Matteo Salvini ha parlato di sigarette elettroniche a TG3 Linea notte. Durante il suo intervento del 28 novembre, il leader della Lega ha sostenuto che «in questa manovra economica c’è la tassa sulle sigarette elettroniche», per poi aggiungere che «non sanno più cosa tassare e mettono una tassa di 5 euro a chi smette di fumare e passa a qualcosa che fa meno male: lo Stato, invece di incentivare chi molla la Marlboro per aiutarlo ad andare verso qualcosa che fa meno male, tassa la sigaretta elettronica per 4 euro».


Il 29 novembre poi è tornato sull’argomento sul suo profilo Facebook, precisando che la “assurda tassa inventata dal governo: 5 euro per ogni ricarica di sigarette elettroniche“. Al netto dell’imprecisione sui 4 o 5 euro di nuova tassa (due volte su tre Salvini ha parlato di 5 euro), cerchiamo di capire a che cosa faccia riferiemento il leader leghista.

Tar e Corte costituzionale

Anche se dalle parole del leader della Lega sembra altrimenti, una tassa sul liquido di ricarica delle sigarette elettroniche esisteva già, sulla base di un decreto del 2014 già oggetto di ricorsi e poi modificato da un altro decreto nel 2016. Ma la sua applicazione era stata sospesa lo scorso anno dal Tar del Lazio. Il 15 novembre scorso, però, la Corte Costituzionale ha stabilito che la sospensiva del Tar non avesse validità: l’effetto immediato è il ripristino della tassazione precedentemente prevista, 40 centesimi di euro per ogni ml di prodotto venduto.


Tra le varie motivazioni, la Consulta ha scritto nella sentenza che la legittimità della tassa è anche legata al fatto che le sigarette elettroniche “potrebbero costituire un tramite verso il tabacco” e dunque non solo un disincentivo allo smettere di fumare.

Negli stessi giorni, in Senato, Simona Vicari di Alternativa Popolare ha proposto alcuni emendamenti sul tema al decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2018 – che è stato poi approvato al Senato lo scorso 16 novembre e ora è in discussione alla Camera.

Vicari ha spiegato, nel suo intervento in Aula, che «lo Stato, sulla vendita di sigarette elettroniche, ha incassato solo 4 milioni sui 115 previsti su base annua». Le motivazioni del mancato gettito stavano in una interpretazione diversa della legge da parte delle aziende produttrici, come ha proseguito Vicari: «In virtù del contenzioso pendente presso la Corte costituzionale dopo un rinvio del TAR, queste stesse aziende hanno applicato l’imposta di consumo non sulla quantità del liquido (come previsto) ma solamente sulla quantità di nicotina pagando così solo un decimo di quanto dovuto al fisco».

Sigarette elettroniche e manovra economica

Salvini non fa mai riferimento alla sospensiva del Tar, poi annullata dalla Consulta, ma parla sempre di “manovra economica” e di nuova “tassa inventata dal governo”. Analizziamo quindi i nuovi emendamenti di Vicari, che hanno scatenato molte polemiche da parte dei commercianti di sigarette elettroniche.

Il primo emendamento in questione ha l’obiettivo, secondo quanto dichiarato dalla stessa senatrice Vicari, di vietare «la vendita online, stabilendo che questa sia possibile solo attraverso il circuito delle tabaccherie e dei rivenditori specializzati autorizzati», questo per evitare «una libera e non controllata commercializzazione di questi prodotti via web» (intervento in Senato, min. 2.01’05”).

Ma Vicari è firmataria anche di un secondo emendamento (il 2.6 presentato il 16 novembre in Commissione Bilancio) sul decreto fiscale volto a introdurre una “imposta di consumo […] fissata in euro 5.000 per un chilogrammo di nicotina”.

Secondo questa nuova tassazione, un flacone da 10 millilitri con una concentrazione di nicotina di 10 milligrammi per millilitro prevedrebbe quindi un’imposta di 50 centesimi, come calcolato dagli stessi commercianti di sigarette elettroniche, con un costo di 5 centesimi al millilitro. Questa tassa si aggiunge a quella al centro della disputa legale, da poco reintrodotta dalla Consulta.

Naturalmente esistono diverse dimensioni di flaconi, dai 10ml fino anche ai 50ml, ma una normale sigaretta elettronica contiene un quantitativo di 2ml che vanno ricaricati di volta in volta. Quindi si può dire che, per la nuova tassazione prevista da questo secondo emendamento, una ricarica di sigaretta elettronica costerebbe circa 10 centesimi in più al consumatore.

È bene però precisare che il decreto fiscale deve ancora passare all’esame della Camera e la stessa Vicari ha dichiarato che ci potranno essere delle revisioni al ribasso della tassazione prevista dal Senato.

Facciamo due conti

Da dove deriva quindi il calcolo di Salvini di 5 euro in tasse?

Con il nuovo sistema di tassazione, che però non è ancora stato approvato in via definitiva dalla Camera, abbinato alla sentenza della Consulta, le nuove tasse su ogni flacone da 10 millilitri di liquido per le sigarette elettroniche sono pari a 4,5 euro. Calcolato su una singola ricarica da 2ml, si tratta di 90 centesimi di euro.

Non bisogna dimenticare che solo 10 centesimi sarebbero legati a una “nuova” tassa prevista in questa manovra economica, mentre gli altri 80 centesimi sono da riferirsi a una tassa prima sospesa ma già esistente, che la Consulta (e non il governo) ha reintrodotto.

Il verdetto

È vero, come dice Salvini, che “in questa manovra economica c’è la tassa sulle sigarette elettroniche”, ma allo stesso tempo non è vero che viene messa una tassa di “5 euro per ogni ricarica di sigarette elettroniche”, perché questo totale è valido solo considerando la sentenza della Consulta per un flacone da 10ml, equivalente a 5 ricariche complessive. Per Salvini quindi un “Nì”.

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2017-12-01 10:44:13 UTC




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“In questa manovra economica c’è la tassa sulle sigarette elettroniche. Non sanno più cosa tassare e mettono una tassa di 5 euro di chi smette di fumare e passa a qualcosa che fa meno male. Lo Stato, invece di incentivare chi molla la Marlboro per aiutarlo ad andare verso qualcosa che fa meno male, tassa la sigaretta elettronica per 4 euro”




Matteo Salvini

Segretario Lega

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TG3 Linea Notte

martedì 28 novembre 2017

2017-11-28