Il 14 e il 15 novembre si sono conclusi gli Stati generali, il primo congresso del Movimento 5 stelle. L’evento si è svolto virtualmente a causa delle restrizioni anti-covid. Il weekend appena trascorso rappresentava la tappa conclusiva di un percorso iniziato il 23 ottobre, con le riunioni degli attivisti a livello provinciale e regionale.
I documenti con le proposte di ogni regione sono stati alla base dei tre tavoli di sabato e domenica, divisi per ambiti: regole e principi; agenda politica e organizzazione politica.
Che cosa è stato deciso sul futuro del Movimento 5 stelle? Le questioni più delicate sono in realtà rimaste aperte. Vediamole con ordine.
La Guida alla discussione
Il primo giorno, sabato 15 novembre, è trapelata una Guida alla discussione degli Stati generali, una mappa per orientare il dibattito dei 305 delegati collegati su Zoom per gli incontri nazionali. Questo documento non è piaciuto a Davide Casaleggio, presidente dell’Associazione Rousseau e figlio di Gianroberto, cofondatore con Beppe Grillo del Movimento 5 stelle. Così, il presidente di Rousseau, rifiutando di partecipare agli Stati generali, ha detto: «Leggendo il documento di guida della discussione del primo giorno, registro che molte decisioni sono già state date per acquisite e si chiedono solo i dettagli».
Il documento – si sono giustificati dallo staff del Movimento – accoglieva in parte decisioni già prese, sì, ma dagli attivisti nelle riunioni regionali. La scelta sarebbe quindi stata quella di non discutere ulteriormente i punti su cui i gruppi locali si erano trovati sostanzialmente d’accordo (fra questi, la regola del doppio mandato, come vedremo a breve). Tuttavia, è vero che già la Guida alla discussione – di cui Pagella Politica ha preso visione – contenesse direttive su cui, alla fine della due giorni, non ci sono state evoluzioni decisive.
Nel pomeriggio del 15 novembre, l’attuale capo politico del Movimento 5 stelle Vito Crimi, in streaming da un palco virtuale, ha aperto l’ultima parte degli Stati generali – trenta interventi pubblici – con una sintesi del lavoro svolto dai 305 delegati fra sabato e domenica mattina. Il regolamento prevede che queste conclusioni siano pubblicate in uno più documenti, che ancora non ci sono, ma sono attesi per i prossimi giorni. Non si tratterà comunque nemmeno a quel punto di scelte definitive. La sintesi servirà infatti a stabilire quali saranno i quesiti da sottoporre al voto degli iscritti sulla piattaforma Rousseau.
Alcune fra le questioni più delicate sono quindi rimaste in sospeso. Confrontando quello che era già stato stabilito dalla Guida alla discussione, il discorso finale di Crimi e le indiscrezioni degli ultimi giorni, vediamo insieme quali sono i punti su cui il Movimento 5 Stelle dovrà ancora lavorare nelle prossime settimane.
La leadership
Era il tema più delicato e urgente degli Stati generali, attesi dalla dimissioni dell’ex capo politico Luigi Di Maio a gennaio 2020. Da più di dieci mesi, ormai, il Movimento 5 stelle è infatti guidato da Vito Crimi in veste di “reggente”, una figura che, secondo l’intento iniziale, avrebbe solo dovuto gestire la transizione fino alla definizione di una nuova leadership.
La Guida alla discussione indicava già da sabato la direzione scelta dal Movimento: «Il modello di leadership basato su un’unica figura di capo politico è superato dall’idea di un modello basato sul pluralismo delle idee». Mai più un uomo o una donna soli al comando. Domenica pomeriggio Crimi ha definitivamente annunciato che il Movimento 5 stelle verrà guidato da un organo collegiale, offrendone solo un vago identikit: «In tutte le varie proposte è emersa la necessità di un soggetto che abbia la massima rappresentatività possibile e inclusivo di tutte le componenti istituzionali, territoriali e anagrafiche».
Non è ancora chiaro, però, quanti componenti faranno parte di quest’organo collegiale (chi ha partecipato ai tavoli parla di 5 o 7 membri), come verranno scelti, se verranno messi al voto sulla piattaforma Rousseau come singoli o come squadra, se fra di loro si sceglierà di farne spiccare uno, un primus inter pares, come si ipotizzava all’interno della Guida. Dai tavoli del 14 e del 15 sarebbe però emersa la volontà di dotarsi di due strutture: quest’organo collegiale (una specie di direttorio), affiancato da un’assemblea più ampia, forse anche rappresentativa dei territori.
Il doppio mandato
Nella Guida alla discussione veniva stabilito senza ambiguità: «Gli esiti delle assemblee regionali hanno confermato che il limite del doppio mandato va mantenuto, in quanto elemento distintivo e irrinunciabile del Movimento 5 Stelle». Subito dopo si rendeva però esplicita un’esigenza di ordine opposto: «Contemporaneamente, è emersa la necessità di capire come possano essere valorizzate le competenze acquisite dai portavoce nel corso dell’esperienza istituzionale».
