Negli ultimi giorni in Italia si è riacceso il dibattito sul possesso delle armi da fuoco, dopo che il 13 giugno ad Ardea (comune a sud di Roma) un uomo ha ucciso a colpi di pistola due bambini e un anziano, per poi togliersi la vita. Secondo le ultime ricostruzioni, l’uomo avrebbe ottenuto l’arma in seguito alla morte del padre, che prestava servizio come guardia giurata.

Commentando la tragedia con i giornalisti, il 15 giugno il leader della Lega Matteo Salvini ha sostenuto (min. 6:58) che l’Italia è «uno dei Paesi più restrittivi» nella concessione di licenze per le armi. Il giorno precedente il segretario del Partito democratico Enrico Letta aveva preso posizioni ben diverse, affermando da Tor Bella Monaca (Roma): «Penso sia venuto il momento in Italia di aprire una seria riflessione sulle armi». Letta ha poi chiesto al governo di «rivedere i regolamenti» e «ripensare le regole» perché le armi nelle case delle persone rappresentano un «elemento di drammatica insicurezza».

Al di là delle considerazioni sulla tragedia di Ardea, chi ha ragione tra Letta e Salvini? Il nostro Paese applica norme particolarmente severe nei confronti delle armi ad uso personale, oppure queste sono più rilassate rispetto altri Paesi? E ci sono criticità nelle regole oggi in vigore? Vediamo come stanno le cose.

Chi può comprare una pistola?

A causa delle loro implicazioni e delle considerazioni etiche, le leggi sulle armi da fuoco sono particolarmente articolate e definiscono con grande precisione e abbondanza di dettagli quali armi è possibile detenere o trasportare, a che scopo e in che condizioni. Iniziamo con qualche considerazione di base.

Una prima importante distinzione da fare quando parliamo di «licenze» per le armi è quella tra il “nulla-osta all’acquisto” e il vero e proprio “porto d’armi”. Il primo infatti autorizza solamente ad acquistare armi o munizioni e a trasportarle fino al proprio domicilio, dove dovranno rimanere. Il porto d’armi invece può essere concesso per uso sportivo, caccia o difesa personale. Il porto d’armi autorizza a trasportare l’arma al di fuori della propria abitazione per recarsi, ad esempio, al poligono di tiro o all’area di caccia. Nel solo caso della difesa personale è concesso tenere l’arma con sé in ogni momento.

Detto questo, nel nostro Paese rimangono sempre esclusi dalla possibilità di ricevere il porto d’armi le persone che sono state condannate a pene «restrittive della libertà personale» – come il carcere o gli arresti domiciliari – superiori a tre anni, che sono state dichiarate delinquenti abituali o professionali o che sono stati condannati per una serie di specifici delitti, come quelli contro lo Stato o l’ordine pubblico, ma anche furto, rapina ed estorsione (articoli 11 e 43 del Testo unico di pubblica sicurezza).

Che cos’è il nulla-osta

Per ottenere il nulla-osta – che ha validità di soli 30 giorni e, ricordiamo, permette esclusivamente di acquistare un’arma e tenerla in casa – è necessario presentare domanda in questura allegando due documenti fondamentali.

Il primo – spiega la Polizia di Stato – è una certificazione di «idoneità psico-fisica», rilasciata generalmente dalle autorità sanitarie regionali o locali (le Asl) che attesti che il soggetto «non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscano anche temporaneamente la capacità d’intendere e di volere».

Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa di Brescia (un centro di ricerca che intende contrastare la circolazione delle armi) ha però sottolineato a Pagella Politica che da un punto di vista medico il rilascio di questo certificato non richiede né un esame tossicologico né una vera e propria valutazione psichiatrica, ma solo un controllo di base.

Il secondo documento consiste invece in una dichiarazione rilasciata da un Tiro a Segno Nazionale (l’ente pubblico che rappresenta la disciplina, presente in moltissime città) che certifichi la capacità di maneggiare e usare l’arma. Questo documento si ottiene dopo aver superato un breve corso pratico e teorico, che costa all’incirca 150 euro e dura non più di mezza giornata.

