Aggiornamento del 29 gennaio 2019: In una lettera al Corriere della Sera, Matteo Salvini ha chiesto al Senato di negare l’autorizzazione a procedere con le indagini sul caso della nave Diciotti: «Dopo aver riflettuto a lungo su tutta la vicenda, ritengo che l’autorizzazione a procedere debba essere negata».

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Il 24 gennaio, Matteo Salvini ha annunciato su Facebook che è tornato a essere indagato per «sequestro aggravato di persone e di minori» (articolo 605 del codice penale), rischiando una pena da 3 a 15 anni di carcere.

Il tribunale dei ministri di Catania ha infatti chiesto l’autorizzazione per procedere le indagini nei confronti del vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno, in merito alla vicenda della nave Diciotti dello scorso agosto.

All’epoca, Salvini aveva negato per cinque giorni lo sbarco in Italia di circa 140 persone salvate dalla nave della Guardia costiera italiana nel Mediterraneo, poi sbarcate al porto di Catania.

«Io non cambio di un centimetro la mia posizione», ha detto in diretta video su Facebook Salvini, che su una cosa sembra aver in realtà cambiato idea: la possibilità di lasciarsi processare senza il voto del Senato. Vediamo perché.

Perché Salvini è indagato?

I fatti

Il 26 agosto 2018, 177 migranti sono sbarcati a Catania dalla nave Diciotti, dopo essere stati bloccati cinque giorni nel porto di Catania per decisione del ministro dell’Interno Salvini.

Negli stessi giorni, per questa vicenda, era arrivata la notizia che il leader della Lega era indagato dalla procura di Agrigento per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. L’inchiesta era stata poi divisa in due parti: quella relativa ai fatti avvenuti al largo di Lampedusa era stata affidata alla procura di Palermo; quella relativa ai fatti avvenuti nel porto di Catania era stata invece affidata alla procura di Catania.

Per i fatti avvenuti al largo di Lampedusa il Tribunale di ministri di Palermo aveva disposto l’archiviazione, per quanto riguarda invece i fatti di Catania a chiedere di non proseguire col procedimento finora erano stati solo i pubblici ministeri. Si aspettava dunque una decisione in merito del Tribunale dei ministri di Catania che, come detto, ha rigettato la richiesta di archiviazione avanzata dai pm.

Le norme

Le indagini che coinvolgono un ministro accusato di aver commesso un reato nell’«esercizio delle sue funzioni» – e non, per esempio, per una violenza privata – seguono una procedura “particolare”. A disciplinare la materia sono infatti la legge costituzionale n. 1 del 1989 e la legge n. 219 del 1989.

Chi deve decidere se proseguire o meno le indagini è il cosiddetto Tribunale dei ministri, una sezione specializzata del tribunale ordinario composta da tre magistrati estratti a sorte che è presente in ogni Corte d’Appello. In questo caso, il tribunale dei ministri di Catania ha rigettato la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura: ora serve l’autorizzazione del Senato (dato che Salvini è un senatore) per proseguire con le indagini.

Che cosa diceva Salvini cinque mesi fa

Il 27 agosto 2018, il quotidiano Libero aveva pubblicato un’intervista a Salvini, in cui tra le altre cose gli si chiedeva: «Se il Tribunale dei Ministri decidesse di accusarla, sarà il Senato a dover votare la sua processabilità. Cercherà voti “amici” per sfangarla?». Sei mesi fa, il ministro dell’Interno aveva risposto così: «Assolutamente no! Se il Tribunale dirà che devo essere processato andrò davanti ai magistrati a spiegare che non sono un sequestratore. Voglio proprio vedere come va a finire…».

Il 24 gennaio 2019 è però arrivata la decisione del tribunale dei ministri di Catania. Secondo i tre giudici, lo scorso agosto Salvini ha bloccato «la procedura di sbarco dei migranti, così determinando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale di questi ultimi, costretti a rimanere in condizioni psico-fisiche critiche a bordo della nave Diciotti ormeggiata nel porto di Catania. […] Fatto aggravato dall’essere stato commesso da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori di età».

Che cosa dice oggi Salvini

Il 24 gennaio stesso, in diretta video su Facebook, Salvini ha riportato una posizione diversa rispetto a quella di cinque mesi fa, dicendo: «In Senato arriverà un chiarimento, sono sicuro del voto dei senatori della Lega perché stiamo semplicemente mantenendo quello che ci siamo impegnati a fare in campagna elettorale. Vediamo come voteranno tutti gli altri senatori, se ci sarà una maggioranza in Senato, che dice ‘Sì, Salvini è colpevole, Salvini deve essere processato, Salvini ha abusato, ha sequestrato, ha trattenuto, è un delinquente’».

La stessa posizione è stata confermata anche da nuove dichiarazioni, rilasciate alla stampa il 25 gennaio: «Se dovrò essere processato, lo deciderà liberamente il Senato», ha detto Salvini alla consegna al comune di Roma di un immobile confiscato. «Avrei voglia di andare fino in fondo e di essere convocato a Catania. Poi però il Senato è sovrano e deciderà, non voglio sostituirmi al Senato».

Al Senato, la Lega può contare sul voto dei suoi 58 senatori, mentre il Movimento 5 Stelle ne ha 107. In totale, sono 165 voti, 5 in più della maggioranza richiesta per non autorizzare il proseguimento delle indagini. Salvini ha dunque bisogno del voto del proprio alleato di governo, o di quello di altre forze politiche.

In conclusione

Il 24 gennaio, il Tribunale dei ministri di Catania ha rigettato la richiesta di archiviazione delle indagini a carico del ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona per il caso della nave Diciotti.

Sebbene il leader della Lega dica di non aver cambiato «di un centimetro» la propria posizione sui porti chiusi, sembra averlo fatto sulla possibilità di lasciarsi processare.

Sei mesi fa, infatti, Salvini dichiarava che non avrebbe aspettato l’autorizzazione del Senato, ma che sarebbe andato di fronte ai magistrati per farsi giudicare, dichiarandosi colpevole. Oggi, la posizione del ministro sembra essere più “cauta”: come mostrano le sue dichiarazioni più recenti, la decisione se proseguire o meno con le indagini è delegata al voto dei senatori.