Il 16 settembre il governo Draghi ha stabilito che dal prossimo 15 ottobre il green pass – che si ottiene con il vaccino, un test negativo o la guarigione da Covid-19 – diventerà obbligatorio per tutti i lavoratori pubblici e privati.

Da tempo diversi esponenti di Fratelli d’Italia – il principale partito di opposizione del governo Draghi – criticano un uso così estensivo del green pass, utilizzando un argomento specifico. «L’ambiguità è quella del governo che, con il green pass, introduce l’obbligatorietà surrettizia senza assumersi la responsabilità del risarcimento di un eventuale danno alla salute causato dalle reazioni avverse, come per gli altri vaccini obbligatori», ha scritto per esempio il 13 settembre su Facebook Fabio Rampelli, deputato di Fdi e vicepresidente della Camera. Una posizione identica è stata sostenuta anche dalla senatrice Isabella Rauti e, a inizio settembre, dalla leader di Fdi Giorgia Meloni, secondo cui «l’obbligo vaccinale prevede per legge che lo Stato indennizzi, sul resto ci sono sentenze della Corte costituzionale ma la legge non c’è».

Il 9 settembre il governo ha invece accolto un ordine del giorno della Camera, a firma della Lega, in cui gli si chiedeva di «valutare l’opportunità di prevedere un indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazione contro il Sars-CoV-2».

Ma davvero senza l’obbligo vaccinale lo Stato non è costretto a risarcire gli eventuali – e molto rari – danni causati dai vaccini contro la Covid-19? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza.

– Leggi anche: Come non interpretare i dati sugli eventi avversi da vaccino

Che cosa dice la legge

La legge n. 210 del 25 febbraio 1992 stabilisce un indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da «complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati». L’articolo 1, che tratta in particolare dei vaccini, circoscrive il diritto all’indennizzo ai soggetti che abbiano riportato «lesioni o infermità», dalle quali sia derivata una «menomazione permanente della integrità psico-fisica», a causa di «vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana».

A prima vista, sembra dunque che effettivamente i danni causati dai vaccini possono essere risarciti solo se il vaccino in questione è obbligatorio.

Ma come ha correttamente sottolineato a inizio settembre Meloni e come risulta anche dagli aggiornamenti in calce al testo di legge, su questa norma sono intervenute numerose sentenze della Corte costituzionale, che ne hanno di fatto ampliato la portata.

Le sentenze della Corte Costituzionale

Già a distanza di pochi anni dall’entrata in vigore della legge, la Corte costituzionale ha infatti chiarito che la norma è incostituzionale là dove non prevede che l’indennizzo spetti anche ai soggetti danneggiati da vaccini non obbligatori ma incentivati.

Nel 1998 i giudici costituzionali si sono occupati in particolare di vaccino contro la poliomielite e hanno stabilito che non c’è ragione di differenziare il caso «in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge da quello in cui esso sia, in base a una legge, promosso dalla pubblica autorità». E neppure «il caso in cui si annulla la libera determinazione individuale attraverso la comminazione di una sanzione, da quello in cui si fa appello alla collaborazione dei singoli a un programma di politica sanitaria».

In parole semplici, in base a quanto stabilito dalla Corte costituzionale, se lo Stato non ti obbliga ma ti invita a vaccinarti, si ha comunque diritto all’indennizzo in caso di lesioni o infermità, che portino a menomazioni permanenti, causate dal vaccino.

Questo stesso principio è stato ribadito dalla Corte costituzionale altre volte: nel 2000 per il vaccino contro l’epatite B; nel 2012 per il vaccino contro il morbillo, la parotite e la rosolia; nel 2017 per il vaccino antinfluenzale; e nel 2020 per il vaccino contro l’epatite A.

Il caso del vaccino antinfluenzale

Analizziamo più nel dettaglio la decisione sul vaccino antinfluenzale, che attualmente non è – e non è mai stato – un vaccino obbligatorio, ma solo raccomandato. A questo proposito, nel 2017 la Corte Costituzionale ha stabilito che «la mancata previsione del diritto all’indennizzo in caso di patologie irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni raccomandate» è contrario agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.

Infatti chi si vaccina, a seguito di una raccomandazione da parte dello Stato, lo fa anche, se non soprattutto, per salvaguardare l’interesse della collettività. Secondo la Corte costituzionale, se gliene deriva un danno alla salute, è giusto che la collettività – tramite lo Stato – indennizzi tale danno.

