Maria Elena Boschi ha condiviso sul proprio profilo Twitter alcuni dati sulla pressione fiscale. Secondo l’esponente del Partito Democratico, mentre i governi di cui ha fatto parte erano in carica, si è assistito a un calo della pressione fiscale di circa un punto e mezzo percentuale.
Verifichiamo.
La pressione fiscale
La pressione fiscale misura il totale delle risorse raccolte dallo Stato e dagli enti pubblici locali per il finanziamento della spesa pubblica. L’espressione, dunque, non indica la parte del reddito dei singoli cittadini che va in tasse, ma l’ammontare complessivo di quanto chiede lo Stato ai propri cittadini per finanziare l’apparato amministrativo, i servizi sociali e in generale le attività gestite dal pubblico.
La pressione fiscale è espressa di norma (così come viene fatto anche da Maria Elena Boschi) in percentuale rispetto al Prodotto interno lordo (Pil).
Di che governo si parla?
Cerchiamo di capire a quale governo (o piuttosto governi) fa riferimento l’esponente del Partito Democratico. Guardando alle passate legislature, nel corso della XVII legislatura, durata da marzo 2013 a marzo 2018, il nostro Paese ha visto susseguirsi tre governi: Letta, Renzi e Gentiloni.
La deputata ha ricoperto il ruolo di Ministro per le Riforme costituzionali e per i rapporti con il parlamento durante il governo Renzi (febbraio 2014 – dicembre 2016) ed è stata Sottosegretario alla presidenza del Consiglio per il governo Gentiloni (dicembre 2016-giugno 2018).
In assenza di dettagli temporali da parte dell’ex ministro, possiamo quindi supporre che il periodo cui fa riferimento l’esponente PD sia quello che l’ha vista impegnata al governo e, quindi, quello compreso tra il 2014 e il 2018.
I dati: con o senza gli 80 euro?
Passiamo ora ai dati.
Come abbiamo già avuto modo di sottolineare in una precedente analisi, negli ultimi anni il calcolo della pressione fiscale può portare a risultati diversi. Il punto cruciale è come considerare la misura degli “80 euro”. Se, infatti, si considera il bonus fiscale introdotto dal governo Renzi come una riduzione delle imposte, la pressione fiscale diminuisce. Se non vengono considerati così, ma come una maggiore spesa dello Stato, la pressione fiscale cambia e risulta più alta. Le norme contabili europee imporrebbero di non conteggiare gli 80 euro come una riduzione delle tasse ma come maggiori spese.
Negli anni, la stessa nota di aggiornamento del DEF ha fatto una distinzione tra la pressione fiscale “in senso stretto” e quella al netto del bonus degli 80 euro. Vediamo ora come Maria Elena Boschi ha calcolato la pressione fiscale e se, nel riportare i dati che cita, ha mantenuto una distinzione.
Nel 2014, anno in cui si è insediato il governo Renzi, la pressione fiscale, come riporta la nota di contabilità nazionale stilata dall’Istat, risultava essere pari al 43,6%. Questo dato, in linea con l’anno precedente e con la cifra riportata nella dichiarazione dell’esponente del PD, non prende in considerazione il bonus degli 80 euro (introdotto verso la metà dell’anno).
Vediamo ora cosa è successo negli anni successivi.
La Nota di aggiornamento al DEF per il 2017 riporta, per l’anno in questione, una pressione fiscale includendo gli effetti degli 80 euro pari al 42,0% (contro il 42,6% dello stesso valore senza tener conto del bonus degli 80 euro). Per il 2018, la stima al netto degli 80 euro era pari al 42,2%.
La Nota di aggiornamento al DEF per il 2018, pubblicata lo scorso aprile, conferma il dato riportato dall’esponente Pd. Qui, però, a differenza del caso precedente, emerge come il valore non sia più una stima che teneva conto del bonus degli 80 euro, ma corrisponda alla pressione fiscale “generale” (42,2%). La pressione fiscale al netto degli 80 euro, invece, scendeva ulteriormente (41,7%). I dati sono ripresi anche dal recente dossier di economia e finanza realizzato dal Servizio Studi del Dipartimento Bilancio e pubblicato lo scorso giugno.
Tabella 1: Pressione fiscale 2017-2018 – Fonte: Nota di aggiornamento al DEF 2018
Quindi, i dati ufficiali riportano per il 2018 (periodo che ha visto Maria Elena Boschi e il governo Gentiloni impegnati per i soli primi mesi dell’anno), una stima della pressione fiscale pari al 42,2%. Possiamo quindi affermare che, tra il 2014 e il 2017, senza considerare il bonus degli 80 euro, la pressione fiscale abbia visto un calo di 1,4 punti percentuali (dal 43,6% al 42,2%).
Il confronto con gli altri Paesi
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE, o OECD secondo la sigla inglese) raccoglie diverse informazioni e dati riguardo la tassazione nei suoi 36 Stati membri. L’ultimo anno disponibile è il 2016.
L’Italia, due anni fa, si trovava al sesto posto per pressione fiscale più alta (42,9 per cento). La precedevano solo la Danimarca (45,9 per cento), la Francia (45,3 per cento), il Belgio (44,2 per cento), la Finlandia (44,1 per cento) e la Svezia (44,1 per cento).
I Paesi che, per il 2016, registravano i valori più bassi erano il Messico (17,2 per cento), il Cile (20,4 per cento) e l’Irlanda (23,0 per cento). Sono esclusi dalla tabella due Paesi per i quali non sono stati raccolti i dati: l’Australia e il Giappone.
Tabella 2: Pressione fiscale 2016 Paesi dell’OCSE – Fonte: OCSE
Il verdetto
Maria Elena Boschi ha recentemente affermato che, grazie ai governi guidati dal Pd, la pressione fiscale è scesa dal 43,6 per cento al 42,2 per cento.
I dati Istat mostrano come nel 2014 (primo anno del governo Renzi e periodo in cui Maria Elena Boschi ha ricoperto il ruolo di Ministro per le riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento) la pressione fiscale era in effetti pari al 43,6 per cento. Negli anni, poi, nonostante le polemiche circa l’includere o meno nel calcolo il “bonus 80 euro”, la pressione fiscale ha visto una leggera diminuzione. I dati relativi al 2017 e le stime recenti relative al 2018 confermano quanto affermato dall’esponente del PD: ad oggi, è lecito parlare di una pressione fiscale al 42,2% anche senza tener conto dell’effetto degli 80 euro. Maria Elena Boschi merita un “Vero”.