Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria Vito Crimi ha rilasciato un’intervista al Fatto Quotidiano, in cui ha detto che, dal 2003, sono stati destinati fondi pubblici all’editoria per un valore di oltre tre miliardi di euro.
Siamo andati a verificare la dichiarazione del senatore del Movimento Cinque Stelle.
Che cos’è il sostegno all’editoria?
Il finanziamento pubblico all’editoria è uno dei temi politici ricorrenti in Italia: da anni, infatti, c’è chi lo vorrebbe mantenere – per difendere la pluralità di informazione – e chi lo vorrebbe abolire perché troppo costoso per i contribuenti, come aveva proposto lo stesso Crimi, a luglio, in un articolo sul Blog delle Stelle.
Il sostegno che lo Stato italiano destina al mondo dell’editoria può essere di due tipi: diretto o indiretto. L’Ufficio per il sostegno all’editoria, che dipende dalla Presidenza del Consiglio, è l’ente che si occupa della gestione dei fondi pubblici in questo settore. Tra le principali attività di questa struttura c’è quella di erogare alle imprese del settore i contributi pubblici diretti e – in alcuni casi – anche i contributi indiretti.
Questi ultimi, come vedremo tra poco, sono molto difficili da quantificare perché non sempre sono erogati dallo Stato e riguardano, per esempio, agevolazioni fiscali per il pagamento dell’Iva o delle spedizioni postali.
Chi può beneficiarne?
Come riporta il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio, molte e diverse realtà possono potenzialmente usufruire di un contributo pubblico, tra le imprese editoriali.
A oggi, i potenziali beneficiari dei contributi pubblici sono: le imprese cooperative di giornalisti editrici di quotidiani e di periodici; le agenzie di informazione radiofonica, se sono cooperative di giornalisti; le imprese editrici di quotidiani la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative; e fondazioni o enti morali senza scopo di lucro.
Si aggiungono anche le imprese di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero; i quotidiani in lingua francese, ladina, slovena e tedesca distribuiti in alcune regioni autonome (Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige): le imprese editrici di testate organi di movimenti politici; e i periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro.
Contattato da Pagella Politica, il Dipartimento dell’editoria ha specificato che, nella maggior parte dei casi, i beneficiari dei fondi sono realtà editoriali di piccole dimensioni, fortemente radicate nel territorio e per le quali i contributi pubblici sono spesso vitali. Anche alcuni quotidiani a diffusione nazionale, comunque, beneficiano di un sostegno pubblico, come Avvenire, manifesto, Italia Oggi.
Come sono regolati i contributi diretti?
Abbiamo visto che i contributi pubblici possono essere di due tipi: diretti o indiretti. Analizziamoli nel dettaglio.
I contributi diretti sono ai fondi che lo Stato decide di destinare e distribuire direttamente alle realtà editoriali che ne fanno richiesta rispettano i requisiti elencati sopra. La somma di denaro destinata alle diverse testate viene calcolata in base ad alcuni parametri, come le vendite, la tiratura e i costi.
Il finanziamento pubblico diretto all’editoria ha quasi quarant’anni: infatti è stata la legge 416/1981 a introdurre per la prima volta le regole in materia. Successivamente, sono state approvate alcune norme che volevano rendere il sistema più omogeneo e funzionale ma che in realtà, secondo quanto si legge nelle schede di approfondimento del Senato, “hanno dato luogo a un sistema normativo frammentario”.
Nel 2010, il D.P.R. 223 ha introdotto una serie di importanti cambiamenti. Per esempio, è stata semplificata la documentazione necessaria per richiedere un contributo pubblico ed è stato stabilito che, tra i requisiti necessari per beneficiare dei fondi, si debba raggiungere una percentuale minima di copie vendute sul totale di quelle distribuite, così da ostacolare fenomeni come la distribuzione gratuita dei giornali a pagamento finalizzata a ottenere maggiori fondi.
E i contributi indiretti?
Passiamo ora ai contributi indiretti. Qui sono comprese diverse categorie (vedi la Tabella 2 in basso), come i rimborsi delle spese telefoniche, le tariffe postali o di stampa agevolate, gli investimenti nella ristrutturazione industriale, il credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari e l’Iva agevolata.
