Il 22 gennaio Matteo Renzi, ospite di Stasera Italia su Rete 4, ha criticato alcuni provvedimenti del governo in materia fiscale. «A me quello che fanno uscire di testa sono i condoni», ha detto l’ex presidente del Consiglio. «Nel decreto per Genova questi hanno inserito una norma per i condoni su Ischia. E nella legge di Bilancio un cosiddetto “saldo e stralcio”».
Secondo il senatore del Pd, il messaggio che passa ai cittadini sarebbe: «Non hai pagato le tasse? Via, non importa», concludendo che «strizzare l’occhio agli evasori è molto brutto, molto triste».
Ma Renzi, quando era a capo del governo, non aveva introdotto anche lui provvedimenti simili ai condoni fiscali? Abbiamo verificato.
Che cosa ha fatto il governo Conte
Sulla questione di Ischia, ci siamo occupati in un nostro fact-checking di novembre 2018. Sebbene il cosiddetto “decreto Genova” (n. 109/2018) non contenga formalmente un vero e proprio condono edilizio, in concreto i suoi effetti sono a quelli di una sanatoria: consente cioè di regolarizzare abusi che senza il provvedimento sarebbero rimasti insanabili.
Concentriamoci quindi sulla seconda questione citata da Renzi, il cosiddetto “saldo e stralcio”.
Come previsto dal Contratto di governo, la legge di Bilancio 2019 (n. 145/2018) ha introdotto questa nuova misura solo per le persone fisiche – e quindi non per le società – «che versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica» e hanno alcune tipologie di debiti con il fisco accumulati tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2017.
Come dice il nome stesso, il “saldo e stralcio” permette di sanare la propria posizione (saldo) con l’erario, l’Inps e le casse previdenziali, pagando una parte della somma dovuta e alcune spese di riscossione, senza corrispondere (stralcio) sanzioni e interessi di mora.
La quota agevolata per il pagamento – anche a rate – è consentita ai contribuenti che hanno un Isee (Indicatore della situazione economica) del nucleo familiare inferiore ai 20 mila euro (articolo 1, comma 187 della legge di Bilancio 2019). Se l’Isee è inferiore agli 8.500 euro, si può pagare il 16 per cento delle somme dovute; se l’Isee è tra gli 8.500 euro e 12.500 euro, questa percentuale sale al 20 per cento; se l’Isee è tra i 12.500 euro e i 20 mila euro, il “saldo e stralcio” avviene pagando il 35 per cento del debito con il fisco.
Oltre a questa misura, le disposizioni di “pacificazione fiscale” del governo (contenute nel decreto legge n. 119/2018) prevedono lo stralcio delle cartelle esattoriali non riscosse fino a mille euro (il cosiddetto “condono delle mini-cartelle”) e la cosiddetta “rottamazione ter”. Questo provvedimento è una forma di definizione agevolata con l’Agenzia delle entrate che consente, per alcune tipologie di debito, di pagare l’intero importo dovuto senza sanzioni e interessi di mora.
Che cosa aveva fatto il governo Renzi
Renzi è stato presidente del Consiglio per quasi due anni (da febbraio 2014 a dicembre 2016), introducendo in particolare due provvedimenti nell’ambito dei debiti con il fisco.
Il decreto fiscale 2016 (n. 193/2016) ha introdotto con l’articolo 6 la rottamazione delle cartelle esattoriali. I cittadini che avevano un debito con il fisco – contratto tra il 2000 e il 2015 – hanno così potuto regolarizzare la propria posizione pagando l’intero importo dovuto, senza gli interessi di mora e le sanzioni aggiuntive. Una misura del tutto simile alla rottamazione ter del governo Conte, che, appunto, si chiama “ter” perché è la terza versione proposta negli anni di questo provvedimento. La rottamazione bis era stata invece approvata da Gentiloni, con il decreto legge n. 148/2017.
Con un decreto approvato a dicembre 2014 (n. 186/2014), il governo Renzi si era invece occupato di chi aveva portato illegalmente i propri capitali all’estero. A questi contribuenti era stata data la possibilità di mettersi in regola a fronte di uno sconto sulle sanzioni.
Si tratta della cosiddetta voluntary disclosure (o “collaborazione volontaria”), una misura pensata per potenziare anche la lotta all’evasione fiscale. In sostanza, un cittadino poteva dichiarare volontariamente allo Stato – perdendo il beneficio dell’anonimato – tutte le attività e i beni posseduti all’estero, pagando le tasse dovute, ma con una riduzione delle sanzioni penali e pecuniarie.
Sono tutti condoni?