La concessione di un nulla-osta quindi non sembra particolarmente complessa. Per ricevere il vero e proprio porto d’armi servono poi alcuni documenti aggiuntivi.

Le falle nel porto d’armi

Come detto il porto d’armi si divide in tre categorie – difesa personale, caccia e uso sportivo – ma, citando il caso di Ardea, Salvini fa probabilmente riferimento a quella per difesa personale. Se questo ha effettivamente requisiti piuttosto rigidi, quelli per l’uso sportivo sono più rilassati.

Partiamo dal porto d’armi per difesa personale, per il quale le regolamentazioni sono rigorose. Questo richiede gli stessi documenti del nulla-osta (il certificato di idoneità psico-fisica e quello di capacità di utilizzo), ma in più è necessario motivare le ragioni per le quali si ritiene di essere a rischio e di avere quindi necessità di tenere con sé un’arma.

Il sito della Polizia di Stato cita come esempi di motivazioni accettabili una dichiarazione dei redditi che dimostri un alto volume di affari, attività professionali potenzialmente rischiose per la propria incolumità come gioielliere, benzinaio o avvocato. Il porto d’armi così ottenuto è valido per cinque anni, e può essere utilizzato anche come documento d’identità.

Secondo Beretta, se il porto d’armi per uso personale è regolamentato in maniera piuttosto netta, una potenziale falla è rappresentata da quello per uso sportivo. Questo infatti richiede solamente i documenti del nulla-osta e l’iscrizione a un’associazione di tiro affiliata al Coni oppure a un tiro a segno nazionale. Quest’ultima possibilità è accessibile praticamente da chiunque, a fronte del superamento del corso obbligatorio e del pagamento di una quota associativa solitamente da poche decine di euro.

Per il porto d’armi sportivo non serve quindi alcuna motivazione che dimostri una situazione di pericolo, necessaria invece per quello di uso personale. Una volta ottenuto il porto d’armi sportivo è possibile acquistare fino a 12 armi sportive – tra cui rientra anche il fucile AR-15, utilizzato in molte stragi negli Stati Uniti – con le loro munizioni.

Secondo Beretta, le leggi più morbide del porto d’armi sportivo o anche del nulla-osta potrebbero essere sfruttate per entrare in possesso di un’arma in modo relativamente semplice. È quello che è successo nel caso di Luca Traini, che con un porto d’armi sportivo nel 2018 ha sparato nel centro di Macerata, nelle Marche, cercando di colpire alcuni migranti.

Ma come funziona negli altri grandi Paesi europei? Le regole non sono troppo diverse, e tendono a seguire lo stesso schema di base.

Spagna

Sul sito della Guardia Civil spagnola – uno dei due corpi di sicurezza statali, insieme alla Polizia nazionale – si legge che, in base all’uso che si intende fare dell’arma, in Spagna esistono diversi tipi di licenze: pistole e revolver ad uso anche personale, armi per uso in poligono o gallerie di tiro, per vigilanti e da caccia.

Per quanto riguarda la prima categoria, il porto d’armi è ottenibile dai cittadini spagnoli maggiorenni a fronte della presentazione di un certificato di idoneità psico-fisica (come in Italia), motivazione della richiesta – con standard simili a quelli italiani – ed elenco dei propri precedenti penali.

Anche le norme sulle armi sportive ricalcano quelle italiane: oltre al certificato medico è necessario superare una prova teorica e una pratica e presentare una certificazione che attesti la pratica di un qualche sport di tiro o che comunque prevede l’utilizzo di armi da fuoco. La licenza viene ritirata se lo sport in questione non viene praticato per più di un anno.

La licenza spagnola però ha validità di tre anni, e non cinque come quella italiana.

