Dopo la vittoria alle elezioni comunali di Silvia Salis a Genova e di Alessandro Barattoni a Ravenna, i partiti all’opposizione sono tornati a discutere di alleanze e del cosiddetto “campo largo”.
Da un lato, c’è chi sostiene che le vittorie alle comunali dimostrerebbero che se i partiti all’opposizione supportano lo stesso candidato, i partiti al governo vengono sconfitti. Le candidature di Salis e Barattoni, infatti, sono state supportate da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Italia Viva, Azione e Più Europa. Questa lettura, per esempio, è stata data all’indomani delle elezioni comunali dalla segretaria del Partito Democratico Elly Schlein. «Essere testardamente unitari non è una tesi o un dibattito politologico ma un dato oggettivo: solo così si può battere la destra», ha detto Schlein in un’intervista con la Repubblica.
Dall’altro lato, c’è chi non è d’accordo con questa tesi. Il 27 maggio, in un’intervista con il Corriere della Sera, il leader di Azione Carlo Calenda ha detto che la vittoria a Genova non dimostra che è merito dell’unità dei partiti all’opposizione. «Avevamo una candidata brava e quindi abbiamo vinto», ha detto Calenda. «Per cui il punto vero della questione è che quando ci sono dei candidati che funzionano le elezioni vanno bene». Secondo l’ex ministro, «trarre lezioni generali da fatti particolari è sempre molto pericoloso». Il leader di Azione ha poi aggiunto: «Dopodiché, la posizione di Azione rimane esattamente quella che è sempre stata. Noi siamo un partito liberale, chiamiamolo un terzo polo, che quando si trova di fronte a un candidato capace lo sostiene con grande convinzione».
Alla domanda sul perché, nonostante le divisioni con il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, Azione abbia appoggiato Salis, Calenda ha risposto: «Nel governo delle città i temi da affrontare sono diversi: non c’è la questione del riarmo, non si parla della Russia, del nucleare o del mercato del lavoro. Su questi punti le differenze tra noi e la sinistra sono sostanziali e permangono tutte».
Da un lato, c’è chi sostiene che le vittorie alle comunali dimostrerebbero che se i partiti all’opposizione supportano lo stesso candidato, i partiti al governo vengono sconfitti. Le candidature di Salis e Barattoni, infatti, sono state supportate da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Italia Viva, Azione e Più Europa. Questa lettura, per esempio, è stata data all’indomani delle elezioni comunali dalla segretaria del Partito Democratico Elly Schlein. «Essere testardamente unitari non è una tesi o un dibattito politologico ma un dato oggettivo: solo così si può battere la destra», ha detto Schlein in un’intervista con la Repubblica.
Dall’altro lato, c’è chi non è d’accordo con questa tesi. Il 27 maggio, in un’intervista con il Corriere della Sera, il leader di Azione Carlo Calenda ha detto che la vittoria a Genova non dimostra che è merito dell’unità dei partiti all’opposizione. «Avevamo una candidata brava e quindi abbiamo vinto», ha detto Calenda. «Per cui il punto vero della questione è che quando ci sono dei candidati che funzionano le elezioni vanno bene». Secondo l’ex ministro, «trarre lezioni generali da fatti particolari è sempre molto pericoloso». Il leader di Azione ha poi aggiunto: «Dopodiché, la posizione di Azione rimane esattamente quella che è sempre stata. Noi siamo un partito liberale, chiamiamolo un terzo polo, che quando si trova di fronte a un candidato capace lo sostiene con grande convinzione».
Alla domanda sul perché, nonostante le divisioni con il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, Azione abbia appoggiato Salis, Calenda ha risposto: «Nel governo delle città i temi da affrontare sono diversi: non c’è la questione del riarmo, non si parla della Russia, del nucleare o del mercato del lavoro. Su questi punti le differenze tra noi e la sinistra sono sostanziali e permangono tutte».