Intervenendo a Matrix, su Mediaset, il Segretario della Lega Nord è tornato sulla situazione della criminalità in Italia dando diversi numeri. Siamo andati a verificarli.
Il numero delle rapine
Completamente errato il numero sulle rapine fornito da Salvini. In base ai dati Istat nel 2015 – ultimo anno per cui ci sono dati verificati – in Italia sono state denunciate 35.068 rapine. Un quarantesimo scarso di quanto denunciato dal segretario della Lega Nord.
Secondo i dati Istat inoltre il numero di rapine risulta in costante calo negli ultimi anni.
Probabilmente Salvini si è confuso col numero di furti, che nel 2015 è stato di 1.463.527. La differenza tra furti e rapine è di grande importanza per l’ordinamento penale italiano. Mentre, infatti, perché ci sia furto è necessaria l’assenza dell’elemento della violenza, e la pena base è quindi da 6 mesi a 3 anni, perché ci sia rapina, invece, è necessaria la presenza della violenza o della minaccia. La pena è dunque molto più elevata, andando da 3 a 10 anni di base, e da 4 anni e mezzo a 20 nel caso sia a mano armata, in gruppo, sui mezzi pubblici o in una serie di altre circostanze.
La percentuale dei rintracciati
Non siamo in grado di risalire alla fonte del “6%” citato da Salvini, né esistono statistiche ufficiali sulla percentuale di rapinatori che è stata rintracciata. Tuttavia, che 94 su 100 “la facciano franca” pare poco plausibile alla luce dei dati sulla popolazione carceraria italiana.
I detenuti in carcere per rapina, dati Istat riferiti al 2015, sono 16.408. Si tratta del gruppo più numeroso dietro a quello dei detenuti per reati collegati alle sostanze stupefacenti. Il rapporto col numero di rapine denunciate annualmente (poco meno del 50%), anche in considerazione della possibilità che un unico soggetto sia responsabile di più reati denunciati, è tale da far supporre che il dato del 6% sia sicuramente errato.
Quanto dura la reclusione
Come si diceva, la cornice della pena prevista per il reato di rapina è da 3 a 10 anni per la rapina semplice, e da 4 anni e sei mesi a 20 anni in una lunga serie di casi specifici.
Attualmente non ci sono dati ufficiali recenti sulla permanenza in carcere dei condannati. Tuttavia un’indagine di Eures del 2003 certificava una permanenza media di due anni in carcere per i colpevoli di rapina.
Non essendo intervenute significative modifiche normative nell’ordinamento italiano, il dato – pur non recente – dovrebbe essere ancora valido. Dunque Salvini ha probabilmente ragione.
Perché?
Ci si può allora chiedere come mai ci sia una tale distanza tra le cornici di pena, specie nel massimo, e le pene inflitte in concreto. A questo risultato concorrono una serie di elementi.
In primo luogo bisogna considerare che, in base a una solida giurisprudenza, il giudice è tenuto a dare il minimo della pena se non ricorrono elementi particolari, che devono essere eventualmente esplicitati nella motivazione della sentenza.
Poi, molto spesso gli indagati per rapina scelgono dei riti speciali (giudizio abbreviato, patteggiamento etc.) che, a fronte di una semplificazione delle dinamiche del processo con conseguente accorciamento dei tempi della giustizia, garantiscono degli sconti di pena (di solito fino a un terzo).
A ciò bisogna aggiungere l’effetto di eventuali provvedimenti legislativi ad hoc, come ad esempio l’indulto votato nel 2006, e di normative pensate per contrastare il sovraffollamento dei penitenziari, come il decreto “svuota-carceri”, teso a privilegiare domiciliari e braccialetto elettronico rispetto al carcere.
Infine riduce i tempi di permanenza in carcere la Legge Gozzini, del 1986. Essa prevede un ampio ventaglio di possibilità per il detenuto di uscire anzitempo dal carcere, come l’affidamento ai servizi sociali, la liberazione anticipata, gli arresti domiciliari e via dicendo.
La ragione di questa disciplina è duplice: da un lato si vuole migliorare l’effetto rieducativo della pena, prevedendo un periodo di transizione tra carcere e liberazione volto al reinserimento nella società del condannato. Dall’altro si vuole incentivare la buona condotta durante il periodo di detenzione.
Il verdetto
Salvini prende un abbaglio clamoroso sul numero di rapine così come sul numero di rapinatori che vengono effettivamente condannati. La confusione tra furto e rapina è un errore grave, considerata la rilevante differenza di trattamento che il codice penale prescrive per i due reati. Pur avendo ragione sulla durata complessiva della permanenza in carcere per i rapinatori condannati, per il segretario della Lega Nord il giudizio resta dunque almeno un “pinocchio andante”.