Francia

Le informazioni relative alla Francia sono disponibili direttamente sul sito del governo. Il Paese non divide le licenze in base allo scopo dell’arma ma al loro livello di pericolosità. Alcune – come pugnali o gas lacrimogeni, appartenenti alla Categoria D – possono essere detenute liberamente ma bisogna avere un motivo valido per portarle con sé.

Le armi di Categoria C, tra cui i fucili a spalla, devono essere dichiarate presentando il certificato di idoneità psico-fisica, il permesso di cacciare oppure una documentazione che dimostri l’iscrizione ad associazioni sportive che prevedono l’uso di armi da fuoco (in alcuni casi è sufficiente una sola tra le tre opzioni, in altri l’iscrizione è obbligatoria).

La Categoria B include armi portatili o per il tiro a segno che richiedono espressa autorizzazione. Queste sono le più complicate da ottenere e quelle che richiedono maggiori documentazioni, come certificato medico, evidenza del possesso di una cassaforte o altro luogo sicuro in cui conservare l’arma, elenco delle armi possedute e delle loro caratteristiche, licenza di tiro rilasciata dalla Federazione nazionale (ma ottenibile comunque anche dagli amatori) e così via.

Infine le armi di Categoria A, come quelle da guerra, sono sempre vietate.

Germania

In Germania per possedere un’arma, in tutti i casi, è necessario avere almeno 18 anni, risiedere nel Paese da almeno cinque, saper utilizzare l’arma e averne necessità. Quest’ultimo criterio è soddisfatto tra gli altri da cacciatori, persone che praticano sport di tiro, collezionisti e persone in potenziale pericolo.

Come per l’Italia, l’unica licenza che permette di portare con se un’arma è quella per la difesa personale, e per ottenerla bisogna dimostrare di essere in una situazione di pericolo che potrebbe essere alleviata dal possesso di un’arma.

Le regole sul porto d’armi sportivo sono leggermente più severe rispetto a quelle degli altri Paesi: il richiedente deve avere almeno 21 anni, e l’associazione a cui è affiliato deve confermare che pratica lo sport da almeno 12 mesi. Inoltre, chi riceve una qualsiasi licenza deve assicurarsi di conservare l’arma in un luogo sicuro, e la polizia può effettuare visite e ispezioni senza preavviso per controllare il rispetto delle norme.

Ricordiamo comunque che, sebbene ogni Paese europeo abbia un certo margine di autonomia per quanto riguarda la legislazione sul possesso di armi, tutti sono tenuti a rispettare gli standard fissati dall’Unione europea. Questi sono stati aggiornati di recente con la direttiva 853 del 17 maggio 2017, che ha modificato alcuni parametri – come la durata massima del porto d’armi per sport e caccia (passata da 6 a 5 anni) – e inserito nuove limitazioni, tra cui il divieto di usare armi «camuffate» o modificate che assomigliano ad altri oggetti.

E nel resto del mondo?

Parlando di armi da fuoco, al di fuori dell’Europa si distinguono gli Stati Uniti, tristemente noti per avere regolamentazioni piuttosto blande e che permettono di acquistare un’arma in modo molto semplice.

Secondo le leggi federali infatti non è necessario richiedere previa autorizzazione o dichiarare l’intenzione di acquistare un’arma: è sufficiente recarsi da un rivenditore autorizzato, che però prima di concludere l’affare dovrà eseguire un “background check” sull’acquirente, ossia un controllo che riguarda i suoi precedenti penali, il suo stato psico-fisico e lo status di cittadino. Oltre a questa regola generale diversi Stati hanno inserito norme più restrittive.

Al contrario, l’Australia ha leggi particolarmente rigide, e generalmente non permette l’utilizzo o il trasporto di armi per difesa personale. In Canada invece quando una persona intende acquistare un’arma tutti i partner con cui ha convissuto negli ultimi due anni devono essere informati della decisione.

