Nel discorso conclusivo della nona edizione del convegno politico “la Leopolda”, Matteo Renzi ha criticato il cosiddetto “reddito di cittadinanza”. L’ex Presidente del Consiglio ha affermato che il governo ha promesso 780 euro per tutti i cittadini che non arrivano a dichiarare questa cifra e che la misura costerebbe allo Stato 64 miliardi.
Verifichiamo.
La polemica non è nuova
Ci siamo già occupati di una stima simile. A giugno 2017, infatti, l’esponente del Partito Democratico Michele Anzaldi aveva condiviso un post sulla propria pagina Facebook dove, parlando del reddito di cittadinanza, dichiarava che «la proposta M5s di dare un sussidio a 9 milioni di italiani costerebbe almeno 62 miliardi all’anno, altro che 14 miliardi come dice il vicepresidente della Camera».
Al contrario, l’allora capogruppo del Movimento Cinque Stelle alla Camera Roberto Fico aveva dichiarato che una stima realizzata dall’Istat nel 2015 confermava la cifra da lui riportata.
Negli ultimi mesi e, in particolare, con l’insediamento del governo Conte e le promesse espresse all’interno del Contratto del governo del cambiamento, il reddito di cittadinanza è stata una delle tematiche maggiormente affrontate e dibattute dai politici nazionali. Cerchiamo ora di fare chiarezza sulla proposta, sulle cifre stimate e su quelle promesse.
Il calcolo di Matteo Renzi
Matteo Renzi ha affermato che il reddito di cittadinanza costerebbe allo Stato 64 miliardi. L’ex segretario del Partito Democratico a dicembre 2017 aveva dichiarato che «Di Maio e Grillo propongono il reddito di cittadinanza di 780 euro al mese per 9 milioni di italiani. Costo totale: circa 84 miliardi di euro», una cifra ancora più alta rispetto a quanto stimato recentemente.
Come abbiamo sottolineato in una nostra precedente analisi, questo numero era (ed è) esagerato.
Matteo Renzi, infatti, non considera nel modo corretto il meccanismo alla base della misura proposta dal Movimento Cinque Stelle, limitandosi a fare una semplice moltiplicazione. Cifre simili a quelle riportate (sia gli 84 miliardi stimati nel 2017, sia i 64 miliardi citati recentemente) si ottengono moltiplicando i 780 euro previsti per i nove milioni di beneficiari (o, per la stima più recente, sei milioni) a cui spesso alludono i rappresentanti del M5S.
In realtà, questo calcolo non ha molto fondamento. All’interno della proposta di legge e nelle dichiarazioni dei proponenti, infatti, viene specificato con chiarezza come non tutti i beneficiari ricevano la stessa somma.
Cosa propone il M5S
All’interno del disegno di legge n.1148/13 presentato dal Movimento Cinque Stelle nell’ottobre 2013, così come nel programma stilato in vista dell’ultima campagna elettorale e nel Documento programatico di bilancio 2019, il reddito di cittadinanza viene spiegato nel dettaglio.
Non si tratta di un reddito di cittadinanza in senso stretto. Infatti, secondo uno dei maggiori proponenti della misura, il filosofo ed economista belga Philippe Van Parijs, il reddito di cittadinanza è «un reddito pagato da una comunità politica a tutti i suoi membri su base individuale, indipendentemente dalla situazione patrimoniale o lavorativa». È dunque sufficiente essere cittadini di uno Stato per ricevere un sussidio economico.
Il Movimento Cinque Stelle, invece, etichetta la propria proposta con lo stesso termine ma intende, in realtà, introdurre una misura differente, che sarebbe più corretto definire come “reddito minimo garantito”.
Vediamo come funziona.
Per ottenere il sussidio (la cui cifra massima – e, come vediamo tra poco, indicativa – è fissata a 780 euro mensili per persona) bisogna avere più di diciotto anni di età, essere disoccupati o inoccupati e, infine, avere un reddito da lavoro o una pensione il cui valore è al di sotto della soglia di povertà.
Vi sono, inoltre, alcune condizioni da rispettare: bisogna iscriversi ai centri per l’impiego, partecipare a dei corsi di formazione e a progetti utili per la comunità e accettare uno dei primi tre lavori che vengono offerti.
