In commissione Giustizia al Senato è sempre più ampia la spaccatura fra l’ex maggioranza giallorossa (Pd, Leu e Iv) e i partiti di centrodestra, Lega e Forza Italia, oggi tutti insieme a sostegno del governo di Mario Draghi.
Il 6 maggio il «centrodestra di governo» – così Lega e Forza Italia si sono definiti in un comunicato congiunto – ha depositato un proprio disegno di legge contro l’omofobia, «che aumenta le pene in caso di discriminazione e violenza», ma punta a superare «le battaglie ideologiche e i pregiudizi» che hanno diviso i partiti in questi mesi.
Mentre il ddl del centrodestra non è però stato ancora assegnato alla commissione Giustizia, quest’ultima va avanti con il testo già approvato alla Camera, che porta il nome del deputato Pd Alessandro Zan.
Il 6 maggio, la proposta di lavorare solo sul testo Zan – presentata dai senatori di Pd e M5s – è stata messa ai voti in commissione Giustizia ed è passata con 12 favorevoli e 9 contrari.
L’iter, in ogni caso, va incontro all’ennesimo allungamento dei tempi, controllati dal senatore leghista Andrea Ostellari, presidente della commissione e relatore della legge. Il 6 maggio Ostellari ha fissato a giovedì 13 maggio il termine per presentare proposte di audizione senza però stabilire un tetto massimo al numero degli incontri. A chi gli ha chiesto una spiegazione, secondo le agenzie di stampa, Ostellari avrebbe risposto: «Decido io».
La situazione si complicherà ancora quando il ddl di Lega e Forza Italia verrà assegnato alla commissione Giustizia e questa dovrà approvare o rifiutare l’abbinamento con i testi già esistenti.
Intanto, vediamo meglio quali sono le differenze fra il ddl Zan, appoggiato dall’ex maggioranza Conte bis, e il ddl di risposta del centrodestra.
Il nuovo testo del “centrodestra di governo”
Il nuovo disegno di legge contro l’omofobia – di cui Pagella Politica ha preso visione – è stato presentato da Lega, Forza Italia, Udc e Cambiamo, ovvero i partiti di centrodestra all’interno della maggioranza Draghi.
La prima differenza è nel numero di articoli. Il ddl Zan ne prevede dieci, il ddl del centrodestra solo tre. Quest’ultimo, infatti, interviene in maniera molto più circoscritta del testo presentato alla Camera.
Di base il ddl alternativo si limita a modificare l’articolo 61 del Codice penale, introducendo fra le aggravanti comuni – applicabili a qualsiasi reato – quella di «aver agito in ragione dell’origine etnica, credo religioso, nazionalità, sesso, orientamento sessuale, disabilità nonché nei confronti dei soggetti» in condizione di particolare vulnerabilità. Semplificando, le aggravanti sono le circostanze in cui è stato commesso il reato che possono portare il giudice a prevedere un aumento di pena (variabile di reato in reato).
L’articolo 2 e l’articolo 3 del ddl, di conseguenza, modificano anche l’articolo 69 della procedura penale e prevedono che anche la nuova aggravante – come le altre – annulli l’effetto delle attenuanti, che al contrario permetterebbero uno sconto di pena.
Il ddl Zan interviene su un punto diverso del Codice penale. All’articolo 2 modifica gli articoli 604-bis e 604-ter e all’articolo 5 estende la legge Mancino (decreto-legge 26 aprile 1993) aggiungendo alle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi nello specifico anche gli atti discriminatori fondati «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità».
Di conseguenza, sarebbe punibile (a seconda dei casi fino a 4 o 6 anni di reclusione) chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione» e chi «istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza» per i motivi appena visti e chi fa parte di organizzazioni che portano avanti questo tipo di condotta. Anche il ddl Zan, poi, all’articolo 3, aggiunge all’aggravante di discriminazione (già esistente) i motivi fondati sul sesso, genere, identità di genere, orientamento sessuale e disabilità.
In sintesi, con il ddl del centrodestra l’omofobia sarebbe solo un’aggravante che porterebbe a inasprire le pene quando vengono commessi altri reati (per esempio un’aggressione motivata dall’odio verso l’orientamento sessuale dell’aggredito). Con il ddl Zan l’omofobia rientrerebbe fra gli atti discriminatori, quindi fra i reati di odio.
Che cosa non c’è: le definizioni
Il testo del centrodestra è preceduto da un’introduzione – sempre prevista nei progetti di legge da presentare – in cui si legge che «il compito del diritto penale è quello di attenersi alla materialità dei fatti, non potendo essere utilizzato per promuovere valori etico-culturali». Esattamente l’accusa che i partiti contrari rivolgono al ddl Zan.
Fra i due ddl non cambia solo il tipo di intervento sul Codice penale. La differenza più rilevante è in quello che “non c’è” nel nuovo testo.