Qualche numero sulle armi

Prima di concludere, cerchiamo di farci un’idea su quante siano diffuse le armi da fuoco nel nostro Paese. Avere un numero preciso non è facile, e non esistono dati ufficiali rilasciati dal Ministero dell’Interno o da altri organi governativi. Possiamo però guardare a qualche stima.

Secondo un report di Small Arms Survey, un centro studi indipendente con sede a Ginevra che punta a ridurre la diffusione delle armi, nel 2017 in Italia a fronte di una popolazione di 60,5 milioni di abitanti erano presenti complessivamente 8,6 milioni di armi, considerando sia quelle legalmente possedute dai cittadini che quelle illecite e non registrate. Il nostro Paese era al quattordicesimo posto tra i 25 più armati.

Non sorprende che al primo posto si posizionassero gli Stati Uniti, con 393 milioni di armi (ben più dei cittadini, che erano circa 326 milioni), seguiti da India, Cina e Pakistan, tutti comunque Stati con un numero di abitanti decisamente superiore rispetto a quello italiano.

Il primo Paese europeo era la Germania, che con 83 milioni di abitanti e 15,8 milioni di armi occupava l’ottavo posto della classifica. Anche la Francia era sopra di noi, all’undicesimo posto con 12,7 milioni di armi e 67 milioni di abitanti. La Spagna non rientrava nella classifica.

Secondo Beretta, i numeri di Small Arms Survey sono con tutta probabilità sottostimati, almeno per quanto riguarda l’Italia. Dato però che, come detto, il ministero dell’Interno non rende pubblici i dati ufficiali, non esistono al momento fonti completamente affidabili e liberamente consultabili.

Ricordiamo inoltre che questi numeri non indicano quanti siano i cittadini armati, ma quante armi circolano: è infatti possibile, e anzi probabile, che qualcuno ne possegga ben più di una.

Un altro parametro a cui guardare è quanti morti ogni 100 mila decessi sono causati da armi da fuoco. Secondo Our World in Data, nel 2017 in Italia il dato medio è stato di 0,3: uguale a quello della Francia, ma superiore a Spagna e Germania (entrambi a 0,1). Negli Stati Uniti in media su 100 mila decessi 4,6 sono causati da armi da fuoco. Per fare un confronto globale, in Brasile il dato sale a 20,4, mentre il Paese con il tasso più alto in assoluto è El Salvador (41,3).

In conclusione

Il 13 giugno un uomo ha sparato uccidendo due bambini e un anziano nella località di Ardea, nel sud di Roma. La tragedia ha riaperto il dibattito relativo alle norme in vigore sul possesso di armi da fuoco in Italia, considerate particolarmente restrittive da Matteo Salvini e, al contrario, deboli o almeno meritevoli di revisione secondo Enrico Letta.

Abbiamo controllato, e le norme italiane seguono lo stesso impianto di base presente negli altri grandi Paesi europei: Francia, Spagna e Germania. Semplificando, per ricevere il porto d’armi per difesa personale bisogna presentare un certificato di idoneità psico-fisica e un documento che attesti la capacità di maneggiare l’arma, ma soprattutto bisogna dimostrare di essere in una situazione di reale pericolo che giustifica la necessità di avere un’arma sempre con sé.

Una scappatoia però potrebbe essere trovata nel porto d’armi per uso sportivo, che oltre al certificato psico-fisico e a quello di capacità d’uso richiede soltanto la prova di iscrizione a un’associazione sportiva di tiro a segno, la quale però può essere portata a termine anche da amatori o principianti.

Al di fuori dell’Europa si fanno notare gli Stati Uniti, dove a livello federale per comprare un’arma è sufficiente passare un controllo preventivo che guarda allo stato psico-fisico e ai precedenti penali del potenziale acquirente (anche se poi molti stati hanno messo in atto regole più restrittive), e l’Australia, dove invece le norme sono molto rigide e generalmente non permettono l’uso di un’arma per difesa personale.