Mettendo da parte la rottamazione ter e il condono delle mini-cartelle (non citati da Renzi), il “saldo e stralcio” del governo Conte e le misure fiscali adottate dal governo Renzi sono tutti condoni? Oppure lo è solo il primo, come lascia intendere l’ex presidente del Consiglio?
Secondo l’enciclopedia Treccani, un condono fiscale è un «provvedimento legislativo che prevede un’amnistia fiscale e ha lo scopo di agevolare i contribuenti che vogliano risolvere pendenze in materia tributaria»
Una definizione simile è contenuta anche nella letteratura scientifica sui condoni (tax amnesty in inglese). Un libro tematico pubblicato nel 2008 dal Fondo Monetario Internazionale definisce infatti il condono fiscale come «un’offerta fatta da un governo ai contribuenti per pagare una parte del debito verso il fisco, in cambio di uno sconto e della libertà da eventuali processi legali».
È evidente che da questo punto di vista tutte le misure finora analizzate nell’articolo sono da intendersi come condoni, sia il “saldo e stralcio” del governo Conte sia la rottamazione e la voluntary disclosure del governo Renzi. Sono tutte operazioni generalizzate – stando a una definizione riportata anche dall’Osservatorio Conti Pubblici Italiani, che fa parte dell’Università Cattolica di Milano – che consentono «il pagamento di meno di quanto dovuto al fisco sulla base della legislazione vigente».
«Non è un condono!»
Qualcuno potrebbe obiettare che queste definizioni siano troppo ampie. Secondo definizioni più restrittive, un provvedimento per essere definito “condono” dovrebbe offrire un elevato sconto agli evasori. Ma questo è un dibattito che nasce ogni qualvolta un governo cerca di regolarizzare la posizione dei cittadini che in passato non hanno pagato una qualche tassa. E negli ultimi anni in Italia di iniziative simili ne sono stati già state fatte diverse, come mostra ad esempio questo grafico interattivo realizzato dall’Espresso.
Prendiamo per esempio la voluntary disclosure, che nel 2014 l’allora ministro dell’Economia Gian Carlo Padoan aveva specificato non essere un condono (al contrario di quanto dichiara il Fondo monetario internazionale), perché chi aderiva pagava tutto il dovuto, come per la rottamazione, e perdeva l’anonimato. Cosa che non era avvenuta, per esempio, con il cosiddetto “scudo fiscale” approvato dal governo Berlusconi nel 2009 (decreto legge n. 78/2009), che garantiva l’anonimato nelle operazioni di emersione mediate dalle banche.
In realtà, all’epoca sia la rottamazione che la collaborazione volontaria (riproposta anche nel 2016) erano state definite sulla stampa come una «specie di condono» e «una sanatoria per evasori e trafficanti». Lo stesso ex commissario alla spending review del governo Renzi Carlo Cottarelli ha scritto nel suo libro I sette capitali dell’economia italiana (Feltrinelli, 2017) che «in termini di convenienza, la voluntary disclosure non si è poi molto discostata dai condoni» (p. 32).
A ottobre 2016, l’allora viceministro dell’Economia Enrico Zanetti aveva invece difeso la rottamazione delle cartelle esattoriali volute da Renzi, dicendo che non si trattava di un condono ma di un aiuto a sostegno delle famiglie. Una giustificazione simile è però contenuta esplicitamente anche nel provvedimento del nuovo governo, criticato dall’ex segretario del Pd. Come abbiamo visto, infatti, il “saldo e stralcio” è stato pensato per chi versa in «una grave e comprovata difficoltà economica» e con un Isee inferiore ai 20 mila euro.
Conclusione
Renzi ha criticato il governo Conte di avere introdotto alcuni condoni, come quello fiscale con il cosiddetto “saldo e stralcio”. In effetti, questa misura consente – sotto determinate condizioni – di sanare un debito con il fisco pagando solo una parte del dovuto, senza sanzioni e interessi di mora.
Secondo le definizioni di “condono” contenute nella letteratura scientifica, però, anche due provvedimenti presi dall’ex presidente del Consiglio rientrerebbero in questa categoria, come hanno fatto notare anche alcuni quotidiani.
Il problema alla base di questa discussione è che diventa arbitrario stabilire un condono con una definizione più ristretta, per esempio sulla base della convenienza a ri-evadere in futuro o sulla grandezza dello sconto che si riceve sanando la propria posizione.
La questione principale – e meno discussa – resta dunque quella sull’efficacia di questi provvedimenti. Stando a diversi tra i molti studi disponibili sull’argomento, nelle intenzioni sono misure che mirano ad aumentare nel breve periodo la riscossione dei tributi non versati, ma nel lungo periodo finiscono per creare un incentivo i pagamenti dovuti anche per il futuro.
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