Il 9 aprile il commissario per l’emergenza, il generale Francesco Paolo Figliuolo, ha emanato un’ordinanza per uniformare i criteri di vaccinazione su tutto il territorio italiano, disponendo che le regioni diano priorità ai più anziani e ai fragili e frenando la somministrazione ad altre categorie, come il personale scolastico e le forze dell’ordine.
Il 12 aprile il ministro della Salute Roberto Speranza, intervistato da la Repubblica, ha risposto a una domanda sul perché non sia stato così da subito e se ci siano stati errori da parte del governo. Speranza ha detto che nel piano vaccinale da lui presentato «il 2 dicembre al Parlamento era prevista la priorità assoluta per il personale sanitario impegnato in prima linea, per le Rsa e gli ultraottantenni».
Secondo la ricostruzione del ministro, il governo ha modificato i criteri quando, a inizio febbraio, AstraZeneca è stata «autorizzata solo per gli under 65» e si doveva decidere «se tenere le dosi in frigo o usarle». Speranza ha poi sottolineato che in quella circostanza il governo ha scelto di destinare le dosi degli under 65 «in particolare alla scuola» per facilitare il ritorno delle lezioni in presenza. Ora che il vaccino AstraZeneca è stato autorizzato per tutti, ha concluso Speranza, il suo esecutivo è tornato alla «declinazione originaria del piano».
Il ministro della Salute ha ragione quando dice che l’ultima ordinanza del generale Figliuolo riporta le priorità all’ordine stabilito dal primo piano vaccinale. Ed è anche vero che i criteri del piano sono stati modificati quando si credeva che AstraZeneca non potesse essere somministrato agli over 65.
Tuttavia, la ricostruzione di Speranza è un po’ troppo generosa nell’assolvere il governo da qualsiasi responsabilità sui disordini della campagna vaccinale.
Vediamo con ordine le tappe che hanno portato ai diversi cambiamenti nell’ordine delle priorità della campagna vaccinale.
Il piano vaccinale iniziale
Il 2 dicembre 2020 il ministro della Salute Roberto Speranza ha presentato in Parlamento le linee guida per la campagna vaccinale contro il Covid-19. Un mese dopo, il 2 gennaio 2021, il ministero della Salute ha avviato ufficialmente il “Piano strategico” basato sulle linee guida approvate in precedenza.
Il piano prevedeva che nella fase iniziale della campagna vaccinale dovessero essere vaccinati in via prioritaria gli «operatori sanitari e sociosanitari» (senza esplicitare limiti di età); i «residenti e il personale dei presidi residenziali per gli anziani»; e le «persone di età avanzata». Come ha in effetti affermato il ministro della Salute Speranza.
Sottolineiamo però che il piano prevedeva delle «raccomandazioni» e non degli obblighi. Nella gestione delle somministrazioni era stata data libertà di manovra alle regioni, che nei mesi successivi ha portato a grandi differenze nelle percentuali di anziani vaccinati e di dosi utilizzate. E persino nei criteri di priorità fra le categorie.
L’arrivo di AstraZeneca
Poche settimane più tardi l’avvio della campagna vaccinale, il 29 gennaio, il vaccino AstraZeneca è stato approvato dall’Ema (European Medicines Agency), l’agenzia europea per la valutazione dei medicinali. Prima di allora gli unici approvati erano quelli Pfizer e Moderna.
L’Ema ha dato il via libera al vaccino dell’azienda anglo-svedese per la somministrazione dai 18 anni in su, pur specificando che «la maggior parte dei partecipanti nei trial clinici aveva fra i 18 e i 55 anni» per cui non c’erano «dati a sufficienza sui partecipanti con più di 55 anni per inquadrare con quale efficacia il vaccino agisca su questa fascia d’età». In ogni caso, l’Ema si aspettava che il vaccino fornisse comunque «protezione» dal virus, «essendo stata osservata una risposta immunitaria» anche negli over 65 e «sulla base dell’esperienza ottenuta con altri vaccini».
La valutazione dell’ente di controllo italiano ha dato indicazioni più stringenti sulla questione dell’età. La risposta positiva dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) sul vaccino Astrazeneca è arrivata il giorno dopo, il 30 gennaio 2021, con la raccomandazione di somministrare il preparato dell’azienda anglo-svedese preferibilmente a soggetti di età compresa tra i 18 e i 55 anni perché «i dati degli studi registrativi del vaccino AstraZeneca» mostravano «un livello di incertezza nella stima di efficacia nei soggetti sopra i 55 anni», sottorappresentata negli studi clinici.
L’Agenzia italiana del farmaco suggeriva dunque «un utilizzo preferenziale dei vaccini a Rna messaggero nei soggetti più anziani e/o più fragili» – i vaccini BioNTech e Moderna – e «un utilizzo preferenziale del vaccino AstraZeneca, in attesa di acquisire ulteriori dati, in soggetti tra i 18 e i 55 anni».
Quella dell’Aifa è la raccomandazione a cui ha fatto riferimento Speranza nell’intervista. Nelle linee guida inviate alle regioni sui gruppi di popolazione da vaccinare, infatti, il Ministero della Salute recepiva le indicazioni dell’ente di controllo italiano su AstraZeneca aggiornando il piano vaccinale.