Domenica 15, Vito Crimi ha sancito che non ci sarà «nessuna deroga al limite dei due mandati per le istituzioni nazionali, regionali ed europee, valorizzando comunque l’esperienza maturata nella amministrazioni comunali». Già ad agosto, il Movimento aveva infatti deciso di non conteggiare nei due mandati gli incarichi all’interno dei consigli comunali (il cosiddetto “mandato zero”).
L’ex parlamentare Alessandro Di Battista – che sta dando battaglia al resto del Movimento su questo punto – ha richiesto che la regola del doppio mandato venga blindata da un documento ufficiale. È possibile, ed è questo il timore di Di Battista, che la questione doppio mandato sia infatti solo rimandata a data da destinarsi.
La conferma del doppio mandato, del resto, vorrebbe dire azzerare buona parte dell’attuale gruppo dirigente del Movimento 5 stelle. Solo per menzionare i più noti: sono al secondo mandato i ministri Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, il presidente della Camera Roberto Fico, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra.
Il rapporto con la piattaforma Rousseau
Il Movimento 5 stelle rivedrà il proprio rapporto con l’Associazione Rousseau e le modalità di utilizzo dell’omonima piattaforma. Formalmente, la piattaforma Rousseau, sviluppata dalla Casaleggio Associati, viene gestita dell’Associazione presieduta da Davide Casaleggio. La piattaforma è sostenuta dalle donazioni degli iscritti e dai 300 euro che ogni parlamentare Cinque stelle è tenuto a versare ogni mese.
«Nella maggior parte delle riunioni territoriali – si legge nella Guida alla discussione – è emersa la necessità di rivedere […] la definizione del rapporto tra MoVimento 5 Stelle e Associazione Rousseau».
Al momento non è chiaro a che cosa porterà questo processo. Due le ipotesi: il rapporto con la piattaforma Rousseau potrebbe essere definito attraverso un contratto di servizio oppure il Movimento potrebbe gestire al proprio interno alcune delle funzioni attualmente svolte da Rousseau. Il nodo decisivo sarà quello economico.
I parlamentari Cinque stelle, attualmente, sono chiamati a versare 300 euro ogni mese nelle casse di Rousseau. Questo potrebbe cambiare e il Movimento – c’è anche questa fra le ipotesi – potrebbe dotarsi di una tesoreria autonoma, di cui finora è rimasta sprovvista.
Cosa c’è di certo: da Movimento a partito
Infine è ormai certo che il Movimento si darà una struttura territoriale più capillare in ogni regione. Che cosa significa? Sedi fisiche, come quelle di qualsiasi altro partito. E ovviamente, per ognuna di queste, dei referenti ben identificati e qualificati: al pari di una segreteria regionale.
Fra le proposte confermate dai tavoli di lavoro di sabato e domenica dovrebbe anche essercene un’altra: l’istituzione di una scuola politica permanente, online e non. I portavoce con più esperienza saranno chiamati a istruire i nuovi arrivati con le competenze necessarie ad affrontare la vita istituzionale. Secondo il racconto di chi ha partecipato alle riunioni, questi aspetti più “organizzativi” sarebbero ampiamente condivisi. Anche qui, però, la conferma arriverà solo con i documenti ufficiali e, da ultimo, con il voto degli iscritti sulla piattaforma Rousseau.
In conclusione
Il 14 e il 15 novembre si sono tenuti gli Stati generali, il primo congresso del Movimento 5 stelle, completamente virtuale a causa delle restrizioni anti-covid. I lavori della due giorni dovrebbero confluire in uno o più documenti di sintesi, non ancora pubblicati. Da questi documenti si passerà a un ulteriore passaggio: le conclusioni del congresso verranno sottoposte al voto degli attivisti sulla piattaforma Rousseau, sotto forma di più quesiti.
Alla conclusione dell’evento, domenica 15, le questioni delicate rimangono irrisolte. Prima fra tutte, la definizione di una nuova leadership. Il Movimento 5 stelle si doterà di un organo collegiale, ma la natura di questa struttura è ancora tutta da definire.
La regola del doppio mandato per le istituzioni nazionali, regionali ed europee per ora non verrà rivista, ma l’impressione è che sia anche questo un problema solo rimandato. Gli Stati generali hanno anche reso ufficiale l’esigenza di rivedere il rapporto fra l’Associazione Rousseau e il Movimento. Anche questo aspetto – per altro insidioso dal punto di vista legale – non è stato ancora definito in termini specifici.
Su un punto c’è maggiore condivisione: la necessità di dotarsi di una struttura territoriale per la gestione degli attivisti in ogni regione. L’intenzione è quella di istituire vere e proprie sedi fisiche e, forse, persino una scuola politica.
Giustizia
Salvini è stato assolto nel processo “Open Arms”