I contributi indiretti sono spesso difficili da identificare e quantificare, vista la varietà di aiuti offerti e i diversi enti che – a seconda degli anni e delle norme stabilite – si sono occupate di elargire i fondi a supporto del mondo editoriale. Facciamo un esempio.
Nel 2003, secondo il decreto legge 353, rientravano nella categoria dei contributi indiretti alcune agevolazioni postali relative alle spedizioni dei prodotti editoriali. Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria avrebbe rimborsato a posteriori la società Poste Italiane.
L’applicazione della tariffa agevolata è stata poi sospesa nel 2010. Quindi, tra il 2003 e il 2010, rientravano nei contributi indiretti dei fondi che non erano invece presenti negli altri anni di cui parla Crimi.
A rendere le cose più complesse, nel 2012 (con il dl 63/2012) è ripresa l’erogazione del contributo indiretto, ma questa volta limitato alle sole spedizioni postali di stampe promozionali realizzate da soggetti che operano nel terzo settore. L’agevolazione riguarda le spedizioni in abbonamento postale di stampe promozionali e propagandistiche, oppure finalizzate alla raccolta di fondi.
Nello specifico, si tratta delle pubblicazioni edite da Onlus, associazioni di volontariato o promozione sociale, fondazioni religiose e simili. In questo ultimo caso, però, a differenza di quanto fatto precedentemente, non è stato stabilito un rimborso della differenza tra la tariffa agevolata e quella ordinaria, ma solo semplici tariffe agevolate.
Questo esempio mostra che, nel corso dei quindici anni a cui fa riferimento il sottosegretario Crimi, le leggi sono cambiate spesso con conseguenze anche sui fondi erogati. Ma passiamo ai numeri.
Quanti sono stati i contributi diretti dal 2003 a oggi?
Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria pubblica annualmente i dati relativi ai fondi pubblici destinati alle diverse realtà editoriali. L’ultimo rapporto completo è quello relativo al 2016, mentre per il 2017 sono stati pubblicati solamente i dati relativi a una prima fase di rimborso, che sarà portata a termine a marzo 2019.
Nella sua intervista, Crimi ha detto che la cifra a cui fa riferimento – «oltre tre miliardi di euro» – è quella raggiunta dal 2003. Il Dipartimento non fornisce dati cumulativi, così abbiamo esaminato i costi di ogni singolo anno (dal 2003 al 2017) per arrivare al totale delle spese destinate all’editoria.
Per i contributi diretti, aiutandosi con il grafico relativo ai contributi erogati alla stampa per i singoli anni tra il 2006 e il 2016 – realizzato dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria – si arriva poco sopra il miliardo di euro (1.165.251.223 euro). Per arrivare allo stesso arco temporale citato da Crimi – quindi dal 2003 a oggi – abbiamo rielaborato anche i dati forniti dallo stesso Dipartimento relativi agli altri anni.
Nel 2003, i contributi diretti risultano essere stati oltre 150,5 milioni di euro, nel 2004 oltre 158,2 milioni di euro e nel 2005 quasi 161 milioni di euro. Nel 2017, invece, la quota parziale di fondi distribuita è stata pari a circa 24 milioni di euro.
Tabella 1: Contributi diretti all’editoria 2003-2017 (prima parte) – Fonte: Dipartimento per l’informazione e l’editoria
Possiamo dunque stimare che, tra il 2003 e il 2017, i contributi diretti a favore delle imprese editoriali hanno raggiunto la cifra totale di circa 1,6 miliardi di euro.
Quanti sono stati i contributi indiretti dal 2003 a oggi?
Come abbiamo visto, il calcolo dei contributi indiretti è più complesso di quelli diretti.
Abbiamo contattato l’ufficio stampa del sottosegretario Crimi per saperne di più sulla provenienza dei dati citati. Ci è stato comunicato che il senatore del Movimento Cinque Stelle ha fatto riferimento alla tabella che riportiamo qui sotto: dati – secondo quanto comunicato dall’ufficio stampa – forniti direttamente dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria. La tabella non è tra il materiale pubblicamente consultabile.
Tabella 2: Finanziamento indiretto ai giornali dal 2001 – Fonte: Dipartimento per l’Informazione e l’editoria
Dal 2001, dunque, i finanziamenti pubblici indiretti destinati alle testate italiane avrebbero raggiunto la cifra totale di quasi 2,9 miliardi.