Le nuove raccomandazioni per il piano, datate 8 febbraio, prevedevano che si continuasse a vaccinare «i soggetti prioritari della prima fase» (personale sanitario, ospiti delle Rsa e ultraottantenni) con i vaccini che impiegano la tecnologia dell’Rna messaggero, quindi Pfizer/BioNTech e Moderna. In parallelo, però, veniva avviata anche «la vaccinazione di soggetti di età tra i 18 e i 55 anni con il vaccino AstraZeneca, a partire dal personale scolastico e universitario docente e non docente, le forze armate e di polizia, i setting a rischio quali penitenziari e luoghi di comunità e il personale di altri servizi essenziali».
Da quel momento, tuttavia, la dicitura «personale di altri servizi essenziali» – e la natura non obbligatoria delle raccomandazioni – hanno aperto alla discrezionalità delle regioni sulle categorie da vaccinare, che sono andate molto al di là del personale scolastico citato da Speranza.
Ad esempio, la Regione Campania dal 6 marzo ha inserito gli iscritti all’Ordine dei giornalisti regionali fra i lavoratori dei servizi essenziali da vaccinare. La Toscana, pur registrando numeri bassi fra gli 80enni, a marzo somministrava il vaccino ad avvocati, magistrati ed operatori della giustizia. In Sicilia erano stati considerati fra le categorie dei servizi essenziali sia i legali che i giornalisti.
Intanto, il 22 febbraio il Ministero della Salute ha emanato una circolare che innalzava da 55 a 65 anni l’età della popolazione da vaccinare con AstraZeneca sulla base di «nuove evidenze scientifiche che riportano stime di efficacia del vaccino superiori a quelle precedentemente riportate».
Nell’ultimo mese, anche questa indicazione si è dimostrata non definitiva.
L’ultima ordinanza
Il 7 aprile l’Aifa ha divulgato un nuovo parere su AstraZeneca per valutare l’eventuale legame fra il vaccino – che nel frattempo ha ricevuto dall’azienda il nome commerciale “Vaxzevria” – e «casi molto rari di tromboembolismi anche gravi, in sedi inusuali», la maggior parte «segnalata in soggetti di età inferiore ai 60 anni e prevalentemente nelle donne». Pur sottolineando l’estrema rarità dei casi, l’Aifa ha stabilito che «l’associazione con gli eventi trombotici non è stata riscontrata nei soggetti di età superiore a 60 anni, nei quali l’incidenza dei casi a seguito della vaccinazione risulta addirittura inferiore rispetto a quella attesa».
Sulla base di questo parere, il Ministero della Salute ha ribadito che «il vaccino Vaxzevria è approvato a partire dai 18 anni di età» ma ne ha raccomandato l’«uso preferenziale nelle persone di età superiore ai 60 anni».
A questo punto, quindi, non era più necessario utilizzare i vaccini AstraZeneca solo per gli under 65, limitazione che, come abbiamo visto, aveva portato alla vaccinazione di altre categoria prima delle fasce d’età più avanzata e dei soggetti più fragili.
Dopo questa inversione di marcia su AstraZeneca – e dopo le polemiche sulle categorie vaccinate prima dei più anziani – il commissario per l’emergenza, il generale Francesco Paolo Figliuolo, il 9 aprile ha emanato un’ordinanza per uniformare l’ordine di priorità della campagna vaccinale nelle regioni, legandolo alle fasce di età.
Secondo l’ordinanza, l’ordine di priorità della vaccinazione deve prevedere le «persone di età superiore agli 80 anni», le «persone con elevata fragilità» e «dei familiari conviventi, caregiver, genitori/tutori/affidatari» e poi, proseguendo per fasce d’età, le «persone di età compresa tra i 70 e i 79 anni e, a seguire, quelle di età compresa tra i 60 e i 69 anni, utilizzando prevalentemente vaccini Vaxzevria (AstraZeneca) come da recente indicazione dell’Aifa». Come dice il ministro della Salute Speranza, quest’ordine era effettivamente previsto «dalla declinazione originaria» del piano vaccinale, prima che l’approvazione di AstraZeneca solo per gli under 55 prima e gli under 65 poi.
In conclusione
Secondo la ricostruzione del ministro della Salute Roberto Speranza, con l’ordinanza del 9 aprile del commissario Figliuolo che riporta in testa alle priorità della vaccinazione le fasce di età più avanzata e i più fragili, il governo è tornato alla declinazione originaria del piano vaccinale anti-Covid.
Il ministro fa un’affermazione corretta anche quando dice che il cambiamento dei criteri, a inizio febbraio, è stato dettato dall’approvazione di Aifa inizialmente solo per gli under 55, poi under 65.
Tuttavia, non si può dire che il governo abbia gestito questa fase nel migliore dei modi. Disponendo la vaccinazione under 65 non solo per il personale scolastico e universitario e per le forze dell’ordine e di polizia, ma anche per una generica categoria di lavoratori dei «servizi essenziali» ha lasciato un’ampia discrezionalità alle regioni. Alcune, per esempio, hanno inserito sotto questa dicitura i giornalisti, altre gli avvocati e i magistrati. Queste scelte hanno mosso una forte indignazione da parte di chi riteneva che questi professionisti, talvolta giovani, non dovessero essere vaccinati prima dei più anziani e dei più fragili.
Quando ad aprile il vaccino AstraZeneca è stato confermato per tutte le età, ma raccomandato per gli over 60, il commissario per l’emergenza Figliuolo ha potuto, con l’ultima ordinanza, imporre nuovamente alle regioni l’ordine di priorità stabilito dal piano vaccinale originario.
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