Non c’è, prima di tutto, un equivalente dell’articolo 1 del testo Zan, che si occupa di chiarire che cosa si intenda per «sesso», «genere», «orientamento sessuale» e «identità di genere». Viene specificato che i termini siano da intendere «ai fini della presente legge», quindi per individuare a quali motivazioni possano essere ricondotti gli atti discriminatori.
Nel ddl Zan, per «per sesso» si intende il «sesso biologico o anagrafico». Per «genere» si fa riferimento a «qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso». Per «orientamento sessuale» si parla dell’«attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi». E infine, la definizione contestata. Per «identità di genere» si intende «l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione», ovvero che ci sia stato un cambiamento del sesso biologico.
Quest’ultimo concetto, l’identità di genere, è fra i punti più contestati dal centrodestra e infatti nella sua proposta, come abbiamo visto, non compare affatto.
Che cosa non c’è: la sensibilizzazione
Nel ddl presentato dal centrodestra sono stati eliminati tutti i riferimenti alle attività di sensibilizzazione e prevenzione delle discriminazioni. Questi aspetti, nel ddl Zan, vengono affrontati in particolare da quattro articoli. Vediamoli nel dettaglio.
L’articolo 7 della legge Zan istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia da celebrare il 17 maggio. In occasione della Giornata nazionale, «sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile» per la realizzazione delle finalità elencate al comma 1: «promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione». Anche le scuole, si legge al comma 3, dovranno provvedere a organizzare questo tipo di attività in occasione della ricorrenza. Nel testo viene però specificato (art.7, co.3) che queste iniziative debbano essere promosse nel rispetto del «piano triennale dell’offerta formativa» e «del patto educativo di corresponsabilità», un documento in cui genitori, studenti e istituzioni scolastiche definiscono insieme i principi e i comportamenti che si impegnano a rispettare. In altri termini, anche la decisione di organizzare attività di sensibilizzazione per la Giornata nazionale contro l’omotransfobia sarebbe subordinata alla volontà di genitori e dirigenti scolastici. Anche questo articolo è fra i più contestati dal centrodestra che accusano il ddl Zan di voler “indottrinare” i bambini nelle scuole sulle questioni relative all’identità di genere.
L’articolo 8 del ddl Zan, inoltre, prevede che l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni di Palazzo Chigi, istituito da un decreto legislativo del 2003 per occuparsi di razzismo e disparità basate sull’origine etnica, elabori «con cadenza triennale una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere».
L’articolo fornisce solo indicazioni sulla strategia, che dev’essere mirata a «l’individuazione di misure relative all’educazione e all’istruzione, al lavoro, alla sicurezza, anche con riferimento alla situazione carceraria, alla comunicazione e ai media». Non ci sono altre informazioni, per cui è difficile definire con esattezza se la strategia abbia solo l’obiettivo di portare avanti delle indagini conoscitive o possa orientare nuove leggi sulla materia. Di fatto, quello che sembra di poter dire con certezza è che l’Ufficio dovrebbe capire cos’è necessario fare per evitare che si creino discriminazioni all’interno delle scuole, dei luoghi di lavoro e degli istituti penitenziari.
L’attività di sensibilizzazione dev’essere portata avanti, specifica l’articolo, sempre in un quadro di «consultazione permanente delle amministrazioni locali, delle organizzazioni di categoria e delle associazioni impegnate nel contrasto delle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere».
L’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni di Palazzo Chigi avrebbe, se dovesse essere approvata la legge Zan, il compito di individuare «specifici interventi volti a prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni di violenza e discriminazione fondati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere».
L’articolo 9, poi, aggiunge 4 milioni di euro, dal 2020, al Fondo pari opportunità, indirizzandoli, nello specifico, alla prevenzione e al contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno delle vittime. Nello stesso articolo si prevede l’istituzione di un programma «per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere». I centri servirebbero garantire assistenza legale, sanitaria, psicologica a chi si trova in difficoltà per situazioni legate all’orientamento sessuale o all’identità di genere.
Da ultimo, l’articolo 10 richiede all’Istat di svolgere indagini, almeno ogni tre anni, sulle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere con lo scopo di fornire al legislatore elementi utili a capire come migliorare le politiche anti-discriminatorie.
In conclusione
I partiti del centrodestra “di governo” – quindi parte della maggioranza a sostegno di Mario Draghi – hanno depositato al Senato un disegno di legge contro l’omofobia per rispondere al ddl Zan. Lega e Forza Italia, infatti, ritengono che il testo già approvato alla Camera contenga troppe criticità e si spinga oltre la sola tutela delle categorie discriminate.
La differenza fra i due testi è, in primo luogo, in un diverso intervento sul Codice penale. Mentre il ddl Zan inserisce i motivi legati al sesso, all’orientamento sessuale, all’identità di genere, al genere e alla disabilità fra le discriminazioni punibili come il razzismo, semplificando, il testo del centrodestra inserisce le stesse motivazioni alle aggravanti comuni, quindi punibili solo in presenza di un reato.
Soprattutto, il ddl del centrodestra non prevede tutte le iniziative di sensibilizzazione che verrebbero introdotte con il ddl Zan.
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