Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (M5s), ospite a Porta a Porta su Rai 1 l’11 dicembre, ha sostenuto (min. -26.25) che se per un reato non si riesce a dimostrare il «dolo» allora diventa un reato colposo e, di conseguenza, i termini della prescrizione sono più bassi.

Bonafede stava cercando di difendere la riforma della prescrizione che dovrebbe entrare in vigore a gennaio 2020 – ce ne siamo occupati qui e qui – e che prevede il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Visto che per i reati colposi la prescrizione arriva prima, è il ragionamento di Bonafede, è un bene che dopo il primo grado si blocchi il decorso della prescrizione.

Ma l’affermazione di Bonafede su colpa e dolo non ha alcun fondamento giuridico. Andiamo a vedere i dettagli.

Colpa e dolo: che cosa sono

Colpa e dolo sono i cosiddetti elementi psicologici (o “soggettivi”) del reato, sono previsti dall’art. 43 del codice penale e descrivono la volontà o meno di commettere il reato. C’è dolo se c’è la precisa volontà di commetterlo, c’è colpa se il reato si compie a causa di «negligenza, imperizia o imprudenza».

Per fare un esempio, il sicario della mafia che uccide a colpi di arma da fuoco il boss del clan rivale commette un omicidio doloso. L’autista che salta uno stop e investe un motociclista, uccidendolo, commette un omicidio colposo. Nel primo caso infatti c’è una precisa volontà di uccidere, nel secondo la morte è causata dall’imprudenza e dalla negligenza dell’autista, che però non aveva intenzione di assassinare la vittima.

Sono possibili altre forme più sfumate, come la preterintenzione (quando l’azione causa un evento più grave di quello voluto: ad esempio, un pugno dato in una rissa ma in conseguenza del quale la vittima muore perché cadendo sbatte la testa), la colpa cosciente e il dolo eventuale, ma non approfondiamo qui un argomento giuridicamente complesso.

Esistono numerosi reati che non prevedono la colpa, ma solo il dolo. Ad esempio il furto non può essere colposo, così come non possono esserlo la rapina, il sequestro di persona o la corruzione. In base all’art. 42 c.p. perché un reato possa essere colposo, oltre che doloso, questo deve essere detto esplicitamente dalla legge.

Perché quella di Bonafede è un’assurdità

Bonafede dice un’assurdità giuridica perché – come hanno sottolineato anche dall’Ordine degli avvocati di Palermo in una nota molto diffusa online, che chiede le dimissioni del ministro – non è previsto dall’ordinamento italiano in alcuno modo che, se per un reato non è dimostrato il dolo, allora si procede per colpa.

Non c’è alcun automatismo, per i reati che prevedono espressamente la colpa, tra mancata dimostrazione del dolo e riqualificazione (o riconsiderazione) del reato nella sua forma colposa.

In base all’art. 521 co. 1 del codice di procedura penale, il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione (“riqualificazione”). Se però (comma 2 dell’art. 521 c.p.p.) il giudice accerta che il fatto è diverso da come descritto negli atti che danno il via al dibattimento (decreto che dispone il giudizio e simili), allora rinvia gli atti al pubblico ministero, che dunque deve ristrutturare da principio l’accusa (“riconsiderazione”).

Anche nel caso della riqualificazione è da escludersi, alla luce della recente giurisprudenza, qualsiasi automatismo. Due diverse sentenze della Corte europea dei diritti (Cedu) dell’uomo – Drassich v. Italia 1 del 2007 e Drassich v. Italia 2 del 2018 – hanno infatti condannato l’Italia perché, per come è formulato l’art. 521 c.p.p., non garantisce il diritto dell’imputato alla difesa. Se infatti il giudice riqualifica diversamente il fatto, l’accusato deve potersi difendere dalla nuova qualificazione. Ad esempio, se devo difendermi da un’accusa di omicidio doloso adotterò tattiche processuali e strumenti di prova diversi da quelli usati se devo difendermi dall’accusa di omicidio colposo.

La Cassazione ha provato negli anni successivi al 2007 ad adeguare le proprie sentenze a quanto stabilito dalla Cedu e la Corte Costituzionale con una sentenza del 2010 ha invitato il legislatore a mettere mano all’articolo in questione, in modo da sanare il vizio ed evitare altre condanne da parte della Corte europea.

Insomma, in base alle leggi e alla giurisprudenza, appare evidente che non è possibile riqualificare automaticamente un reato da doloso a colposo come sostiene Bonafede.

Inoltre è appena il caso di notare che può anche succedere l’esatto contrario.

Se, ad esempio, il pubblico ministero avvia un processo contro un autista che ha investito un passante per omicidio colposo, e solo nel corso del processo si scopre che la vittima era uno strozzino che stava distruggendo la vita dell’omicida, e che quest’ultimo aveva programmato l’investimento, allora il reato potrebbe essere riqualificato da colposo a doloso.

Per quanto riguarda la prescrizione, la sua durata è collegata (art. 157 c.p.) alla pena prevista per il reato. Tanto più è alta la pena, tanto più sarà lungo il termine di prescrizione. È vero che in concreto, per i reati che ammettono la colpa oltre che il dolo, la forma dolosa è punita con pene superiori rispetto alla forma colposa, e dunque la prescrizione si allunga, ma non esiste comunque alcun automatismo come suggerisce Bonafede.

Il verdetto

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, per difendere la riforma della prescrizione che dovrebbe entrare in vigore dal primo gennaio 2020, ha sostenuto che se per un certo reato non si riesce a dimostrare il dolo, allora diventa un reato colposo, e quindi la prescrizione si accorcia.

Si tratta di un’affermazione priva di fondamento giuridico: non c’è alcun automatismo tra mancato riconoscimento del dolo e passaggio alla colpa. Può accadere in alcune particolari situazioni in concreto secondo una determinata procedura, con ripercussioni sulla prescrizione, ma può anche non accadere, o può accadere il contrario. Per Bonafede, vista la gravità dell’errore, dunque “Panzana Pazzesca”.