Perché la legge sugli indennizzi non è stata aggiornata

Ma allora perché da questi ripetuti interventi della Corte costituzionale non è scaturita una normativa che preveda sempre e comunque l’indennizzo per i soggetti danneggiati da vaccini raccomandati ma non obbligatori?

In primo luogo, perché il legislatore non ha ancora fatto una modifica alla legge 210 del 1992 che andasse in tal senso. Ma la stessa Corte costituzionale non ha voluto stabilire un principio generale e il motivo è spiegato, da ultimo, nella sentenza più recente, del 2020. Qui si legge che «in caso di complicanze conseguenti alla vaccinazione, il diritto all’indennizzo non deriva da qualunque generica indicazione di profilassi proveniente dalle autorità pubbliche». Perché si possa parlare di una vera e propria raccomandazione serve che ci siano state «specifiche campagne informative svolte da autorità sanitarie e mirate alla tutela della salute, non solo individuale, ma anche collettiva».

L’accertamento di questa caratteristica, della tutela della salute collettiva, spetta alla Corte costituzionale e non a un giudice qualsiasi.

E con la Covid-19 che cosa succede?

In base alla giurisprudenza costituzionale, sembrano esserci pochi dubbi sul fatto che chi subisce lesioni o infermità, che portino a menomazioni permanenti, a causa del vaccino contro la Covid-19 abbia diritto all’indennizzo.

Che questa vaccinazione sia spinta dal governo e dalle autorità sanitarie anche per la tutela della salute collettiva non risulta solo dalla totalità delle comunicazioni ufficiali (qui un esempio) ma anche da provvedimenti normativi, come il decreto-legge approvato il 16 settembre, che estende l’obbligo di green pass a tutti i lavoratori.

Che cosa potrebbe accadere in concreto se un vaccinato contro la Covid-19 subisca una menomazione permanente, con un nesso causale con la somministrazione del vaccino? In base alla legge, una persona che ritenga di aver subito un danno dal vaccino contro la Covid-19 non potrebbe chiedere direttamente l’indennizzo allo Stato. Dovrebbe rivolgersi a un tribunale, contestando l’incostituzionalità dell’articolo 1 della legge 210 del 1992. Il giudice, quasi certamente, rinvierebbe immediatamente la questione alla Corte costituzionale che, secondo la sua stessa costante giurisprudenza, dovrebbe riconoscere il diritto all’indennizzo.

Come abbiamo detto, ci sono infatti pochi dubbi che quella contro la Covid-19 sia una vaccinazione raccomandata a tutela anche, se non soprattutto, della salute collettiva.

Sottolineiamo infine – vista la disinformazione che circola anche su questo specifico punto – che nel modulo di consenso informato del Ministero della Salute che deve essere sottoscritto prima della vaccinazione, non viene detto che lo Stato non indennizza da eventuali danni. Nel modulo si chiede infatti di sottoscrivere, tra le altre cose, questa frase: «Sono consapevole che qualora si verificasse qualsiasi effetto collaterale sarà mia responsabilità informare immediatamente il mio Medico curante e seguirne le indicazioni». Nessun riferimento, dunque, a un esonero sui risarcimenti.

In conclusione

È vero che in base alla legge esistente in Italia chi subisce lesioni o infermità, che portino a menomazioni permanenti, a causa di un vaccino non obbligatorio non ha diritto all’indennizzo.

Questa legge è però stata oggetto di numerose e concordanti sentenze della Corte costituzionale, che hanno chiarito che il diritto all’indennizzo spetti anche a chi si sottopone a vaccini non obbligatori ma raccomandati dallo Stato, se tale raccomandazione veicola il messaggio che il vaccino sia utile alla tutela della collettività. Spetta alla Corte costituzionale stessa accertare la natura della raccomandazione.

Sui vaccini contro la Covid-19 non sembra ci sia comunque spazio per dubbi: sono sicuramente vaccini raccomandati a tutela anche se non soprattutto della collettività. Dunque se un soggetto ritenesse di aver subito un danno grave e dimostrabile potrebbe andare in causa con la legittima aspettativa che la Corte costituzionale, investita della questione dai giudici coinvolti in prima battuta, stabilisca l’illegittimità della normativa italiana laddove non prevede un diritto all’indennizzo per i danneggiati da vaccini contro la Covid-19.

Non è però infondata la critica di chi, come ad esempio diversi esponenti di Fratelli d’Italia, sottolinea che il governo avrebbe potuto predisporre una norma in tal senso, evitando ai cittadini l’onere di doversi rivolgere ai tribunali.