Emergono però due problemi: in primo luogo, si fa riferimento a un arco temporale differente (dal 2001) rispetto a quello di cui parla Vito Crimi durante la sua intervista («dal 2003»). Su richiesta di chiarimenti, l’ufficio stampa del senatore ci ha detto che – come già accaduto in passato – l’esponente pentastellato voleva in realtà fare riferimento al periodo dal 2001 a oggi e dunque nell’intervista si sarebbe semplicemente sbagliato.
Ma al di là di questo, e cosa ben più rilevante, i dati della tabella non tornano del tutto. Il totale di 2,888 miliardi si ottiene con una somma algebrica delle varie voci in elenco, ma queste coprono archi temporali diversi, alcuni anche futuri, e non è chiaro se le cifre debbano essere ad esempio ripetute o suddivise.
Facciamo un esempio. Abbiamo verificato il dato relativo alle tariffe postali agevolate a partire dal 2017 e per tre anni. Secondo una segnalazione della Camera dei Deputati, per il triennio 2017-2019 sono state stanziati: 57,5 milioni di euro per il 2017, 59,3 milioni di euro per il 2018 e 57,5 milioni di euro per il 2019. Dunque i 60 milioni che riporta la tabella sarebbero una cifra annuale che si ripete per tre anni. Vengono conteggiati una sola volta, perché si tiene conto solo del 2017? Non è chiaro.
E ancora: i 120 milioni sotto la voce “sostegno crisi aziendali – prepensionamenti dal 2014 al 2021” si devono moltiplicare per quattro anni (2014-2017) e si devono quindi ritenere riferiti solo agli anni 2018-2021? O sono già conteggiati solo fino al 2017?
Infine, il “credito di imposta per acquisto carta anni 2004 e 2005” pari a 190 milioni – cifra che non abbiamo ritrovato in documenti ufficiali o in banche dati pubbliche – va considerato una volta sola o una per anno?
Insomma, a causa della non totale chiarezza dei calcoli fatti e delle fonti utilizzate, è difficile verificare in modo indipendente le cifre della tabella. L’ufficio non ha al momento fornito estremi legislativi più dettagliati per effettuare i controlli.
Il totale dei contributi
In ogni caso, prendendo per buona la spesa totale per i contributi indiretti di 2,9 miliardi di euro possiamo dire che è vicina agli «oltre tre miliardi» di cui si parla nella dichiarazione. Ma se sommiamo anche i contributi diretti, che negli anni in analisi sono circa 1,6 miliardi di euro, la cifra totale cresce, allontanandosi da quella riportata dall’esponente del M5S.
Dal 2001 ad oggi si parlerebbe infatti di circa 4,4 miliardi di euro spesi a favore delle imprese editoriali – a cui tra l’altro sarebbero da aggiungere i costi relativi ai contributi diretti del 2001 e 2002, non condivisi però dal Dipartimento.
Il verdetto
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Vito Crimi ha dichiarato che dal 2003 gli editori hanno ricevuto oltre tre miliardi dallo Stato italiano.
La sua affermazione ha almeno tre limiti: innanzitutto – come specificato dall’ufficio stampa – Crimi si è sbagliato a indicare dal 2003 ad oggi come intervallo di tempo della cifra citata: il periodo a cui avrebbe voluto fare riferimento è quello compreso tra il 2001 e oggi. In secondo luogo, il dati raccolti dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria riportano dal 2003 al 2017 una spesa totale per i contributi diretti di circa 1,6 miliardi al mondo editoriale, ma mancano quelli relativi agli anni 2001 e 2002.
Per quanto riguarda invece i costi indiretti, più difficili da calcolare, i dati presentati in una tabella dell’ufficio stampa del sottosegretario – forniti dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria – li quantificano in circa 2,9 miliardi di euro. La tabella tuttavia non risulta del tutto precisa quanto ai riferimenti numerici. Prendendola comunque per buona si può stimare, in totale tra il 2003 e il 2017, una cifra di circa 4,4 miliardi di euro tra costi diretti e indiretti. Una cifra maggiore di quella citata da Crimi, che dunque voleva forse fare riferimento solo ai finanziamenti indiretti.
Resta comunque una stima, con un margine di incertezza: da un lato, i dati relativi ai finanziamenti diretti del 2002-2003 non sono consultabili, dall’altro la verifica di tutti i finanziamenti indiretti non è al momento possibile. In conclusione, il senatore Vito Crimi merita un “Nì”.