, ossia senza che nessuno dei membri si opponga, da una convenzione composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione. 

Una volta ottenuto il via libera dalla convenzione, il presidente del Consiglio europeo convoca una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri che adotta le modifiche del trattato. Queste ultime entrano effettivamente in vigore solo se vengono ratificate da ognuno degli Stati membri. Nel caso dell’Italia, la modifica del trattato deve essere ratificata dal presidente della Repubblica e dal Parlamento.

Al contrario di quella ordinaria, la procedura semplificata prevede un procedimento più veloce e viene adottata solo per modificare la terza parte del Tfue, ossia quella che regola le politiche e le azioni interne dell’Ue, come la libera circolazione delle merci, l’agricoltura e la pesca.

In questo caso, il progetto di modifica deve ottenere il via libera solo del Consiglio europeo, che lo approva all’unanimità. Per entrare effettivamente in vigore, la revisione del trattato dovrà comunque essere ratificata da ciascuno Stato.

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