Secondo il segretario della Lega Matteo Salvini, la Nigeria «cresce più dell’Italia». Ne ha parlato nel corso dell’ultima puntata di DiMartedì, su La7, parlando dei flussi migratori in arrivo del nostro Paese.
Al di là dell’enfasi retorica, secondo cui «dovremmo essere noi ad andare in Nigeria», la domanda è comunque interessante: la Nigeria cresce più rapidamente dell’Italia? È, in altre parole, un Paese in rapida crescita economica e ricco di opportunità per i suoi cittadini?
Cosa dicono i numeri
Il segretario della Lega ha citato diverse volte le condizioni economiche della Nigeria: ne parlò circa un anno fa, ad esempio, dicendo: «il primo Paese che esporta migranti è la Nigeria, che è un Paese estremamente ricco e c’è un tasso di natalità incredibile», una dichiarazione a cui avevamo assegnato un “Pinocchio andante”.
A proposito della sua dichiarazione più recente, Salvini potrebbe aver visto l’ultimo aggiornamento del “World Economic Outlook”, un rapporto curato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) in cui vengono raccolte le previsioni di crescita di gran parte dei paesi del mondo.
Il più recente è stato pubblicato il 22 gennaio, proprio il giorno prima dell’intervento di Salvini.
Nel documento, il tasso di crescita della Nigeria per l’anno appena iniziato è stato rivisto leggermente al rialzo: se le previsioni si riveleranno corrette, la Nigeria crescerà nel 2018 del 2,1 per cento. L’Italia, secondo l’FMI, dovrebbe fermarsi un po’ prima, all’1,4 per cento.
Ma la crescita economica è sempre piuttosto difficile da prevedere e in passato grossi errori nelle stime sono stati commessi anche da grandi istituzioni internazionali come l’FMI. Siamo solo all’inizio del 2018, quindi sarebbe meglio non basare troppo le nostre aspettative su queste cifre.
Qualche risposta più sicura alla domanda “la Nigeria cresce più dell’Italia?” ci viene dai numeri degli anni passati, più affidabili delle stime sul futuro. Prendiamo il 2017: secondo l’FMI, nel corso dell’ultimo anno l’economia nigeriana è cresciuta dello 0,8 per cento. Nel 2016, l’anno precedente, il Paese si trovava in una grave recessione, causata dal basso prezzo delle materie prime energetiche (la Nigeria è un importante esportatore di petrolio) e dall’instabilità dovuta a elezioni politiche il cui esito pacifico non era affatto scontato. Il risultato è stato che nel 2016 l’economia nigeriana si è contratta di ben l’1,6 per cento.
Com’è andato il nostro paese nello stesso periodo? Meglio. Nel 2017 l’FMI stima per l’Italia una crescita all’1,6 per cento (l’ISTAT un po’ meno: 1,5 per cento), mentre il nostro Paese cresceva dello 0,9 per cento anche quando la Nigeria era in recessione.
Un Paese in via di sviluppo
Negli ultimi anni le cose per la Nigeria non sono andate molto bene, neppure in rapporto all’Italia, ma fino a qualche anno fa la situazione era molto diversa. Nel 2014, ad esempio, l’economia nigeriana è cresciuta del 6,3 per cento, un tasso “cinese” e molto superiore a quello dell’Italia (qui trovate i dati dell’FMI).
Per quasi un quindicennio, a partire dal 2000, la Nigeria ha avuto un tasso di crescita altissimo, che nel 2002 arrivò a toccare il 14,6 per cento annuo secondo l’FMI. A partire dal 2015, però, l’economia è entrata in declino, fino ad attraversare una fase di recessione. Nel grafico successivo, creato a partire dal database della Banca Mondiale (che ha cifre leggermente differenti per alcuni anni), si può vedere un confronto tra la crescita del PIL italiano e quello della Nigeria dal 2000 al 2016. La “frenata” è visibile molto chiaramente.
Questa analisi sarebbe incompleta se non parlassimo anche delle condizioni dalle quali partono i due paesi: i tassi di crescita del PIL non ci dicono poi molto se non sappiamo quanto è grande il PIL e, in generale, qual è la situazione dei paesi di cui stiamo parlando. L’Italia, con 60 milioni di abitanti, ha un PIL che, nel 2016, la Banca Mondiale stimava in 1,858 miliardi di dollari. La Nigeria, con 185 milioni di abitanti, aveva un PIL di 404,65 miliardi di dollari: il triplo degli abitanti deve spartirsi un quarto della ricchezza.
Secondo i dati della Banca Mondiale, circa metà dei suoi abitanti vive con meno di 1,90 dollari al giorno. I nigeriani, che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno un’aspettativa di vita alla nascita di circa 53 anni, vivono in media trent’anni meno degli italiani.
In altre parole, stiamo parlando di un Paese ancora in via di sviluppo, con un’economia di ridotte dimensioni che fatica a provvedere tutta la popolazione dei beni essenziali. Il suo tasso di crescita previsto per il 2018 è rispettabile, se paragonato a quello di un Paese europeo, ma proprio l’aggiornamento del World Economic Forum nota come sia uno dei più bassi tra i paesi dell’area: segno che l’economia del Paese continua ad attraversare un periodo di difficoltà economica.
Che le condizioni dell’economia siano collegate all’alto numero dei nigeriani emigrati è confermato anche dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), che in un rapporto del settembre 2017 riportava il fatto che il 40% dei rispondenti ad un questionario sulle ragioni della propria scelta di emigrare citava ragioni economiche. La seconda risposta più diffusa dopo la paura per l’incolumità personale o la persecuzione.
Il verdetto
Secondo Salvini, la Nigeria cresce più rapidamente dell’Italia. I dati, però, dimostrano che almeno a partire dal 2015 è l’economia italiana ad essere cresciuta più rapidamente. La Nigeria, inoltre, cresce più lentamente di molti Paesi suoi vicini ed è appena uscita da una difficile recessione e da una lunga fase di instabilità politica e di conflitto. Salvini si chiede come mai così tanti nigeriani arrivano in Italia se è un Paese che cresce rapidamente: in realtà, negli ultimi anni è stato un Paese in grossa difficoltà.
È vero però che in anni recenti la Nigeria ha avuto tassi di crescita molto alti, superiori a quelli italiani, e che probabilmente tornerà ad averli in futuro. Si tratta, dopotutto, di un Paese in via di sviluppo dove spesso la crescita economica procede per rapidi balzi e brusche frenate. “Nì” per il segretario della Lega.
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7 dicembre 2024
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