Nelle ultime ore sta facendo molto discutere una proposta di legge presentata lo scorso 13 ottobre alla Camera da cinque deputati della Lega per incentivare i matrimoni religiosi. Il testo propone di introdurre, a partire dal 1° gennaio 2023, il cosiddetto “bonus matrimonio”, per detrarre dalle tasse il 20 per cento delle spese sostenute per celebrare un matrimonio religioso, fino a un massimo di 20 mila euro, detratti nell’arco di cinque anni. Tra le voci di spesa in parte rimborsate, rientrano per esempio «la passatoia e i libretti, l’addobbo floreale, gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, il servizio di acconciatura e il servizio fotografico». Per accedere al bonus, il matrimonio religioso deve avvenire tra persone con la cittadinanza italiana da almeno 10 anni e un indicatore Isee inferiore agli 11.500 euro a testa.
Dopo le polemiche delle ultime ore, il deputato della Lega Domenico Furgiuele, primo firmatario della proposta di legge, ha chiarito che se il testo inizierà l’esame del Parlamento, il bonus sarà esteso a tutti i matrimoni, non solo quelli religiosi. La proposta avanzata da alcuni deputati della Lega non è però una novità: già nella scorsa legislatura, durata dal 23 marzo 2018 al 12 ottobre 2022, lo stesso Furgiuele, con oltre 50 colleghi di partito, aveva presentato il 13 novembre 2018 un testo che conteneva l’introduzione dello stesso “bonus matrimonio”, che oggi sta facendo discutere. All’epoca, la proposta fu rilanciata anche da alcuni quotidiani, ma il testo, assegnato alla Commissione Finanze della Camera per l’inizio dell’esame, non arrivò mai in aula per il voto. E un destino simile potrebbe toccare anche al nuovo tentativo, visto che solo l’1 per cento delle proposte di legge presentate dai parlamentari alla fine diventa legge.
Nel recente passato, non sono mancate altre proposte per incentivare i matrimoni o per sostenere il settore economico delle celebrazioni religiose e non. Per esempio, nell’estate del 2021, durante la conversione in legge del decreto “Sostegni bis”, approvato dal governo Draghi, si era ipotizzata l’introduzione di un credito d’imposta per coprire una parte delle spese per i matrimoni, ma alla fine il testo diventato legge conteneva uno stanziamento di 60 milioni di euro per aiutare le imprese attive nel settore del wedding e dell’intrattenimento, colpite dalla crisi causata dalla Covid-19.
Nella scorsa legislatura, a febbraio 2022, nove deputati di Fratelli d’Italia hanno invece presentato una proposta di legge per sostenere il «settore del turismo matrimoniale» e incentivare i viaggi di nozze nel nostro Paese. Tra le altre cose, la proposta di legge – a prima firma di Federico Mollicone (Fratelli d’Italia), attuale presidente della Commissione Cultura alla Camera – chiedeva di introdurre un credito di imposta del 50 per cento «delle spese sostenute in occasione della celebrazione del matrimonio, quali l’addobbo floreale, gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, il servizio di trucco e acconciatura, il servizio fotografico, il servizio di consulenza e organizzazione della cerimonia e le spese di alloggio». Rispetto alla proposta della Lega, questo bonus non si limitava solo ai matrimoni religiosi, ma non aveva un limite massimo né faceva riferimenti agli indicatori Isee dei beneficiari. La proposta era stata assegnata alla Commissione Attività produttive della Camera, senza ottenere particolari sviluppi.
Dopo le polemiche delle ultime ore, il deputato della Lega Domenico Furgiuele, primo firmatario della proposta di legge, ha chiarito che se il testo inizierà l’esame del Parlamento, il bonus sarà esteso a tutti i matrimoni, non solo quelli religiosi. La proposta avanzata da alcuni deputati della Lega non è però una novità: già nella scorsa legislatura, durata dal 23 marzo 2018 al 12 ottobre 2022, lo stesso Furgiuele, con oltre 50 colleghi di partito, aveva presentato il 13 novembre 2018 un testo che conteneva l’introduzione dello stesso “bonus matrimonio”, che oggi sta facendo discutere. All’epoca, la proposta fu rilanciata anche da alcuni quotidiani, ma il testo, assegnato alla Commissione Finanze della Camera per l’inizio dell’esame, non arrivò mai in aula per il voto. E un destino simile potrebbe toccare anche al nuovo tentativo, visto che solo l’1 per cento delle proposte di legge presentate dai parlamentari alla fine diventa legge.
Nel recente passato, non sono mancate altre proposte per incentivare i matrimoni o per sostenere il settore economico delle celebrazioni religiose e non. Per esempio, nell’estate del 2021, durante la conversione in legge del decreto “Sostegni bis”, approvato dal governo Draghi, si era ipotizzata l’introduzione di un credito d’imposta per coprire una parte delle spese per i matrimoni, ma alla fine il testo diventato legge conteneva uno stanziamento di 60 milioni di euro per aiutare le imprese attive nel settore del wedding e dell’intrattenimento, colpite dalla crisi causata dalla Covid-19.
Nella scorsa legislatura, a febbraio 2022, nove deputati di Fratelli d’Italia hanno invece presentato una proposta di legge per sostenere il «settore del turismo matrimoniale» e incentivare i viaggi di nozze nel nostro Paese. Tra le altre cose, la proposta di legge – a prima firma di Federico Mollicone (Fratelli d’Italia), attuale presidente della Commissione Cultura alla Camera – chiedeva di introdurre un credito di imposta del 50 per cento «delle spese sostenute in occasione della celebrazione del matrimonio, quali l’addobbo floreale, gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, il servizio di trucco e acconciatura, il servizio fotografico, il servizio di consulenza e organizzazione della cerimonia e le spese di alloggio». Rispetto alla proposta della Lega, questo bonus non si limitava solo ai matrimoni religiosi, ma non aveva un limite massimo né faceva riferimenti agli indicatori Isee dei beneficiari. La proposta era stata assegnata alla Commissione Attività produttive della Camera, senza ottenere particolari sviluppi.