No, il Cai non ha detto di togliere le croci sulle vette delle montagne

Nel weekend si è fatto confusione su un articolo pubblicato il 23 giugno dal portale online del Cai, le cui parole sono state travisate
ANSA
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Nelle scorse ore vari esponenti di Fratelli d’Italia e della Lega hanno scritto sulle loro pagine ufficiali Facebook, Twitter e Instagram che il Club alpino italiano (Cai), una delle più importanti associazioni italiane di alpinismo, aveva deciso di rimuovere le croci sulle vette delle montagne, per poi ritrattare la sua posizione. Tra i membri del governo Meloni ne hanno parlato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e la ministra del Turismo Daniela Santanchè.
In realtà il Cai non ha mai proposto di rimuovere le croci in cima alle montagne, come hanno precisato alcuni siti di informazione, come Il Post e Wired.  

La polemica è nata da un articolo pubblicato il 23 giugno da Lo Scarpone, il portale online del Cai. «Ci sono argomenti che, più di altri, spaccano in due la sensibilità degli appassionati di montagna, senza lasciare spazio alle mezze misure. Uno di questi è rappresentato dalle croci di vetta», inizia così l’articolo in questione, intitolato: “Croci di vetta: qual è la posizione del Cai?”. L’articolo parla della presentazione di un libro, avvenuta il 22 giugno durante un convegno organizzato all’Università Cattolica di Milano, a cui hanno partecipato Monsignor Melchor José Sànchez de Toca y Alameda, relatore del Dicastero delle Cause dei Santi, lo scrittore Marco Albino Ferrari in rappresentanza del Cai e il professore di Diritto dell’Università Cattolica Marco Valentini. 

«Al convegno si è registrato un punto di convergenza culturale, giuridico, storico e perfino religioso; una prospettiva che ha trovato tra i presenti una larga concordanza sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’installazione di nuovi simboli sulle cime», spiega l’articolo scritto dall’antropologo Pietro Lacasella, che cura i contenuti de Lo Scarpone. «Tesi, questa, condivisa pienamente dal Club alpino italiano. Il Cai guarda infatti con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione (ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di bruschi crolli, …). Questo perché, è giusto evidenziarlo una volta di più, rimuoverle sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino; un’impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza».

Il 25 giugno, dopo che l’articolo era stato ripreso in modo fuorviante da alcune agenzie stampa, Lo Scarpone ha pubblicato una nota in cui il presidente generale del Cai Antonio Montani ha chiarito la posizione dell’associazione sulle croci in cima alle montagne. «Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro», si legge nella nota di Montani. «Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco a immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce. Voglio scusarmi personalmente con il ministro per l’equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto».

In ogni caso, al di là della precisazione del presidente Montani, dall’articolo pubblicato il 23 giugno si evinceva che la posizione espressa al convegno non era quella di rimuovere le croci dalle vette, ma di non installarne di nuove.

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