Sono stati promessi 780 euro a tutti?
No, se la proposta del Movimento Cinque Stelle verrà approvata così come è stata proposta, non tutti riceveranno questa somma.
L’obiettivo del reddito di cittadinanza del M5S è, infatti, far sì che ogni famiglia riceva un sussidio per integrare il suo reddito e portarlo al livello di povertà relativa. Lo stesso Luigi Di Maio ha infatti dichiarato a fine settembre, durante il Global forum sulla democrazia diretta che «il reddito di cittadinanza non dà a 6 milioni e mezzo di persone 780 euro da zero, è integrativo al reddito. Abbiamo la povertà assoluta che quando va bene è intorno a poche decine di euro, qualche centinaio, e poi abbiamo la povertà relativa che può essere intorno ai 500 – 600 [euro], noi portiamo tutti a 780».
D’altra parte, lo confermava anche il documento stilato dall’Istat nel giugno 2015 per stimare il possibile costo della manovra. Secondo quanto riportato dall’Istituto nazionale di statistica, la famiglia riceve una sola misura di reddito di cittadinanza e questa varia in base alla composizione del nucelo familiare e alla soglia di povertà relativa.
Se non 780 euro, quanti?
Per dare un’idea delle cifre che spetterebbero ai beneficiari, riportiamo un esempio che abbiamo già fatto in precedenza.
Se una famiglia è composta da due genitori – di cui uno ha uno stipendio pari a 1.200 euro al mese e l’altro pari a zero – e da un minore, il reddito di cittadinanza viene distribuito in base a questa composizione. Non tutti i componenti della famiglia hanno lo stesso valore: secondo quanto stabilito dalla scala di equivalenza dell’Ocse e riportato dal M5S, il primo genitore vale 1, il secondo e i figli che hanno superato l’età di quattordici anni vangono 0,5 e quelli al di sotto di questa età 0,3. Se, dunque, il reddito netto familiare è pari a 1.200, questo verrà diviso per 1,8 (1 + 0,5 + 0,3), risultando pari a circa 670 euro (reddito familiare equivalente).
Passiamo ora al secondo elemento alla base del sussidio: il livello di povertà relativa. Il valore ammonta al 60 per cento del reddito mediano equivalente familiare della popolazione italiana. È il valore che si pone, appunto, come mediano tra la metà della popolazione italiana che ha un reddito più alto e la metà che ne ha uno più basso.
Nel 2014, come riporta il disegno di legge presentato dal Movimento Cinque Stelle (art. 3 comma 1), il reddito mediano in Italia ammontava a 780 mensili (9.360 euro annui). Questa cifra vale per un adulto che compone, da solo, il proprio nucleo familiare. Se, invece, riprendiamo la famiglia modello presa in considerazione poco fa, il reddito mediano mensile va moltiplicato per il numero di adulti equivalenti (1,8). In questo caso, quindi, la soglia di povertà del nucleo familiare risulta essere pari a 1.404 euro.
Grazie al reddito di cittadinanza – e se la misura viene approvata così come proposta – questa famiglia riceverebbe, mensilmente, 734 euro dallo Stato. La cifra è il risultato della differenza tra il reddito familiare equivalente (670 euro) e la soglia di povertà relativa associata alla composizione del nucleo familiare (1.404 euro).
Il verdetto
Matteo Renzi ha dichiarato che il reddito di cittadinanza, se attuato distribuendo 780 euro a coloro che non arrivano a guadagnare questa cifra, arriverebbe a costare 64 miliardi.
La stima riportata dall’ex Segretario del Partito Democratico è il risultato di una errata interpretazione della manovra proposta negli ultimi anni dal Movimento Cinque Stelle. La distribuzione del sussidio è infatti basata sulla composizione del nucleo familiare e sull’indice di povertà relativa. A seconda di queste due diverse variabili, i cittadini beneficiari otterrebbero sussidi di diverso valore e, non, come sembra affermare l’esponente del PD, indifferentemente 780 euro l’uno. Renzi dipinge quindi in modo scorretto la proposta del M5S e, per questa via, arriva a una stima dei suoi costi assai alta: per lui un “Pinocchio andante”.
«Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»
30 ottobre 2024
Fonte:
Porta a Porta – Rai 1